E’ sindaco di Palermo per la quarta volta. I tempi dell’Italia del Valori e poi di Rivoluzione civile sembrano lontani, eppure era solo il 2013, con Bersani che vinceva le politiche senza riuscire a formare un governo. Ora al governo c’è Renzi, ma per Leoluca Orlando “restano i vizi capitali della politica italiana da vent’anni a questa parte”. Il suo ex collega di Firenze li assomma tutti: eccesso di leaderismo politico, rottamazione senza progetto, attacco ai corpi intermedi. Ma c’è Mattarella, di cui Orlando condivide fino in fondo la cultura politica. 



Sindaco Orlando, ci parli di Roma vista da Palermo.
Stiamo assistendo a due fasi. La prima è quella della destrutturazione del sistema. E’ in atto un processo di destrutturazione del sistema politico-istituzionale, e bisogna capire se c’è una visione, un progetto per il dopo. Onde impedire che resti solo la destrutturazione.



E la seconda fase?
La ricostruzione dopo la rottamazione. E’ la fase che sto aspettando, credo di non essere l’unico. Per ora, restano i vizi capitali della politica italiana da vent’anni a questa parte.

Quali sono?
Io ne vedo quattro. Il protagonismo sui media degli stessi esponenti politici, quelli che affollano i talk-show. Con annessa crisi di rigetto. Poi c’è un eccesso di leaderismo. E’ trasversale, tiene insieme Renzi, Berlusconi e Grillo. Nasce dall’eccesso di burocratizzazione del sistema politico, dall’esigenza di comunicare e di apparire più che di essere.



Vada avanti. 
Terzo elemento, la tendenza alla riduzione del ruolo tradizionale delle assemblee elettive. Troppi privilegi di casta e la lentezza dei procedimenti legislativi hanno portato a questo. Quarto aspetto, quello più carico di conseguenze. La mortificazione dell’articolo 2 della Costituzione, là dove fa riferimento alle formazioni sociali. Da vent’anni stiamo assistendo alla demolizione dei corpi intermedi, dei partiti, dei sindacati, delle associazioni di categoria. In parte è anche colpa loro: si sono sclerotizzati.

Forse non hanno saputo far fronte alle nuove sfide, diventando dei centri di potere?
E’ esattamente ciò che dico io. Non c’è dubbio che la Camusso è antipatica, però il sindacato serve. Bersani può non piacere, ma i partiti servono. Orlando, a detta di tutti, fa schifo, però i comuni servono. Ridateci l’Anci e la Confindustria di una volta, quando facevano funzionare la prima repubblica, se non vogliamo che la politica diventi — e questo è un rischio che Renzi corre — un rapporto diretto tra elettori ed eletto. Invece che tra elettori ed eletti, al plurale.

Altrimenti?
Altrimenti il sistema Italia si sfalda, il che è esattamente quello che sta avvenendo. Si invoca la Germania, ma la Germania è un’altra cosa. In Germania esiste un sistema dei partiti, che funziona ed espelle un politico prima ancora che venga sottoposto a procedimento penale; esiste un sistema dei sindacati, che fa resistenza quando arriva il Marchionne di turno; esiste un sistema dei comuni, dove i sindaci sono una realtà vera nella tenuta del sistema democratico.

Cosa pensa della riforma costituzionale? 

Mortifica ulteriormente le autonomie locali. Si vuol fare un Bundesrat italiano, nella realtà si fa una camera composta da senatori che rappresentano i comuni ma che vengono scelti dai consigli regionali. E’ una violazione bella e buona del principio costituzionale che pone sullo stesso piano comuni, città metropolitane e regioni e la mortificazione definitiva di una dimensione istituzionale e politica necessaria, ridotta ormai da anni a svolgere la parte di esattore per conto terzi.

Tra i terzi ora c’è anche Renzi?
Sì, perché il metodo è lo stesso: taglio dei trasferimenti, fiscalità alleggerita al centro ma ricaricata sui cittadini con la faccia dei sindaci.

E il resto della riforma?
Mi risulta che l’articolo 49 non sarà modificato. Prevede che i partiti svolgano la loro attività con metodo democratico, ma continua ad essere inattuato. Con l’aggravante di trasformare il sistema politico, privo di realtà di filtro e di mediazione delle scelte politiche, in una giungla, dove al posto dei partiti avremo un’accozzaglia di bande in conflitto. Dietro ognuna delle quali stanno soggetti la cui verifica democratica non avviene mai. Né mediante legittimazione democratico-elettorale, né mediante legittimazione democratica interna all’organizzazione. 

Mattarella e Grasso, al contrario, insistono sulla fedeltà al mandato parlamentare. Un argine istituzionale destinato a scontrarsi con il leaderismo politico di chi comanda?
In questa fase il presidente della Repubblica e quello del Senato hanno il compito di svolgere esattamente un’azione di richiamo per evitare gli eccessi e le derive che ho detto. 

Ma più di questo possono fare?
Hanno i limiti del loro ruolo istituzionale. Ma non c’è dubbio che la storia politica del presidente della Repubblica è all’opposto di ogni eccesso di protagonismo e di leaderismo politico. In più, il rispetto del ruolo del parlamento e la tradizione cattolico-democratica, così attenta ai mondi vitali e ai corpi intermedi, sono oggi un elemento di riequilibrio indispensabile.

Lo stile di Napolitano e lo stile di Mattarella. 
Fanno entrambi i presidenti della Repubblica.

Intende dire che qualcuno lo fa indebitamente?
No, perché? Il problema non è se intervieni o no, ma il motivo. Mi pare che nell’uno e nell’altro caso questo avvenga o sia avvenuto all’interno del ruolo istituzionale.

Sergio Mattarella è stato voluto da Renzi, che sul suo nome, dopo la rottura di Berlusconi, ha unito tutta la sinistra. Un fattore limitante per Mattarella?
Assolutamente no. Nella nostra storia i presidenti della Repubblica sono stati sempre “altro” rispetto a quello che uno si immaginava che fossero in base alla maggioranza che li aveva eletti. Piuttosto è vero il contrario: occorre evitare di pensare al capo dello Stato come se fosse il presidente del Consiglio, che rimane sempre espressione della maggioranza che gli ha dato la fiducia. Non così il primo.

Renzi se lo ricordi. Giusto?

Come ho detto quando Mattarella è stato eletto, Renzi nel contribuire in maniera determinante alla sua elezione ha fatto un capolavoro, perché ha realizzato un contrappeso rispetto al premier. 

Dunque rispetto a se stesso?
Se lo ha fatto consapevolmente merita gli applausi, se l’ha fatto inconsapevolmente li merita lo stesso.  

Cosa si attende ora dal presidente del Consiglio?
Che presenti al più presto una proposta di legge, che manca dal ’48, per garantire il metodo democratico all’interno dei partiti, evitando che si dissolvano e che si vada verso uno scontro tra bande senza legittimazione democratica.

(Federico Ferraù)