“Da un lato c’è la paura dei parlamentari di andare al voto, dall’altra c’è la grande voglia di massacrare il Patto del Nazareno nelle urne per il Quirinale, soprattutto dopo la vicenda del decreto Salva Silvio”. Fabrizio D’Esposito, giornalista politico de Il Fatto Quotidiano, commenta così la vicenda che si è venuta a creare dopo che è emerso che nel decreto fiscale è presente una norma che salverebbe Berlusconi dalla condanna per evasione.
Come legge quello che si è verificato con la norma “Salva Silvio”?
Al di là della dinamica che è stata raccontata dai principali quotidiani in vari modi, quanto è avvenuto è ciò che sta alla base del Patto del Nazareno. Il 18 gennaio prossimo sarà un anno dall’incontro tra Renzi e Berlusconi nella sede del Nazareno a Roma. All’epoca Renzi era soltanto segretario del Pd, aveva vinto le primarie il precedente 8 dicembre e a Palazzo Chigi c’era ancora Enrico Letta. Oggi a distanza di quasi un anno il Patto del Nazareno incrocia la sua prova più difficile.
Fino a che punto la vera natura di questo patto è rimasta segreta?
Soprattutto Il Fatto Quotidiano, ma anche altri giornali, si sono interrogati sul lato più opaco del Patto del Nazareno. Possiamo essere garantisti o giustizialisti, ma dobbiamo prendere atto che Berlusconi non fa mai niente senza avere un qualche ritorno. La misura che conteneva il decreto fiscale, passata come “Salva Silvio”, era una fase per contrattare il capo dello Stato espressione del Patto tra Berlusconi e Renzi. Il “Salva Silvio” è dentro il Patto del Nazareno e l’accordo stesso per il Quirinale. Tra l’altro Renzi ha rivendicato la sua “manina” davanti all’assemblea dei parlamentari del Pd.
Esiste un fil rouge che percorre gli eventi politici dell’ultimo anno e mezzo?
Nel 2013 abbiamo avuto un’elezione caotica del capo dello Stato. In prima battuta Bersani tentò un patto con Berlusconi sul nome di Franco Marini, poi questo patto saltò a causa dei franchi tiratori che comprendevano anche gli stessi renziani, all’epoca minoranza nel Pd. Poi si andò su Prodi e fu affossato dai cosiddetti 101. La parentesi di Franco Marini bocciato prima di Prodi era l’accordo fatto da Bersani con Silvio Berlusconi.
Perché lo ritiene un fatto importante?
Oggi a distanza di quasi due anni abbiamo un patto diverso tra Forza Italia e il capo di quella che all’epoca era la minoranza del Pd, cioè Renzi, che nel frattempo è diventato il segretario nonché presidente del Consiglio. Un patto che mira ovviamente a tenere fuori l’M5S. In tutta questa storia, dopo un anno, viene fuori una norma buttata lì all’ultimo momento per favorire Silvio Berlusconi.
Lei come interpreta questo fatto?
E’ la conferma dell’immoralità del Patto del Nazareno fatto in questo modo, garantendo a Silvio Berlusconi la depenalizzazione del suo ruolo di evasore fiscale. Basta del resto parlare con i peones, con i colonnelli azzurri, con i falchi di Forza Italia, e ognuno di loro ti dirà che a Berlusconi delle riforme interessa molto meno. Ciò che per il Cavaliere conta davvero è il capo dello Stato e tutto ciò che gli può restituire l’agibilità politica.
Questa vicenda e il fatto che il “Salva Silvio” sia venuto alla luce condizionerà l’elezione del Capo dello Stato?
Questa vicenda può essere il funerale del Patto del Nazareno. Già alla vigilia di Natale noi facevamo la conta dei franchi tiratori, calcolando che la maggioranza composta da 700 parlamentari poteva tollerare di perdere al massimo 200 di loro. La vicenda del “Salva Silvio” aumenterà il malcontento, i mal di pancia e i franchi tiratori. L’unico modo che ha Renzi per tenere buoni i suoi e ricattare il Pd, è quello di minacciare le elezioni anticipate.
Perché?
Noi sappiamo che i gruppi parlamentari del Pd sono stati eletti nel 2013 ai tempi dell’era politica di Bersani. Per quanto in molti si siano convertiti al renzismo, questi sono gruppi parlamentari che Renzi non ha scelto bensì subito, e hanno l’interesse di non andare subito al voto. Da un lato quindi c’è la paura di tutti di andare al voto, dall’altra c’è la grande voglia di massacrare il patto del Nazareno nelle urne per il Quirinale, soprattutto dopo la vicenda del decreto “Salva Silvio”.
(Pietro Vernizzi)