Caro direttore,
Il semestre di presidenza europeo si è concluso e con esso anche lo stato d’eccezione imposto con la rielezione di Giorgio Napolitano. Il prossimo presidente della Repubblica, chiunque esso sia, non dovrà più esercitare poteri eccezionali, dal momento che il governo gode di una sua stabilità interna. L’esecutivo ha superato il terremoto di Mafia capitale e Poletti resta al suo posto, come se alcune foto non fossero mai state scattate e come se l’appalto di pulizie della cooperativa di Buzzi al suo ministero fosse del tutto irrilevante. E anche il caso dell’articolo 19-bis salva Berlusconi non ha sollevato neppure un’interrogazione parlamentare da parte dell’opposizione pentastellata. Tutto sembra passare nell’indifferenza generale e così anche il semestre europeo, da cui tanto ci si aspettava, sembra già archiviato.
Cerchiamo di fare un bilancio. Con un tasso di disoccupazione generale al 13,4% e di quella giovanile al 44%, con un debito al 133% del Pil i risultati sono per Renzi da tragedia greca. Si dirà: ma cosa c’entra questo con il semestre europeo?
Una questione Renzi poteva sollevarla in questi mesi di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, se a cuore gli stava, come più volte ha affermato, l’Europa, ma non l’Europa dell’austerity. Avrebbe potuto sollevare la questione della legittimità del Fiscal Compact e dell’annesso Mes, alchimie politiche create per salvare la moneta unica e che stanno facendo morire il paziente con una cura che in realtà assomiglia più a una terapia del dolore per malati terminali.
Quella cura introdotta in Italia con il governo Monti; il quale fece approvare in tutta fretta il Fiscal Compact giungendo persino a modificare la Costituzione, con l’introduzione in essa dell’obbligo di pareggio di bilancio. Essa non solo era del tutto inadeguata, ma anche prescritta da un medico che, pur conoscendo bene le regole della deontologia professionale, le aveva ignorate.
Il Fiscal Compact, che è un trattato intergovernativo, è infatti incompatibile con i trattati europei. Sarebbe stato sufficiente che Renzi avesse ricordato durante il semestre europeo che, mentre il Fiscal Compact impone lo 0%, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (un trattato che insieme a quello di Lisbona è per l’Unione la fonte di diritto più importante) consente persino lo sforamento del 3% in caso di situazioni eccezionali. Renzi avrebbe potuto rottamare trattati che sono giuridicamnete incompatibili con quelli europei e, agendo sul lato della domanda, fare in Italia una politica di investimenti con l’obiettivo di rilanciare la nostra economia. Ha preferito invece agire sul lato dell’offerta con una riforma del lavoro che, oltre a presentare profili di incostituzionalità, non crea comunque alcun nuovo posto di lavoro.
Ma prima o poi i nodi verranno al pettine e non sarà facile scioglierli.