La fotografia e le immagini sono impietose. Il responsabile delle attività a lungo raggio di Air France, Pierre Plissonnier, se la svigna dopo un “incontro” con dipendenti e sindacalisti, con la camicia lacerata e il vestito stazzonato neanche avesse partecipato a una rissa da bar. Ancora peggio è toccata a Xavier Broseta, il responsabile delle risorse umane: letteralmente denudato.
Alla vecchia Cgt francese, quella che ai tempi del generale De Gaulle scendeva in piazza una volta l’anno al grido “Contre le patronat et le pouvoir personnel” e poi si rifugiava, soddisfatta, a bere nei bar della banlieue parigina si è affiancato oggi un sindacato piloti guidato dal “duro” Erich Derivry e da altri esponenti sindacali che di sacrifici non ne vogliono neppure sentir parlare.
È vero che Alitalia non è finita bene, con le cordate di Berlusconi e Passera, ma se si pensa che l’alternativa sponsorizzata dal leader del centrosinistra, Romano Prodi, era proprio Air France, che oggi ha in programma 2900 esuberi: campa cavallo! Il problema è che le crisi aziendali erano già evidenti prima della grande crisi del 2007, anche nel mondo del trasporto aereo. La somma che è uscita dalle crisi in embrione più la crisi finanziaria è uno sconvolgimento sociale che la politica, i sindacati, la classe dirigente nel suo complesso non sanno più governare, nonostante tutte le rassicurazioni elargite a mani basse da media distratti o inconsistenti nelle loro analisi.
È indubbiamente importante che la globalizzazione riduca il numero dei poveri a livello planetario. Ma se le zone di antico e consolidato benessere subiscono grandi contraccolpi, con impoverimento progressivo e quasi la cancellazione del ceto medio, i problemi che si cominciano a risolvere da una parte rispuntano da un’altra.
Non è un caso che ci sia da prendere atto di una disaffezione non solo politica, ma anche sindacale a livello europeo. In Francia, il rappresentante dei piloti, Erich Derivry, si mette alle spalle i socialisti di Manuel Valls e soprattutto quelli del presidente Francois Hollande, oltre alla vecchia Cgt. Nella grande confusione della sinistra europea, salta fuori di tutto e di più.
In Italia, il leader della Fiom, Maurizio Landini, va quasi a resuscitare la Cgil del 1979-1980, quella che piaceva a Enrico Berlinguer dopo l’abbandono del compromesso storico e dei governi di unità nazionale. È del novembre 1979 il comitato centrale del Pci più combattuto da Berlinguer, e dallo stesso Luciano Lama della Cgil, contro Giorgio Amendola, che accusava di settarismo partito e sindacato.
Ieri Landini ha rievocato l’occupazione delle fabbriche. “Occupare le fabbriche? Sarei pronto a farlo per difendere il lavoro”. E Landini ha aggiunto: “Oggi qualsiasi azienda che chiude è persa per sempre. Per difendere posti di lavoro e crearne di nuovi siamo pronti a utilizzare, democraticamente come abbiamo sempre dimostrato, determinate azioni”.
L’impressione è che Landini faccia solo un richiamo di “vecchia sinistra”, quasi simile alle vecchie sceneggiate della Cgt francese contro il generale De Gaulle. Ma realisticamente, che senso avrebbe occupare oggi fabbriche in grandi difficoltà come in Italia e in tante parti d’Europa? In un momento di accennata convalescenza dalla grande crisi? In Italia le aziende sono strangolate da una tassazione che farebbe rabbrividire qualsiasi economista con un minimo di buon senso e nello stesso tempo non si riesce a comprendere come si possa far ripartire il Paese senza uno straccio di politica industriale consona all’Italia, cioè alla struttura economica italiana, non a quella che viene immaginata in qualche parte dell’Europa, cosiddetta unita.
Quello che balza agli occhi, dall’atteggiamento della sinistra europea e italiana nel suo complesso, non è la dialettica interna, come qualcuno vuole far credere, ma la grandissima confusione, la mancanza di ogni riferimento politico che riguarda lo scontro economico, sociale e politico in atto. Si va dall’abbraccio alla liberalizzazione finanziaria alla difesa di uno Stato (come quello italiano) che non paga aziende che hanno lavorato per la Pubblica amministrazione, a pensionati (sentenze costituzionali) derubati oppure “esodati”, fino al blocco di contratti dei dipendenti pubblici. Poi si aggiusta tutto con la Legge di stabilità… Buonanotte!
E sempre a sinistra, c’è chi passa dall’occupazione delle fabbriche (in grave difficoltà) dimenticandosi completamente di strane realtà finanziare che hanno un posto già significativo in molte realtà italiane. Perché Maurizio Landini non chiede, ad esempio, chiarimenti, e magari promuove azioni conseguenti, sul Fondo delle “Vedove scozzesi”, oppure su quello delle “Parrocchie presbiteriane”, o ancora dei “Professori del Kansas”? Sono realtà finanziarie attive alla Borsa di Milano.
Ci sono molte persone, molti astenuti alle urne, ormai in servizio permanente effettivo, che attendono un’azione concreta e una visione complessiva sulle scelte politiche ed economiche. Si aspettano queste indicazioni soprattutto da sinistra. Ma forse questa sinistra è diventata solo bancaria e finanziaria e tollera anche le sparate di qualche vecchio massimalista? Se è così, Maurizio Landini diventa solo una “testimonianza” anacronistica del secolo scorso. Non un sindacalista moderno e tanto meno uno stimolo per una nuova politica economica di sinistra.