Cancellare l’obbligo di bilancio dalla Costituzione, che era stato approvato dal Parlamento sotto il governo Monti nell’ottica dell’introduzione del Fiscal Compact. E’ la proposta di alcuni deputati del Pd, tra cui Stefano Fassina, Giuseppe Lauricella e Alfredo D’Attorre. La proposta era già stata presentata al Senato sotto forma di disegno di legge costituzionale, ma non era stata accolta perché giudicata estranea alla materia. Ora la partita si riapre a Montecitorio, anche se una parte del Pd ha polemizzato con l’iniziativa di Fassina e compagni. Giachetti per esempio ha rimarcato su Twitter che l’articolo 81 fu votato dal Pd, il cui responsabile economico era proprio Fassina, e si è chiesto: “Il ritorno dei compagni che sbagliano?”. Abbiamo chiesto all’onorevole Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia, di illustrarci le ragioni della sua proposta e di rispondere alle obiezioni.



Partiamo da quanto osservato da Giachetti, secondo cui chi propone di abolire il pareggio di bilancio in Costituzione lo aveva votato nel 2012. Lei che cosa gli risponde?

Io non l’ho votato e sono sempre stato contrario, tanto è vero che gli amici e i componenti della corrente di Giachetti allora chiesero le mie dimissioni. In ogni caso è stato un errore che abbiamo pagato caro anche in termini elettorali, e come altri errori che abbiamo compiuto in quella stagione politica è da correggere.



Che cosa è cambiato oggi rispetto al 2012, quando si votò il pareggio di bilancio in Costituzione?

E’ cambiato che allora eravamo una minoranza a considerare una follia l’austerità nel momento della recessione, mentre oggi è opinione ampiamente prevalente, tanto che la stessa Banca Centrale ha ritenuto necessario intervenire sul versante delle politiche di bilancio e non soltanto per quanto riguarda quelle monetarie.

Con la vostra iniziativa per togliere il pareggio di bilancio dalla Costituzione fate sul serio?

Sì. La proposta era già stata presentata nella discussione al Senato sotto forma di disegno di legge di riforma costituzionale, ma non era passata. La ripresentiamo alla Camera e credo che il sostegno di Montecitorio sarà più ampio di quello che ha avuto a Palazzo Madama. La nostra proposta è parte di una serie di proposte diverse in materia di politica economica. Circa 50 deputati e 20 senatori Pd sostengono il referendum sulla legge di attuazione dell’articolo 81. Abbiamo presentato una mozione alla Camera per evitare che si attuino delle privatizzazioni dannose per il Paese. E’ un tassello di una politica economica utile all’Italia.



Non avete timore di essere identificati con la sinistra più vecchio stampo e spendacciona, pronta a fare altro debito pubblico?

Il debito pubblico è aumentato di 30 punti negli ultimi anni proprio perché abbiamo fatto manovre di austerità. La responsabilità è di chi ha proposto il rigore e la svalutazione del lavoro. Noi non proponiamo di aumentare il debito pubblico, ma per la legge di stabilità chiediamo di utilizzare le risorse per estendere il bonus Inps alle partite Iva, agli incapienti e ai pensionati.

 

Lei ha affermato che con i tagli ai ministeri, Renzi sarebbe tornato all’agenda Monti. Perché ne è convinto?

La parola spending review non è un sinonimo di tagli ma significa appunto “revisione della spesa”. Vanno eliminati tutti gli sprechi, riqualificando e riallocando la spesa. L’Italia ha la spesa primaria corrente tra le più basse in Europa, pari all’1,5% in meno della media europea. Il problema è piuttosto un altro. Abbiamo il doppio, cioè 8/9 punti di Pil in più, di evasione fiscale: è quella la variabile patologica. Se noi portassimo la nostra evasione al livello europeo, pari al 9% del Pil, recupereremmo 50 miliardi di euro l’anno.

 

Che cosa ne pensa dello Sblocca Italia presentato da Renzi?

Aspetto di vedere il testo definitivo, in quanto il decreto è ancora nella fase di elaborazione con delle modifiche importanti. Ritengo che ci siano misure che vanno nella giusta direzione. La situazione del Paese è però drammatica, abbiamo bisogno di dare impulso all’economia, ad esempio con il patto di stabilità interno, mentre lo Sblocca Italia accelera l’attesa di risorse ma non amplia la portata degli interventi, anche se è indubbio che ci siano degli interventi importanti.

 

(Pietro Vernizzi)