“La legge di stabilità, la manovra del governo, è fatta con astuzia politica, con intelligenza”. Lucidità e consueta franchezza, in estrema sintesi. Stefano Folli battezza in questo modo quella che un tempo si chiamava “finanziaria”. Folli è oggi editorialista di Repubblica, ma la sua storia giornalistica, una vita passata al Corriere della Sera, diventandone anche direttore, lo ha portato ai vertici del giornalismo politico italiano. Tra gli analisti raffinati, non tra quelli che si chiamano retroscenisti del “palazzo”, Folli è un’autentica eccellenza.



Perché la giudica astuta questa manovra?

“Ci sono indubbiamente degli elementi nella legge che superano il perimetro riservato di solito a una politica di sinistra. Non voglio entrare nel merito tecnico, ma colgo alcuni elementi che verranno accettati, credo, da un elettorato più vasto di quello che dovrebbe fare riferimento al Partito democratico. Ci sono insomma delle aperture interessanti. Cito solo l’Imu, la Tasi, e la soglia dei tremila euro per il contante. Sono indubbiamente scelte in controtendenza rispetto alla politica e ai vecchi governi di centrosinistra.



Ci può essere la possibilità di uno sforamento di alcuni parametri che l’Europa può rimproverarci, su cui la Commissione potrebbe puntare i piedi.

Questo è vero. La flessibilità è interpretata con una certa ampiezza. Può diventare un problema, ma al momento non saprei dirlo. E’ anche possibile che di fronte alla situazione complessiva della crisi, alla fine l’accordo si possa trovare con una relativa facilità.

Mi sembra che lei veda un Matteo Renzi tutto impegnato a recuperare e ad allargare il suo consenso all’interno, in Italia. Per questo probabilmente la manovra ha delle aperture che possono convincere ceti sociali differenti.



Questo è indubbiamente quello che si coglie immediatamente. Ma vorrei dire che la legge di stabilità non mi pare tutta indirizzata verso un recupero elettorale. Mi sembra che ci siano anche delle innovazioni interessanti. Sarebbe riduttivo ridurla a un fatto elettoralistico.

Tutto questo dovrebbe rimettere al riparo Renzi e il governo da sorprese. Scendiamo per un attimo sul confronto politico italiano, che mi pare sempre duro.

E’ difficile fare previsioni con una situazione come quella che sta vivendo il Paese. La manovra mi sembra interessante, i primi segnali di ripresa possono essere contraddittori ma si vedono. Il problema è lo stato di frustrazione, di radicata disillusione, che vive il Paese reale. Ed è difficile pensare, o anche prevedere, quando si sentiranno gli effetti positivi di una inversione di tendenza significativa della situazione economica. Insomma, per fare un esempio, quando un padre di famiglia sarà abbastanza tranquillo che suo figlio trovi un posto di lavoro? Il problema è lo stato del Paese dopo una crisi così lunga e così devastante.

Oltre al quadro sociale dell’Italia a fine 2015, sono comunque in arrivo anche ostacoli di carattere politico per Renzi. Le elezioni comunali della prossima primavera dopo il caso di Roma, di Marino, di “mafia-capitale”.

Certamente. E’ per questo che il campo dell’imprevedibilità è molto vasto. Renzi calcolava di andare al voto nel 2017 e questo calcolo lo fa ancora. Ma nell’intreccio tra situazione sociale e quadro politico immediato che cosa può venire fuori? I sondaggi romani sono abbastanza impressionanti. E Roma può essere un traino per l’elettorato di altre grandi città italiane. Quindi si può anche tracciare un percorso, ma se la gente continua a non andare a votare e il Movimento 5 Stelle aumenta i suoi voti, tutto il quadro politico si complicherebbe.

 

La sensazione era che Renzi puntasse a votare nel 2017, dopo avere affrontato il referendum sulle riforme istituzionali.

E questo doveva essere una sorta di plebiscito. Ma poi sono arrivati una serie di problemi con i quali adesso occorre fare bene i conti. Roma in questo caso si presenta proprio come un grosso problema.

 

Ostacoli politici più complessi possono venire anche dalla situazione internazionale prima del 2017?

Non c’è dubbio che molte scadenze sono in arrivo. Si dovrà fare i conti, o comunque tenere in considerazione, il voto francese. Che cosa salterà fuori dalle urne transalpine? Quale impatto possono avere i risultati su questa Europa? Poi ci sono le elezioni americane e con il risultato di quelle consultazioni elettorali, i conti occorre farli sempre. Le previsioni quindi sono premature.

 

(Gianluigi Da Rold)