Se sulle adozioni delle coppie gay Matteo Renzi aveva dei dubbi, la domenica questi dubbi li ha confermati e rafforzati. E la retromarcia imposta alla bellicosa Maria Elena Boschi non nasce dal muro contro muro promesso da Angelino Alfano. Quella di Ncd è una tigre di carta, agli occhi dell’inquilino di Palazzo Chigi. A pesare molto di più due elementi, l’opinione degli italiani e quella dei vescovi.
Scrivono i retroscenisti che a Palazzo Chigi circolerebbe un sondaggio secondo cui i due terzi degli italiani sono contrari al punto più controverso della legge sulle unioni civili, la stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio biologico della compagna o del compagno, che — di fatto — potrebbe aprire anche la via all’utero in affitto, poco importa se messo in pratica in Italia o all’estero. E a conferma che il consenso non sia così vasto come le associazioni gay vorrebbero far credere sono arrivate le durissime parole del segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, che ha invocato la piena attuazione dell’art. 29 della Costituzione a difesa della famiglia.
Parole pesanti come pietre. Talmente pesanti da non poter non avere la benedizione delle massime gerarchie vaticane. “Chiedo che la politica non sia strabica”, ha scandito Galantino. “Non si può pensare a un governo che sta investendo tantissime energie per queste forme di unioni particolari e di fatto sta mettendo all’angolo la famiglia tradizionale che deve essere un pilastro della società”.
Per Renzi un avvertimento chiaro, da non sottovalutare, per non finire come Ignazio Marino, al quale secondo molti osservatori il colpo di grazia è venuto dalla sconfessione del Santo Padre. Di fare la stessa fine di Marino Renzi non ne vuol proprio sapere, così ha ordinato di frenare e cominciare a innestare la retromarcia. E la manovra di aggancio ai moderati non può incespicare in maniera maldestra su temi tanto delicati.
Maria Elena Boschi si era esposta troppo su questo terreno, facendo intravedere un cambio di maggioranza per approvare la legge senza i voti centristi, ma con quelli di Sel e Movimento 5 Stelle. Uno scenario di irrilevanza dell’Ncd così marcato da spingere gli alfaniani a reagire rispondendo che ogni strumento parlamentare sarebbe stato lecito per fermare la legge. Il segnale del dietrofront se l’è dovuto caricare — di conseguenza — proprio lei. Ci ha dovuto mettere la faccia, mentre la linea della prudenza veniva confermata da Guerini.
La prima contromisura per disinnescare la tensione è l’annuncio che sui punti più controversi il Pd lascerà libertà di coscienza. E che non vi sarà opposizione se sui punti più delicati si ricorrerà al voto segreto. Questo stempera la tensione con gli alleati, ma anche (e forse soprattutto) con la corposa pattuglia di parlamentari democratici, cattolici e non, che su questa materia non la pensano come la Boschi e che la stepchild adoption non la vogliono votare.
Già così potrebbe bastare: nel segreto dell’urna la stepchild adoption rischia seriamente di essere cancellata, almeno al Senato, dove si stimano in una trentina i democratici contrari, a cui va aggiunta la robusta pattuglia centrista.
Di sicuro Renzi ha preferito mettere il governo al riparo da ogni rischio: in un momento politico a lui molto favorevole uno scontro frontale con il Vaticano è da evitare sino a che possibile. Da qui a dicembre poi c’è tempo anche per qualche aggiustamento alla legge di stabilità per dare un segnale concreto di attenzione alle famiglie “tradizionali” per bilanciare meglio la nuova normativa.
A gennaio poi si vedrà. I tempi della legge sulle unioni civili non sono affatto scontati. Ammesso che Palazzo Madama approvi un testo più temperato del Cirinnà bis, senza le adozioni, la palla passerà poi alla Camera. A Montecitorio i numeri son differenti, i favorevoli alla stepchild adoption più numerosi. E il testo potrebbe cominciare una navetta senza fine fra i due rami del Parlamento.
Gli schieramenti sulla questione sono, del resto, trasversali. Favorevoli alla stepchild adoption se ne annoverano anche fra le fila di Forza Italia. E contrari anche fra i 5 Stelle. E la battaglia parlamentare che si svilupperà, pur essendo strettamente confinata al terreno dell’etica, potrebbe pesare non poco nella costituzione dei futuri schieramenti politici. Per Alfano potrebbe essere l’ultimo treno per tornare nel centrodestra, ma anche il terreno su cui finire definitivamente fagocitato da Renzi, che gli ha già strappato quasi tutte le bandiere moderate e liberali, dagli 80 euro all’abbassamento delle tasse.
Ancora più probabile che consentirà a Quagliariello e ai suoi una più spedita marcia di ritorno a casa. Salvini e Meloni di casi di coscienza nelle loro fila non ne contano molti, di conseguenza la battaglia a difesa della famiglia tradizionale costituirà una discriminante per la futura possibile aggregazione dei moderati.
Sul versante opposto il problema si porrà ancora una volta alla sinistra Pd. Come ha insegnato la vicenda della legge sul divorzio, sui temi etici non cadono i governi, ma certo si possono costruire nuove convergenze e nuove aggregazioni.