Nel diluvio di parole che da una settimana sommerge il mondo intero sulla questione terrorismo dopo gli attentati di Parigi, rischiano di non lasciare traccia quelle che il nostro presidente Sergio Mattarella ha detto di recente, sintetizzabili in tre frasi: no ad iniziative unilaterali; occorre una risposta culturale; occorre affermare i valori del nostro umanesimo.



La prima è solo oggi abbondantemente utilizzata soprattutto dai politici europei, ma Mattarella l’ha pronunziata il 6 ottobre scorso in un’intervista alla agenzia Tass. Ecco il testo. “Il terrorismo fondamentalista è forse la principale frontiera che avremo di fronte nei prossimi anni. Per questo è necessaria una risposta di collaborazione di tutti i Paesi nell’ambito della comunità internazionale. Non soltanto per contrastarlo ma anche per rimuovere le cause che lo originano. Occorre una risposta con la forza e una risposta culturale per sconfiggere la predicazione di odio che, attraverso internet, viene diffusa dal terrorismo fondamentalista”. 



A quella data nessuno poteva immaginare quanto sarebbe successo poche settimane dopo a Parigi, ma tutti gli Stati e i Governi, soprattutto quelli europei, hanno continuato a comportarsi in modo unilaterale, tentando di giustificare il proprio operato, anche quando si è tradotto in azioni di guerra, con la pretesa di fare del bene. Tra l’altro l’intervista è stata concessa alla Tass che non è certo un’agenzia giornalistica italiana.

Nella stessa intervista Mattarella ha affermato che la cultura può essere la vera risposta al terrorismo. Questo concetto è stato ulteriormente approfondito nell’intervento svolto il 19 novembre a Palazzo Vecchio a Firenze, quando ha affermato: “Quello del terrorismo, è un tentativo di guerra globale dalle modalità inedite quello che sta deturpando l’inizio del nuovo millennio. Dobbiamo essere uniti, essere determinati e insieme affermare i principi del nostro umanesimo. Non può mancare il senso di giustizia, né la disponibilità a cooperare per uno sviluppo sostenibile e per ridurre le aree dove prevale la violenza e lo sfruttamento”. E più avanti: “Dobbiamo garantire sicurezza ai nostri concittadini senza rinunciare alle libertà conquistate, affrontare il fanatismo e l’estremismo con assoluta fermezza, e promuovere il dialogo fra le culture e la tolleranza. Difenderemo la qualità delle nostra civiltà e la offriremo al mondo, rimanendo fedeli ai valori che l’hanno ispirata e affinata nel tempo”.



Perché questi tre concetti possono aiutare lo smarrito popolo europeo almeno a guardare nella direzione giusta, in attesa di imboccare la direzione giusta?

Perché fanno appello a ciò che ancora rimane della sua sbiadita identità: la sua umanità e la sua storia. Tutti si prodigano in consigli sul che fare, soprattutto nel come fare una guerra cui nessuno intende personalmente partecipare, ma nessuno si azzarda a dire da dove ricominciare. Non basta infatti affermare che bisogna proseguire. E’ palese che la strada fin qui percorsa dall’Occidente non è più in grado di dare una prospettiva di speranza, altrimenti la paura che attanaglia tutti sarebbe già sconfitta. Solo la certezza di una vittoria può far intraprendere una guerra; ed invece dubbiosi sulla nostra vittoria, speriamo che gli altri facciano la guerra anche per noi. 

E poi rimane il tema della cultura, verrebbe da dire quella con la C maiuscola, quella che non si bea dell’effimero, ma che attraversa i secoli. In Europa ne potremmo esportare a tonnellate, ma ormai non ci crediamo più, vittime designate di un meccanismo che abbiamo creato noi stessi. Basti guardare non solo a come sono ridotte in Italia università e scuole in genere, ma come vivono alla giornata docenti di ogni ordine a grado, incerti su un domani in cui nemmeno la stipendio o la pensione è un dato acquisito. Figurarsi come possono dare speranza ai giovani che non hanno certezza se diventeranno un giorno adulti e lavoratori.

Nel suo recentissimo libro La Bellezza disarmata don Julián Carrón pone una domanda in questi giorni di bruciante attualità: “Quando coloro che abbandonano le loro terre arrivano da noi alla ricerca di una vita migliore, quando i loro figli nascono e diventano adulti in Occidente, che cosa vedono? Possono trovare qualcosa in grado di attrarre la loro umanità, di sfidare la loro ragione e la loro libertà”? Il libro offre una precisa e chiara risposta, ma intanto c’è chi si è spinto ad affermare che sono proprio l’uomo e la sua umanità ad uscire sconfitti dagli attentati di Parigi. 

Mattarella, anche con l’autorevolezza della sua carica istituzionale, indica dove guardar ed un punto da cui ricominciare. 

In attesa di sconfiggere l’Isis con le bombe forse potremmo cominciare a ricostruire o ad approfondire la nostra umanità alquanto derelitta.