“Fino a che era un Paese di frontiera tra Occidente e blocco sovietico, l’Italia poteva avere una sua politica estera autonoma. Oggi non è più così, e per riempire questo vuoto Renzi è la persona giusta al posto giusto perché è il re delle chiacchiere e il condottiero di un esercito immaginario”. E’ il commento di Rino Formica, politico socialista negli anni 80 e 90, dopo la visita di Matteo Renzi in Francia per discutere di lotta al terrorismo insieme a François Hollande. L’Italia continuerà a essere presente in Iraq con due Predator, un velivolo per il rifornimento in volo e quattro Tornado. Per il momento invece non fornirà alcun supporto all’intervento degli alleati in Siria.



Formica, che cosa si aspetta Hollande dall’Italia?

Hollande si aspetta che l’Italia faccia parte attiva della coalizione per l’intervento in Siria contro lo stato islamico. Quando si tratta di dire tutto e il contrario di tutto, Renzi è sempre uno specialista. E’ probabile che abbia assicurato l’intervento attivo e il coordinamento. La vera questione da capire è quale sia la linea di politica estera dell’Italia, cioè se noi siamo protagonisti di una politica estera autonoma o se facciamo parte di una coalizione. E quindi nel secondo caso come vediamo la politica estera di coalizione.



Lei come vede la coalizione europea contro l’Isis?

L’Europa non ha una politica estera, e non a caso la Mogherini in tutta questa vicenda è scomparsa. Si è ricomposta una politica estera che accomuna Francia, Regno Unito e Germania. In questo momento c’è un centro dominante, che è appunto quello del triangolo Parigi-Londra-Berlino.

Questi tre Paesi possono fare da traino per l’Ue?

Non hanno bisogno di fare da traino, sono le altre nazioni che cercano di essere trainate. Non esiste un particolare interesse di Parigi o Berlino a trainare il Portogallo, la Grecia o l’Italia. Questi ultimi Paesi devono dire semplicemente se desiderano agganciarsi al traino o meno.



Perché l’Italia non è più in grado di perseguire una politica autonoma in Medio Oriente?

Fino al 1989, con il mondo diviso in grandi aree d’influenza, l’Italia era un Paese di frontiera. Per questo motivo ci eravamo ritagliati un pezzo di politica estera che senza contraddire l’alleanza occidentale ci dava però un margine per avere una linea rispettata anche dall’altro campo. Eravamo frontiera Est-Ovest e Nord-Sud. Avevamo interesse anche a essere rispettati dai contendenti in lotta tra mondo arabo e israeliano e tra Occidente e Unione Sovietica.

Quali erano le caratteristiche di questa politica estera autonoma?

L’Italia aveva una politica estera per un terzo vaticana, cioè universalista, per un terzo semi-neutralista e per un terzo mercantilista, cioè finalizzata a commerciare bene con tutti. Queste tre componenti erano poi condite dalla salsa occidentale, in quanto l’Italia faceva parte della Nato. Quindi il nostro Paese poteva condurre il suo gioco liberamente a condizione che non tradisse l’Alleanza Atlantica. La caduta del blocco comunista ha portato alla creazione di tanti Stati nazionali privi di una frontiera sovranazionale.

Oggi l’Italia può ambire ancora a ritagliarsi un suo spazio?

Per ritagliarselo ha bisogno del supporto di una grande forza militare, economica, sociale e istituzionale. L’Italia infatti è debole dal punto di vista sociale, debole dal punto di vista economico e inesistente dal punto di vista militare. Possiamo fare il pattugliamento dell’operazione Mare Nostrum e mandare quattro Tornado in Iraq. Ma i nostri aerei militari sembrano le quattro vacche di Fanfani in Calabria: le spostiamo da un punto all’altro per fare bella figura, ma sono sempre quelle.

 

Che cosa possiamo fare quindi?

Oggi serve una politica estera di entità sovranazionale. Le entità nazionali che vogliono avere una politica estera devono essere soggetti forti e autonomi dal punto di vista militare, economico e istituzionale. Per riempire questo vuoto Renzi però è bravissimo perché è il re delle chiacchiere e il condottiero di un esercito immaginario.

 

Lei dice che non esiste una politica estera europea. E’ possibile almeno un coordinamento sul piano della sicurezza?

Gli apparati di sicurezza hanno delle gelosie legate anche al livello di responsabilità. Se succede un incidente a Roma, l’apparato di sicurezza dell’Italia non può invocare il fatto che Berlino non ha condiviso le informazioni. La polizia italiana è responsabile del territorio sotto la sua competenza. La sicurezza è innanzitutto il possesso di informazioni. Chi possiede le informazioni e ha la responsabilità di tutelare la sicurezza di un territorio, non ha motivo per trasmetterle a responsabili di altri territori.

 

(Pietro Vernizzi)

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