“Dopo i fatti di Parigi il Pd non perde voti, mentre la Lega nord ne guadagna ma è ben lontana dall’avere i numeri per governare”. Lo afferma Roberto Weber, sondaggista di Ixé, secondo cui il passaggio del testimone da Berlusconi a Salvini durante la manifestazione di Bologna della settimana scorsa ha fatto perdere all’intera compagine di centrodestra l’1,5%. Negli ultimi sei mesi invece l’M5S ha guadagnato l’1,5%. Il 25-30% degli italiani ritiene che gli immigrati siano una minaccia, ma solo una parte di loro vota per la Lega nord.



Weber, in che modo gli attentati di Parigi incidono sulla politica italiana?

Le posizioni assunte ieri da Renzi e l’autorevolezza che ha mostrato pagheranno. Non mi aspetto d’altra parte che la Lega travalichi il perimetro dei suoi elettori abituali. Il discorso di Renzi è piaciuto per il richiamo a una soluzione condivisa, in quanto non si può lasciare fuori la Russia. Gli italiani sono naturalmente mediatori, lo abbiamo fatto per migliaia di anni. Nella nostra opinione pubblica c’è sempre una componente di ragionevolezza, sia pure magari guidata dall’interesse. In questo modo Renzi riesce a contenere le prese di posizione un po’ scomposte che vengono da più parti.



A che cosa si riferisce?

Mi ha colpito che lo stesso Paolo Romani (Forza Italia), riferendosi al titolo di Libero “Bastardi islamici”, abbia detto: “Se siamo persone responsabili non possiamo condividere quel titolo”. Significa che la stessa Forza Italia è preoccupata per i toni usati. Questi ultimi rappresentano una vera e propria deriva che cancella chi se ne lascia coinvolgere, in quanto si tratta di una posizione che non ha senso di esistere e non riscuote consensi.

Ma quindi il Pd perde o guadagna voti?

Il Pd di Renzi non perde voti, e questo è importante. Il grande giocatore di poker è quello che perde meno quando le carte sono brutte. Renzi in questa mano si è trovato con delle carte che non sono eccezionali, ma le sta usando bene.



E la Lega nord?

La Lega guadagna di sicuro, ma non si può dire altrettanto per il centrodestra. Già all’indomani della manifestazione di Bologna, con la cessione di sovranità da parte di Berlusconi, il centrodestra nel suo complesso ha perso l’1,5%.

L’M5S è sembrato defilato rispetto ai fatti francesi. Quali saranno le conseguenze sul piano elettorale?

L’atteggiamento defilato gioverà all’M5S. Su musulmani e immigrati gli italiani hanno le idee molto chiare. I media tendono ad alzare l’asticella, attaccando l’intero mondo musulmano, ma la gente poi prende le distanze da questi toni. Siccome l’M5S sta zitto alla fine sarà premiato, tanto è vero che stiamo assistendo a una crescita continua. In sei mesi i Cinque Stelle sono cresciuti dell’1,5%: si tratta di un incremento enorme.

Chi ci perde e chi ci guadagna dallo scontro tra Alfano e Salvini?

Alfano si trova in una posizione molto difficile. Deve gestire una situazione in cui è responsabile della sicurezza degli italiani, è tirato per la giacca ed è ragionevole che Salvini ci guadagni. La vera questione è se Salvini abbia una finalità di lungo periodo, e quindi di acquisizione di egemonia in Italia. Personalmente però lo ritengo impossibile in quanto il segretario punta ad avere una Lega tra il 17 e il 20%, in grado di condizionare il dibattito in Italia.

 

Salvini ha già rinunciato in partenza a governare?

Se ci pensa a mente fredda lo sa anche lui che non può farcela. La Lega è come un atleta di salto in alto che normalmente raggiunge i 2 metri e 20 centimetri. In un’annata eccezionale può anche arrivare a 2 metri e 28, ma le gare si vincono da 2 e 35 in su. Dopo di che non escludo che il Pd possa prendere una batosta alle amministrative di primavera, e che quindi Renzi si debba dimettere, ma non è l’ipotesi più probabile. Se dovessi scommettere come si fa sui cavalli, direi che do le dimissioni di Renzi 3 a 1, mentre do 2 a 1 il fatto che continui a governare.

 

Qual è la percentuale di italiani che vedono gli immigrati come una minaccia?

Sono il 25-30%. Non tutti però vanno a votare, anzi tra chi abitualmente si astiene la sensazione di essere minacciato è molto più forte. O magari vanno a votare, ma lo fanno anche in base ad altri elementi come il senso di protezione fornito da una misura piuttosto che da un’altra. O magari dal senso di esclusione che producono determinati interventi.

 

Quindi alla fine gli italiani che hanno paura degli immigrati sono molti di più di quelli che votano per la Lega?

Questo è ragionevole: il passaggio da un’emozione a un’azione si nutre di tante cose. Al momento del voto si condensa un crogiolo di motivazioni. La paura degli immigrati si mescola ad altri ingredienti, mentre Salvini esprime la paura su un unico binario ed è ben lontano dal fare della sua offerta politica un piatto commestibile per tutti.

 

(Pietro Vernizzi)