Si può parlare di un nuovo fronte aperto con il governo da parte dei magistrati? Si può dire che ritorna una contrapposizione tra politica e giustizia, oggi con il governo Renzi, come ai tempi dei governi Berlusconi? Il presidente dell’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, ha sparato bordate dal palco del Teatro Petruzzelli di Bari all’apertura del 32esimo congresso dell’associazione. E la bordata più dura è l’accusa di un’autentica strategia di delegittimazione della magistratura. Da chi è stata promossa questa delegittimazione? Non è attribuibile solo al governo, secondo le spiegazioni degli esponenti del sindacato dei magistrati. Ma non c’è dubbio che la “requisitoria” di Sabelli pare ripetere l’ormai annoso, quasi irrisolvibile contrasto tra politica e magistratura, anche in tempi di governo guidato da Matteo Renzi, cioè del leader del Pd, del giovane leader “rottamatore” del centrosinistra.



Secondo gli analisti più esperti dei complicati rapporti tra politica e giustizia, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sarebbe furibondo e avrebbe detto al ministro della Giustizia, Andrea Orlando: “Non possono parlare di noi come si trattasse di Berlusconi”.

Per trovare una spiegazione a questa situazione che si è creata, ma che non è affatto una scoperta e in fondo (in tempi e modi diversi si ripete quasi sempre) dura dai tempi di Tangentopoli, abbiamo ascoltato Nicola Piepoli, grande guru dei sondaggi, pensando che i magistrati percepissero un calo di consenso popolare nel loro operato, nel ruolo che occupano, per le critiche a cui è ripetutamente sottoposto il sistema della giustizia in Italia. Ma è qui che arrivano le sorprese.



Professor Piepoli, gli italiani hanno ancora fiducia nella magistratura, nella sua azione?

Quella che noi chiamiamo “confiance”, affidandoci al francese, nella magistratura è sempre altissima: è attestata intorno al 60 per cento degli italiani. Se qualche magistrato pensa che la fiducia nei loro riguardi sia scesa, vuol dire che non ha letto i sondaggi, oppure che non li guarda neppure. Tutti i sondaggi forniscono tutti questa indicazione di massima. Impossibile vedere controtendenze.

Ma in tutti questi anni, la fiducia verso la magistratura è sempre stata a questi livelli?

Sempre. Direi che si è scesi solo rispetto ai tempi di Antonio Di Pietro. In quel momento la fiducia verso la magistratura era arrivata anche all’88 percento.



Si può dire che sarebbe quasi ingeneroso paragonare questa “confiance” verso la magistratura con la “confiance” nei riguardi della politica.

Risolviamo la questione in questo modo: la fiducia verso la politica è veramente molto bassa. E basta così, non occorre aggiungere altro. Lo capiscono tutti come è la situazione.

Eppure ci sono state critiche verso i magistrati, si è manifestata più volte, in più di un’occasione, un’insoddisfazione verso il sistema della giustizia in Italia. 

Ma questo non intacca il ruolo, la figura della magistratura. Se dovessimo stabilire una semplice graduatoria, anzi un piccolo paragone, possiamo dire che sono le forze dell’ordine, i carabinieri e la polizia, a riscuotere ancora più fiducia da parte degli italiani. Qui siamo a livelli che raggiungono l’80 per cento. 

 

Lei come spiega tutto questo?

Può darsi che nuovi sondaggi forniscano anche nuovi e altri risultati. Ma verosimilmente, dopo tutto quello che è accaduto in questi anni, sembra che il deserto lasciato dalla politica, il senso di incertezza e di insicurezza che attraversa la società italiana, faccia emergere una sola risposta: quella di leggi da applicare, di interpreti del sistema della convivenza civile e di sfiducia verso una classe politica che ha profondamente deluso e disilluso.

 

E’ impossibile che il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, non conosca questa realtà. Allora rimane l’interrogativo: perché ha alzato il tiro fino a questo punto? Vuole forse mettere la magistratura al centro del potere italiano? Forse partecipa a una strategia più complessa che pensa quasi di “commissariare” tutta la politica?

Forse la spiegazione più credibile è che, in un Paese che sembra a volte completamente fuori controllo, ci siano schermaglie dure tra i poteri. Il presidente di Anm può rivendicare duramente il ruolo della magistratura, può usare frasi forti, magari anche per scoraggiare il governo dal prendere iniziative come quella della creazione di un’Autorità anticorruzione, affidandola a un magistrato che oggi è in aspettativa, come Raffaele Cantone.

 

Per la lotta alla corruzione non c’è già la magistratura ordinaria e c’era bisogno di un’Autority? Come spiegare la disattenzione verso la corruzione denunciata a Bari e la nomina di Cantone?

Forse, nell’Italia che è sempre in via di assestamento (speriamo), alzare la posta equivale a riequilibrare poteri che sono sempre incerti e spesso in conflitto tra loro. Magari si può dibattere anche all’interno della stessa magistratura, in modo duro e pesante, attaccando il governo per tirare una metaforica pedata a Raffaele Cantone….

 

(Gianluigi Da Rold)