“Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, è il classico principiante che gioca a poker e fa saltare il tavolo con i suoi errori seminando il panico tra i giocatori esperti. A volerlo cacciare sono stati i costruttori e i grandi giornali che rappresentano i potentati economici, e il motivo è che non piaceva sostanzialmente per la sua ingenuità”. E’ l’analisi di Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista ed ex direttore di Liberazione. Nonostante Matteo Orfini abbia detto che “non ci sono le condizioni per continuare”, Marino sembra intenzionato ad andare al braccio di ferro con il voto in aula. Ieri intanto il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio in relazione al processo Why Not.



Sansonetti, come vede il caso Marino e che cosa rappresenta per il Pd?

All’origine del caso Marino c’è in primo luogo un errore nella scelta del candidato sindaco di Roma. Non era certo un personaggio con le caratteristiche e il carisma per un incarico così difficile. I vecchi partiti, cioè Dc, Pci e Psi, funzionavano solo perché erano in grado di selezionare la classe dirigente. Adesso che quei partiti non ci sono più i metodi di selezione sono molto improvvisati. Le Primarie così come si tengono oggi non funzionano, come dimostra il fatto che Marino ha battuto un personaggio sicuramente di caratura superiore come Paolo Gentiloni.



Quali altri fattori hanno portato alla caduta del sindaco di Roma?

Forse anche per la sua ingenuità, Marino non era gradito ai grandi potentati di Roma: da che mondo è mondo nella Capitale comandano infatti i costruttori. A loro Marino non piaceva, perché non riuscivano a giocarselo, e allora hanno chiesto di farlo fuori. Ne è nata una campagna battente, soprattutto da parte dei grandi giornali, per farlo fuori. Ed è così che Renzi lo ha tolto di mezzo. Siamo al paradosso che mentre risultano 500mila euro di note spese discutibili di Renzi quando era presidente della Provincia di Firenze, Marino andrà a casa per una nota spese da 220 euro.



Che cosa rappresenta veramente Marino?

E’ come quando si gioca a poker: la più grande iattura che possa capitare è che si sieda al tavolo un principiante, perché in quei casi nessuno capisce più che cosa succede. Marino è proprio quel principiante che manda tutti in confusione. Non rispetta nessuna regola, apre senza avere le carte, le butta sul tavolo quando ha il poker. Il risultato è che gli altri non ci capiscono più niente. Basta un principiante per fare saltare un tavolo da poker di gente che sa giocare bene. Renzi al contrario è l’esempio di un grandissimo giocatore di poker.

Perché il Pd ha scaricato Marino solo quando la situazione era ormai “degenerata”?

Il Pd ha scaricato Marino perché ancora oggi i partiti reggono a molte cose, ma non alle grandi campagne di stampa. Se il Corriere decide che Marino deve dimettersi, è ancora in grado di mandarlo via: tanto è vero che alla fine Renzi si è piegato. Il tutto, tra l’altro, dopo che il premier aveva già ottenuto che il Corriere mandasse via de Bortoli. Ad attaccare Marino ci si sono messi anche Il Messaggero e Repubblica. A cacciarlo dunque non è stata la politica bensì i grandi giornali, che come si sa in Italia sono espressione del potere economico.

Tra gli assessori nella giunta di Roma c’è anche il pm Alfonso Sabella. E’ la longa manus della magistratura?

Per fare una giunta ormai in Italia ci vogliono almeno un paio di magistrati. Sabella è una bravissima persona, ma i magistrati dovrebbero fare il loro lavoro e non invece stare in giunta. Anche in questo una certa responsabilità è sempre dei giornali. Mi auguro che Sabella non torni mai più a fare il magistrato. Quantomeno un magistrato che entra in politica dovrebbe avere il buongusto di non pretendere mai più di giudicare i comuni cittadini.

 

Nel frattempo la Consulta ha dato torto a De Magistris. A che cosa stiamo assistendo?

La sentenza della Corte costituzionale rischia di provocare un effetto domino. Oltre a De Magistris c’è De Luca, e la stessa volontà di Berlusconi di ricandidarsi. Si tratta comunque di un caso diverso dagli altri cui stiamo assistendo, perché la Consulta non è governata direttamente dall’Anm. Torniamo un attimo a Matteo Renzi.

 

La sua legge di stabilità è di destra o di sinistra?

Di sinistra sicuramente non è. Bisognerà vedere se Renzi la correggerà un po’, ma ha ragione Berlusconi a dire che quello della manovra è un classico spirito di centrodestra. E’ una legge di stabilità che poteva tranquillamente approvare Forza Italia. L’abolizione della tassa sulla prima casa è da 20 anni che è il cuore della linea di Berlusconi. Del resto nella Finanziaria non ci sono misure di sinistra: manca qualsiasi provvedimento in favore dei più poveri, dei disoccupati, dei ceti più disagiati.

 

Perché il segretario del Pd ha partorito una manovra di destra?

Perché Renzi si trova ad agire in un periodo storico in cui la sinistra non esiste, e questo per lui è un grande vantaggio. Non c’è il problema di coprirsi a sinistra, e quindi il premier si può muovere con molta agilità e spregiudicatezza nell’area del centro e del centrodestra.

 

(Pietro Vernizzi)