Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, usa parole importanti in questa circostanza: “Sono davvero onorato di aver consegnato il Sigillo ufficiale della nostra città a Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Cantone è un uomo dello Stato, che ha fatto dell’affermazione della legalità la sua missione professionale e umana”. Ma il sindaco non si è fermato qui: “Il suo impegno nei mesi di Expo nel predisporre, elaborare e suggerire strategie di contrasto e di prevenzione di episodi illeciti è stata fondamentale”.



Cantone risponde lodando Milano, che si “è riappropriata del ruolo di capitale morale del Paese, mentre Roma sta dimostrando di non avere quegli anticorpi di cui ha bisogno e che tutti auspichiamo possa avere”.

Queste frasi, non pronunciate a vanvera ma ben ponderate, siglano probabilmente una svolta politica e un “patto” rinnovato tra il governo di Matteo Renzi, alcune sedi del Partito democratico e nuovi protagonisti che sono scesi in campo.



In sostanza, a Milano si festeggia il successo dell’Expo, soprattutto nell’ultimo mese e mezzo di manifestazione e così indirettamente si fanno i complimenti a Giuseppe Sala, commissario unico e amministratore delegato di Expo. Non arrivano solo i complimenti però, ma, senza dirlo esplicitamente, una precisa candidatura alla poltrona di sindaco di Milano, a Palazzo Marino, nelle prossime elezioni comunali di tarda primavera del 2016.

Emerge quindi l’indicazione di un tecnico, ma come risultato di una trattativa complessa che contrappone la “ritrovata” moralità di Milano di fronte alla confusione che sta regnando in queste ore, in questi giorni e chissà per quanti mesi al Campidoglio di Roma, dove Ignazio Marino vuol fare passare il Pd sotto le “forche caudine” di una riunione consiliare da brividi e dove le elezioni sembrano quasi una chimera.



Il discorso di Cantone su Roma che non ha gli “anticorpi” non è piaciuto, ad esempio, all’ex deputato del Pd, Stefano Fassina, che ha commentato in tono polemico “Cantone chiarisca le sue parole”. Ma forse a Fassina, che è intelligente e sa leggere bene la politica, non è sfuggito quello che si è consumato, quasi come un matrimonio, a Milano.

Andiamo per punti. In primo luogo non era affatto scontato, nonostante le ripetute dichiarazioni, che Pisapia si facesse da parte in modo “tranquillo”. Ha avuto una sua funzione in questi anni e ha assicurato alla sinistra la conquista del grande municipio che è stato per un secolo riformista e poi appannaggio della destra leghista e berlusconiana. Forse non si accontenta dei complimenti sull’Expo per un congedo di ringraziamento.

Poi c’è l’interesse di Matteo Renzi. Se a Roma finisce a “stracci in faccia” o comunque con un percorso problematico e tortuoso, anche il governo nazionale è destinato inevitabilmente a subire seri contraccolpi. Che c’è di meglio di un rilancio di Milano sia come “centro di crescita” e di “capitale morale” ? Guai a Renzi e ai suoi perdere in questo momento Milano! 

Per questa ragione la scelta migliore è evidentemente un accordo con Pisapia, magari prospettando all’attuale sindaco di Milano una promozione nel governo nazionale. Di sinistra, ma autentico garantista, Pisapia potrebbe essere un ottimo ministro della Giustizia. Certo, la soluzione non è semplice. Non tanto per la sostituzione dell’attuale ministro, Andrea Orlando, ma perché Pisapia fu già proposto da Romano Prodi per il suo governo nel 2006 e ottenne una discreta ma sostanziale bocciatura dalla magistratura.

Quindi Pisapia potrebbe avere una più che onorata buonuscita e Giuseppe Sala, candidato a Palazzo Marino, potrebbe usufruire, anche in caso di “primarie”, del sostegno dell’attuale sindaco. Insomma, un virtuoso passaggio di consegne all’ombra del successo dell’Expo.

Ma c’è un’ altra pagina, o un terzo punto da sottolineare se si vuole, in questo 28 ottobre del 2015, in questa giornata milanese. C’è una secca puntualizzazione di rapporti tra governo e Associazione nazionale magistrati, appena reduce da un congresso con qualche tumulto di parole a Bari. A Milano, a lodare la città e la conduzione dell’Expo, arriva Raffaele Cantone, che l’Anm non ama troppo, per usare un eufemismo.

Deve essere una costante tra le file dei magistrati. La contestazione a Cantone ci riporta, anche se in contesti molto diversi, alle critiche, anche dure, che subì Giovanni Falcone quando venne chiamato a lavorare al ministero di Grazia e Giustizia da Claudio Martelli. Forse c’è un’incompatibilità di fondo tra incarichi politici ministeriali e magistrati.

Resta il fatto che Cantone viene presentato da un sindaco importante e di sinistra come un “campione” della lotta alla corruzione, come il personaggio che ha garantito con il suo intervento, i suoi suggerimenti , il suo operato un grande successo dell’Expo milanese. In questo modo, il “cerchio” di un accordo si chiude.

Renzi punta a vincere a Milano, conta su Pisapia e una sinistra di antica data, con l’accordo di un magistrato che ha meritato un encomio sul campo.

Se il piano va in porto, Roma può anche assistere alle sfide tra il “marziano” Ignazio Marino e il suo stesso partito, il Pd. A Milano, invece, si sceglie già adesso il grande tecnico di successo, Giuseppe Sala, con la benedizione di governo, di un’Autorità nazionale anticorruzione, dell’attuale procura della Repubblica (ieri era presente alla manifestazione della consegna del Sigillo anche Edmondo Bruti Liberati) e il prefetto Francesco Paolo Tronca. Più “morali” di così, si muore.