Nell’intrecciarsi delle notizie diffuse ieri dalle agenzie di stampa a proposito delle unioni civili sorprende da un lato la durezza con cui la Cirinnà risponde ad Area popolare, che lamentava di non essere stata coinvolta nella nuova versione, sostenendo che il “nuovo” testo in realtà era disponibile in Commissione giustizia già da sei mesi. Conferma abbastanza seria di come, di fatto, nel nuovo ddl di nuovo non ci sia nulla, se è lo stesso di sei mesi fa… L’accusa rivolta ad Area popolare è quella di non aver preso in considerazione il testo base, perché troppo concentrata nella presentazione di emendamenti che migliorassero il testo. Strana accusa rivolta ad un gruppo parlamentare che sta contribuendo in modo risolutivo all’approvazione del decreto Boschi sulle riforme ed è sempre leale nella sua collaborazione in parlamento e con il governo.
In ogni caso, date le voci sul nuovo testo Cirinnà ci siamo dedicati alla ricerca presso gli uffici competenti del Senato per conoscere il testo aggiornato, e la risposta è stata lapidaria: non abbiamo nessun testo nuovo. E quindi non resta che attenersi ai rumors. I rumori che precedono il temporale, e quindi sembrano in un certo senso anticipare quello che a tutti gli effetti potrebbe apparire come l’anticipo di uno scontro in aula, già dalla prossima settimana. Uno scontro a cui sarebbero sottoposti coloro che sono sopravvissuti alla riforma Boschi, e che a stretto giro di vite sperimenteranno un nuovo confronto non privo di asprezze.
Ma per tornare ai rumori, ai cambiamenti annunciati e immediatamente respinti al mittente da Lupi, Sacconi, Roccella, anche da me… Cosa prevederebbe questo nuovo testo? Il condizionale è d’obbligo. Sembra che inglobi la premessa già approvata in Commissione giustizia, che definisce le unioni civili una “specifica formazione sociale”. Una definizione che dovrebbe rendere più esplicita la distanza tra le coppie di fatto e il matrimonio e nell’articolo 1 dovrebbe sparire il riferimento allo specifico “registro delle unioni civili”. Sarebbero precisati meglio, in forma più stringente, i casi in cui non si potrà accedere al nuovo istituto.
Nell’articolo 3 dovrebbero sparire molti riferimenti diretti agli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio. Però scomparsi nella forma, sono recuperati nella sostanza, con una formulazione leggermente diversa, che evita la parola famiglia. Nulla cambia in merito alla stepchild adoption, che resta identica anche in questa versione. La possibilità di “adottare il figlio anche adottivo dell’altro coniuge” verrebbe estesa anche alle unioni civili. Sembra che sia prevista – dopo tante polemiche circa i costi – la copertura finanziaria per estendere anche alle unioni omosessuali la pensione di reversibilità. La legge inoltre avrebbe efficacia fin dal momento della sua pubblicazione in Gazzetta, mentre si allungherebbero i tempi per quel che riguarda la normativa delegata al governo, che dovrà emanare una serie di decreti legislativi per armonizzare la nuova legge con l’ordinamento attuale, in particolare per normare la registrazione delle nuove coppie e la trascrizione in Italia dei matrimoni contratti all’estero. Materia che crea non poche tensioni tra Pd e Area popolare.
In definitiva girano molte voci, soprattutto sulle agenzie di stampa, ma a questo punto della giornata non è stato possibile avere il testo nella versione che arriverà in Aula. Non è chiaro se prevalgono ansie e timori da una parte e dall’altra, oppure se ci sia la speranza di ulteriori trattative per migliorare il testo in modo da renderlo più accettabile anche dalle forze di maggioranza, dal momento che la mediazione raggiunta finora è tutta interna al Pd. Non c’è dubbio che l’ultima versione, appena sussurrata tra i colleghi dei diversi partiti, non offra sufficienti garanzie a una gran parte di Area popolare. La revisione sembra più di facciata che di sostanza. Per alcuni questo ddl marcia troppo lentamente, per altri è sottoposto a un’accelerazione eccessiva in questa fase della vita parlamentare, già così complessa e conflittuale, come si vede bene al Senato.
Se per tutti è chiaro che una buona legge possa e debba garantire i giusti diritti delle persone omosessuali, è altrettanti chiaro che occorra ribadire la netta differenza tra matrimonio e unione civile, non solo nella terminologia, ma nella sostanza concreta. Occorre inoltre bloccare in modo chiaro e definitivo il ricorso all’utero in affitto e la stepchild adoption prevista dal ddl Cirinnà incentiva la pratica dell’utero in affitto, che stravolge il naturale senso della maternità. Su questi due punti abbiamo impostato fin dall’inizio la nostra contrarietà al Cirinnà, disegno di legge non solo confuso e pasticciato, ma anche lesivo dei diritti di molte altre persone, da quelli del bambino, condannato a nascere in condizioni di precarietà affettiva, a quelli delle donne “costrette” ad affittare se stesse in vista di una maternità che non gli appartiene e non gli apparterrà mai.