“Il futuro di Berlusconi è quello di essere il grande federatore del centrodestra. Unendo non soltanto Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia, ma anche i transfughi di Ncd e personaggi con un seguito come Marchini, Passera e Della Valle”. Lo afferma Augusto Minzolini, senatore di Forza Italia ed ex direttore del Tg1. L’intero centrodestra è in fibrillazione, e in un’intervista che esce oggi sull’Espresso l’ex coordinatore di Ncd, Gaetano Quagliariello, ha affermato a proposito del suo stesso partito: “Tra due anni, per trovare l’ultimo elettore ci sarà bisogno dell’archeologo”. Mentre riferendosi ad Alfano ha aggiunto: “E’ la sindrome dei Brutos. Quel carosello in cui alla fine, invariabilmente, uno del gruppo prendeva un ceffone. Ed era pure contento di prenderlo”. Intanto indiscrezioni di stampa affermano che lo stesso Alfano sarebbe pronto ad archiviare l’esperienza di Ncd per dare vita a una nuova formazione centrista insieme a Denis Verdini.



Senatore, ha ragione Quagliariello a dire che tra due anni l’Ncd non avrà più elettori?

Quagliariello è fin troppo ottimista. Già ora per trovare un elettore di Ncd bisogna cercarlo con il lumicino.

A questo punto Alfano andrà davvero insieme a Verdini?

La posizione di Alfano non è quella di un leader di partito, quanto piuttosto quella di una singola persona che pensa solo a se stessa.



Anche Berlusconi secondo molti è politicamente morto …

Chi lo afferma si sbaglia. Grazie al cambio di linea sulla riforma costituzionale, Forza Italia è tornata a crescere e secondo alcuni sondaggisti è addirittura superiore alla Lega.

Sì, ma quale futuro ha Berlusconi?

Berlusconi è un’icona del centrodestra e potrebbe tranquillamente avere un ruolo di grande federatore. Può essere cioè il regista di uno schieramento ampio di centrodestra che dovrebbe essere estremamente inclusivo. Non mi riferisco dunque soltanto a Forza Italia, Lega nord o Fratelli d’Italia. Bisogna allargarne il perimetro, riprendendo i parlamentari di Ncd che si sentono scontenti dell’operazione Alfano. Questi ultimi chiaramente se intendono ipotizzare un loro ritorno nel centrodestra devono farlo in tempi brevi. Non si può infatti cambiare uno schieramento a tre mesi dal voto, anche perché negli ultimi tempi si sono create delle asprezze e diffidenze.



A chi altro è possibile allargare il perimetro?

Quello che auspico è un processo inclusivo anche nei confronti di personaggi come Della Valle, Marchini e Passera. Deve essere quindi uno schieramento ampio, in grado di dare l’idea di avere ritrovato il suo appeal. Ma soprattutto di riuscire a proporre una serie di posizioni che devono essere assemblate e risultare convincenti per il Paese.

In che modo è possibile dare vita a questo percorso?

Va realizzato un percorso che preveda delle primarie o qualcosa di simile. Alle varie componenti del centrodestra bisogna dare cittadinanza, facendole sentire parte di questo schieramento, nonché la chance di potersi giocare a loro volta la leadership. Si crea così un percorso in base a cui si hanno due o più candidati.

 

Le primarie hanno dimostrato di non funzionare. Perché crederci ancora?

Dipende se si fanno in modo demagogico. Se si fa un discorso serio in base a cui si lega un nome a un programma in termini reali, e non come ipotetico atteggiamento, credo che da questo punto di vista non dovrebbero esserci problemi. La questione è essere coerenti sia nei programmi sia nelle leadership. Se si fa un’operazione di questo tipo si riuscirà a recuperare un consenso e soprattutto quel rapporto di fiducia con l’elettorato che si è perso, anche esercitando un’egemonia culturale sulle proposte del governo.

 

Parlare di egemonia culturale del centrodestra in questo momento non è un po’ pretestuoso?

No. Se andiamo a vedere gli elementi caratterizzanti della manovra di Renzi, sono tutti presi da vecchie proposte del centrodestra. E’ un’operazione fatta tra l’altro senza un know-how, perché ci sono proposte orecchiate e messe al’interno della legge di stabilità. Io parlavo di egemonia in senso gramsciano: mai come ora anche con le difficoltà che ha, il centrodestra esercita una sorta di egemonia culturale nei confronti dell’attuale governo. Lo si vede dall’innalzamento del contante, dall’abolizione di Imu e Tasi, dalla proposta di inserire il canone Rai all’interno della bolletta dell’Enel.

 

Quindi lei approva in toto questa legge di stabilità?

Il problema è che manca un equilibrio, in quanto il governo agisce sulla pressione fiscale ma non sui tagli alla spesa. Dal punto di vista della qualità della manovra, questo intervento sul piano fiscale ha un certo peso solo perché è neutralizzata la clausola di salvaguardia. Quindi noi siamo nella stessa situazione di prima, soltanto che a differenza di quello che era nelle ipotesi di governo non c’è più l’aumento dell’Iva.

 

Anche questa è una riduzione del carico fiscale?

Questo è vero solo in termini teorici, perché dal punto di vista reale l’aumento dell’Iva non c’è mai stato. La manovra è quindi nella realtà molto meno efficace rispetto a quanto dovrebbe essere, e cioè una legge di stabilità di crescita e sviluppo. L’immissione di risorse sul mercato è molto più basso rispetto a quelle che dovrebbero essere necessarie.

 

(Pietro Vernizzi)