Fra vent’anni Mario Calabresi sarà ancora un anno più giovane di Ezio Mauro, che ieri è stato chiamato a sostituire alla direzione di Repubblica. Una direzione durata vent’anni: come quella del predecessore, il fondatore Eugenio Scalfari. Tuttora editorialista fisso della domenica: a 91 anni. Calabresi segue, due decenni dopo, le orme di Mauro, collaudatosi direttore alla Stampa. Prima di lui a Torino si era fatto le ossa Paolo Mieli, presto passato al Corriere della Sera: a inaugurare — in alternanza con Ferruccio De Bortoli — un altro ventennio direzionale abbondante (forse in realtà non ancora concluso dopo l’avvento di Luciano Fontana in Via Solferino, dal sapore molto tecnico).
Se al giovane Mieli era stata preconizzata la direzione della giovane Repubblica, Calabresi si è visto negli ultimi anni citare insistentemente come possibile inquilino nel celebre studio di Luigi Albertini, al Corriere. Nei fatti era stato designato già da molti anni alla guida del maggior concorrente: per volontà precisa sia dell’editore Carlo De Benedetti che di Mauro stesso. L’investitura — è noto — avvenne quando il meno che quarantenne figlio del commissario Calabresi fu inviato negli Stati Uniti per completare il suo curriculum.
I due grandi editori “non puri” della finanza italiana — la famiglia Agnelli e Carlo De Benedetti — paiono dunque continuare a tirare le fila ultime della grande stampa nazionale: anche se non c’è più il principe Carlo Caracciolo a fare da suprema trait-d’union editoriale fra due case rigorosamente sabaude. Gli Agnelli primi azionisti del Corriere resuscitato dal crack politico-finanziario targato P2; Repubblica messa in sicurezza dall’Ingegnere burrascosamente transitato sia per la Fiat che per il Vecchio Ambrosiano. Se De Benedetti è quello di allora — con due ventenni in più — alla guida di casa Agnelli c’è il pronipote dell’Avvocato. Continueranno a co-gestire grandi testate e prestigiose direzioni? Chissà.
Non è detto che il rinnovamento nella continuità incarnato da Calabresi (giovane caporedattore a Repubblica) non assuma presto contorni più “nuovisti”, per esempio con l’arrivo — si sussurra — di un giovane vice di matrice anglosassone: di quelli che — peraltro — vengono normalmente attribuiti alle infatuazioni di Yaki Elkann. Il quale, a sua volta, viene “continuisticamente” dipinto — in questi giorni — intento a scegliere fra Massimo Gramellini — vicedirettore alla Stampa — o Gianni Riotta, ex condirettore. Oppure desideroso di disfarsi in fretta del 16% di Rcs, pur sempre la prima quota del Corriere. E se invece stupisse anche lui tutti con qualche mossa a sorpresa? La “vacanza” alla Stampa non coincide forse con l’apprensiva vigilia dell’assemblea straordinaria di Rcs per decidere un aumento di capitale che chissà mai se si farà?