Il dado è tratto, o quasi. Da questa settimana con ogni probabilità, il panorama politico italiano si arricchirà di un nuovo protagonista, Diego Della Valle. A quel punto, però, il caos nell’area moderata raggiungerà il suo apice.

C’è un affollamento da metropolitana nell’ora di punta per contendersi le spoglie di quello che fu l’elettorato berlusconiano. C’è un vuoto gigantesco da riempire, e ci provano in tanti ad approfittarne, anche perché in politica i vuoti non esistono. Sembra quasi una nemesi storica: il berlusconismo, cominciato colmando il vuoto creato dal crollo del pentapartito, finisce lasciando in eredità un vuoto non meno rilevante.



Salvini, Alfano, Fitto, Tosi, Verdini, Meloni, ma anche Passera e ora Della Valle: i progetti sono decisamente troppi, e troppo in conflitto fra di loro. E a risentirne di più è proprio ciò che rimane dell’ex “balena azzurra” forzista, dove passa la linea di demarcazione fra i sostenitori del patron della Tod’s, detto “lo scarparo” o “il ciabattino”, e quelli che guardano al rapporto privilegiato con la Lega.



Da Salvini, infatti, bisogna partire, dal momento che il leader del Carroccio 3.0 (l’1.0 era di Bossi e il 2.0 di Maroni) è in questo momento l’azionista di maggioranza dell’area moderata. Se si valuta quest’area intorno al 30% dei consensi potenziali, la Lega ne vale grosso modo la metà. Abbastanza per essere imprescindibile, non abbastanza per esercitare un’egemonia alla Berlusconi dei bei tempi andati.

Il primo a rendersi conto di questo stato di cose è proprio Salvini, che infatti non insiste affatto su una propria candidatura a Palazzo Chigi. Sull’argomento si tiene abbottonato. Dicono alcuni suoi fedelissimi che abbia una carta coperta che risponde al nome del governatore veneto Luca Zaia, ma non chiude le porte a nessuno, almeno in questa fase. Una cautela che lo fa manifestare disponibilità al confronto con chiunque voglia abbattere il renzismo, Della Valle compreso. A maggior ragione questo Salvini moderato ha preso spazio dopo la manifestazione di Bologna, dove la contemporanea presenza sul suo palco di Berlusconi e della Meloni gli ha consegnato la patente del federatore.



Effetto collaterale (sgradito) della kermesse di Piazza Maggiore è stato un ulteriore passo avanti del processo di sfarinamento della galassia berlusconiana. In molti dei colonnelli di Arcore hanno giudicato un errore la presenza a Bologna dell’anziano leader di Forza Italia, dal vecchio Altero Matteoli alla giovane europarlamentare Lara Comi. Lei addirittura si è espressa senza mezzi termini a favore di Della Valle, “uomo del fare”, come anti-Salvini.

Lui, il magnate marchigiano delle scarpe di lusso, fiorentino d’adozione, scioglierà il nodo in settimana. Da tempo ha messo in piedi un piccolo movimento “pre-politico”, “Noi Italiani”, e sembra davvero pronto a scendere in campo. E in quel caso nessuno può attendersi che faccia il semplice comprimario, o il portavoce di decisioni altrui. Non è nella sua natura, non potrebbe che rivendicare il timone dello schieramento. 

Da aperto sostenitore di Renzi, all’epoca delle primarie con Bersani, Della Valle è diventato suo acerrimo nemico. Lo ha definito dannoso, invocando l’intervento di Mattarella. Colpa — dicono — del feeling scoppiato fra Renzi e Marchionne. Lui, Della Valle, ha una storia centrista, testimoniata dall’amicizia storica con Clemente Mastella. Lui forse potrebbe riuscire a fare da ponte fra la galassia centrista alfaniana e la destra a trazione nero-verde di Salvini e Meloni, che a livello europeo guarda alla Le Pen, e non al Ppe.

L’impresa è titanica, e potrebbe anche non riuscire, viste le asperità caratteriali dei personaggi. Eppure tutti i protagonisti del centrodestra sembrano aver metabolizzato la necessità di dar vita a un listone unico per poter avere reali chanches di vittoria con la nuova legge elettorale, l’Italicum. Se non si arriverà a un’intesa, il centrodestra diventerà residuale rispetto a uno scontro che sarà tutto imperniato su Pd e Movimento 5 Stelle.

Il rischio della residualità potrebbe materializzarsi già alle prossime elezioni amministrative. Basta pensare a Roma, e al ruolo dirompente che potrebbe avere la candidatura di Alfio Marchini, subito bocciata dalla Meloni. Della Valle, insomma, rischia a livello nazionale di spaccare il fronte moderato allo stesso modo di Marchini a Roma, facendo un inatteso regalo proprio a quel Renzi con cui sino a un anno fa andava a braccetto allo stadio per tifare la Viola. 

Molto dipenderà dalle mosse di Berlusconi, che non ha ancora capito se la discesa in campo di Della Valle si configura come un’opa ostile o amichevole su quel che resta di Forza Italia. Una diffidenza manifestata anche in tv, dove l’ex Cavaliere si è detto certo che “lo scarparo” non scenderà in politica. Troppo gente da convincere, quindi, bisognerà vedere se Della Valle avrà la pazienza di ricucire assieme i fili strappati di una proposta elettorale di centrodestra credibile, che oggi manca del tutto.