L’ora X si avvicina, il momento della scelta del nuovo capo dello Stato è ormai prossimo, ma l’attenzione è già al dopo, perché cresce la sensazione che nulla sarà più come prima, tanto a sinistra, quanto a destra.

Dicono i fedelissimi che lo scontro con Renato Brunetta Silvio Berlusconi non l’avesse proprio messo nel conto. E, vista l’acredine del presidente dei deputati, l’ipotesi di una staffetta con Maria Stella Gelmini a febbraio prende sempre maggior consistenza. Mai nessuno si era permesso di contestare ben due richiami formali (il secondo con tanto di nome e cognome) rilasciando alle agenzie una nota in cui si legge che ogni sua dichiarazione è sempre stata preventivamente concordata “anche quando Berlusconi cambiava idea”.



La misura è colma, se non fosse bastato la lite di mercoledì scorso fra Brunetta e Verdini, che — secondo i presenti — ha sfiorato il contatto fisico. Il senatore fiorentino e Paolo Romani, ambasciatori riconosciuti alla corte renziana, hanno preteso e ottenuto l’estromissione del presidente dei deputati dalle trattative. In queste ore, anzi, stanno raccogliendo le firme di deputati e senatori sotto un documento che rimette la questione Quirinale integralmente nelle mani di Berlusconi. 



La manovra a tenaglia non è bastata però per placare Brunetta: è stato un crescendo di attacchi al premier e al percorso delle riforme, con reiterate richieste di stop sino al voto per il Colle, ribadite tanto in aula quanto sui giornali. Raccontano che Renzi abbia finito per spazientirsi e per alzare la cornetta, chiedendo lumi al diretto interessato, cioè Berlusconi. 

Tanta foga da parte dell’economista veneziano avvalora l’ipotesi che il dialogo fra Arcore e Palazzo Chigi stia procedendo piuttosto bene, ma in una direzione a lui poco gradita. Indizi concordi portano a identificare in Giuliano Amato il nome che ha preso quota nelle ultime ore nei conciliaboli fra Forza Italia e Pd, ma che dovrà superare una selva di veti incrociati in una traversata di dieci interminabili giorni che porterà al momento in cui finalmente i grandi elettori cominceranno a votare.



Amato era un nome gradito anche a Giorgio Napolitano, che lo ha nominato giudice costituzionale. Sconta però la diffidenza di molti fra gli ex compagni di militanza socialista, che gli imputano di aver operato un voltafaccia per salvarsi, rinnegando la sua vicinanza a Bettino Craxi. I suoi rapporti con Berlusconi, però, non si sono mai interrotti neppure quando subentrò a D’Alema nel 2000 a Palazzo Chigi.   

Dentro Forza Italia è però il momento del tutti contro tutti. Il fronte polemico con Brunetta è del tutto slegato dal lungo braccio di ferro con Raffaele Fitto e i suoi sostenitori. Da loro Berlusconi si attende un tradimento nel segreto dell’urna, tant’è che al tavolo delle trattative sul Quirinale si sente di garantire a Renzi tra i 90 e i 100 rispetto ai 140 di cui il suo partito disporrebbe sulla carta. I franchi tiratori sono però un male comune, quindi la battaglia potrà essere unire diverse debolezze.

Berlusconi ha rimuginato a lungo su un discorso che si è sentito fare, con accenti differenti, sia da Fitto sia da Umberto Bossi. Si tratta dell’invito a non fidarsi di Renzi, sospettato di essere pronto ad abbandonare le intese dopo aver fatto filotto, incassando con i voti determinanti di Forza Italia il Quirinale, la legge elettorale e le riforme costituzionali. Sullo sfondo rimane il tema del recupero dell’agibilità politica per il leader di Forza Italia. 

Da Palazzo Chigi debbono però essere venute rassicurazioni convincenti, se sabato l’ex Cavaliere ha voluto rassicurare Renzi pubblicamente sul rispetto degli impegni, tanto quanto ai contenuti, quanto sui tempi e sulle procedure. Il patto del Nazareno per adesso regge, dopo il Quirinale si vedrà. 

Berlusconi sembra essersi tanto convinto della sponda del premier da potere permettersi di guardare già al dopo. Non solo è convinto di essere in grado di evitare una scissione fittiana con il suo graduale ritorno in campo, dal momento che a metà febbraio dovrebbero finire in anticipo i servizi sociali per buona condotta. C’è di più. Il leader azzurro pensa che sia questo il momento in cui cominciare a lavorare al riassetto dell’area moderata, oggi più divisa che mai. Punto di partenza una discussione comune sull’atteggiamento da tenere nella vicenda del Quirinale con Alfano e Cesa, le altre forze che aderiscono al Partito Popolare Europeo. Primo faccia a faccia con l’ex delfino, oggi ministro dell’Interno, proprio questa settimana. 

Un rasserenamento dei rapporti con Ncd e Udc servirà anche a fare massa critica per tenere a bada il rampante Matteo Salvini, che i sondaggi continuano a dare in prepotente ascesa. Di sicuro il leader leghista non ha alcun interesse a entrare in un confronto preventivo dentro il centrodestra. Se il candidato andrà bene sia al Pd, sia a Forza Italia non potrà di sicuro essere gradito al Carroccio, va ripetendo. La sua attenzione è già alle amministrative di maggio, alle regionali venete in particolare. Per discutere di una nuova alleanza dei moderati il Quirinale non è il terreno più adatto.