Era l’anno 1983 e tale Toto (toto?) Cutugno vinse il Festival di Sanremo con grande scandalo della sinistra intelligente soprattutto sconvolta da quell’omaggio a “un partigiano come presidente”. Pertini era stato partigiano (entrò in Milano il 25 aprile del 1945 guidando assieme a Mattei ed altri la sfilata dei partigiani che prendevano possesso della città). Ma Sandro Pertini l’anno prima, 1982, esultò (scomposto?) ai gol dell’Italia campione del mondo. Atteggiamento non certo da sinistra, da sinistra intelligente…
Ora, settembre 2014, tutto sembra mutato… a partire dal presidente che mai è stato partigiano (supponiamo solo per motivi geografici essendo nato a Napoli). Oggi (ieri, ndr) la direzione del Pd (Partito democratico) è riunita per una importante decisione sul proprio futuro politico e (ne consegue, essendo il partito maggioritario a livello nazionale) per tutti gli italiani. Il Pd sembrerebbe il prodotto storico dei tre grandi partiti popolari che hanno guidato la ricostruzione dell’Italia dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale. In ordine di consensi popolari, la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano. Tre partiti che a seguito di avvenimenti non solo nazionali, in primis il crollo del fino ad allora chiamato Patto di Varsavia, ma anche culturali, si sono liquefatti. Riconfluendo con parte delle loro élites politico-culturali nell’attuale Pd. Il partito, premiato alle ultime elezioni con quasi il 41% dei consensi, la cui direzione oggi dovrebbe decidere le sorti della nazione. Ma cosa mostra questo partito ad un osservatore esterno?
Sembrano emergere, dall’atteggiamento dei dirigenti, tre distinte anime. Ma tutte con un richiamo alle origini.
1) In primo luogo il segretario. Il suo modo di porsi è congruo con la tradizione leninista dell’antico Pci. Il segretario è l’espressione del partito e quanto afferma è la linea del partito. Un tempo si chiamava centralismo democratico. C’era la linea e il partito si adeguava. Ricordiamo un ottimo gruppo rock dal nome “CCCP (lettere cirilliche nelle nostre USSR)-fedeli alla linea” e il tormentone di un comico tv “non capisco ma mi adeguo”.
2) Ma in parallelo emerge la tradizione democristiana della polemica correntizia. Già, perché pare che anche nel Pd sia sopravvissuta. Polemiche infinite fra dorotei-morodorotei-basisti-forzanovisti… gli altri, scusate, non li ricordo. Polemiche infinite poi magari ricomposte, ma solo per una votazione congressuale, da qualche mitico e alchemico “preambolo”. Insomma polemiche ma niente separazione. Tantomeno divorzio.
3) Tertium non datur? Tranquilli, non dobbiamo dimenticare la grande tradizione di scissioni del Psi. Il glorioso partito di Turati e Matteotti fin da subito dovette confrontarsi con gli anarchici della Prima Internazionale. Poi Livorno 21 gennaio 1921, l’emorragia dei leninisti Bordiga, Gramsci, Togliatti (anche da loro ben presto si verificarono scissioni ma questa è altra storia). Ma è stato nel secondo dopoguerra che in fatto di scissioni il Psi ha dato il meglio di sé. Ne ricordiamo alcune, Psli (i rimasti ironizzarono piselli) poi Psdi. A seguire Psu e ancora Psiup (in seguito Pdup) e ci scusiamo per chi è stato dimenticato.
Verrebbe da dire il bivio è il futuro. Rimane una incognita esterna al partito cioè cosa desidera la sinistra “intelligente”.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono. (G. Gaber)
(Gigi Brioschi)