“Se le amministrative assumono un rilievo nazionale Renzi è un uomo morto. Proprio per questo gli conviene fare le primarie, per mettere la maggiore distanza possibile tra la sua persona e i candidati del Pd”. E’ la chiave di lettura di Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista ed ex direttore di Liberazione. In corsa a Milano ci sono Giuseppe Sala, ex commissario di Expo, il vicesindaco Francesca Balzani e il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti. A Napoli la sfida sarà tra Luigi de Magistris e Antonio Bassolino, mentre a Roma potrebbe scendere in campo l’ex ministro Pdl Giorgia Meloni. In un’intervista al Corriere della Sera l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, ha dichiarato: “In tutti i partiti è in atto un processo di caporalizzazione. L’adesione non avviene per una condivisione di valori, ma per la collocazione nella scia di un capo”.
Partiamo dalle parole di Violante. E’ ciò che sta avvenendo anche nel Pd?
Non è certo una cosa che mi stupisce. I partiti politici hanno smesso di esistere con il congresso del 2007 da cui è nato appunto il Pd. Gli ultimi due partiti in Italia sono stati Pds e Alleanza Nazionale, cioè l’ex Pci e l’ex Msi. Tutti gli altri erano stati spazzati via dai giudici con Tangentopoli. L’ultimo atto di massa del Pd sono state le primarie che hanno portato all’elezione prima di Walter Veltroni e poi di Pier Luigi Bersani. Dopo le politiche del 2013, pur avendo vinto le primarie, Bersani è stato rimosso dal suo incarico e quella è stata la morte definitiva del partito.
Perché la morte dei partiti è arrivata proprio in questa fase?
E’ una fase che è coincisa con un processo europeo di riduzione della democrazia in tutti i Paesi Ue, ma soprattutto in quelli più deboli quali Italia, Spagna e Grecia, per quella che Hegel avrebbe chiamato l’“astuzia della ragione”. Tra lo scioglimento dei partiti in Italia e la riduzione della democrazia richiesta dall’Ue c’è stata una coincidenza che è stata forse casuale, ma dove la prima è stata funzionale alla seconda.
Come se ne esce?
Se il Pd non c’è più non ci si può fare molto. La democrazia può rinascere solo dal basso e dal ritorno in campo degli intellettuali.
Il Pd però a livello nazionale non ha rivali, mentre sul territorio è in liquefazione. Come si spiega questo paradosso?
A livello nazionale il Pd è avanti a tutti perché Matteo Renzi è il leader più in vista, ma sul piano locale tutti i partiti sono in liquefazione. I vari schieramenti tra l’altro sono molto in difficoltà nella ricerca dei candidati, per scongiurare che Grillo vinca ovunque. A Milano, Forza Italia sembra voglia candidare Sallusti che è un giornalista e non si capisce che cosa c’entri come sindaco. Secondo un sondaggio della Ghisleri, se va al ballottaggio Sallusti perde con il 20% di distacco: alla fine quindi non si candiderà.
A sinistra intanto Pisapia e Sala sono ai ferri corti. Si rischia una spaccatura?
E’ probabile, anche perché Pisapia non fa parte del Pd. La candidatura di Sala è stata lanciata sulla scorta del fatto che la stampa ha proclamato il successo dell’Expo. Nella realtà però non si è trattato di un grande successo, e alla fine durante la campagna elettorale l’Expo sarà passato al tritacarne. E’ possibile quindi che Sala alla fine si trovi in difficoltà.
Pisapia ha lanciato il vicesindaco, Francesca Balzani. Ha maggiori chance di vincere?
Pisapia pensa probabilmente che la Balzani sia più forte. Comunque ci troveremmo di fronte a candidati sconosciuti sul piano nazionale, ma poco noti anche sul piano milanese.
Come vede la sfida De Magistris-Bassolino per Napoli?
Bassolino è in grado di vincere a prescindere dal fatto che Renzi lo appoggi o meno. Il premier tra l’altro non si è mai esposto direttamente, ma alla fine può darsi che gli convenga dare il suo sostegno. Bassolino comunque vada parteciperà alle elezioni, la partita con De Magistris sarà combattuta ma il primo è in vantaggio anche perché come sindaco è stato quello dei due che ha governato meglio
Chi deve candidare il Pd a Roma per avere qualche speranza di vincere?
Come minimo il Papa. In qualsiasi altro caso, dopo l’operazione Marino quella di Roma è una partita persa. Renzi dovrà trovare una persona disposta a sacrificarsi perché chiunque si candida per il Pd sa che non vince. Contro l’M5S lo stesso Marchini ha poche chance, mentre la Meloni se la può giocare. Non è da escludere che la Meloni ce la possa fare, per i Cinque Stelle è presto per cantare vittoria. Anche se Roma è la città dove Grillo ha le maggiori possibilità.
A Renzi conviene indire le Primarie o scegliere lui i candidati?
Alle amministrative il Pd perderà quasi dappertutto. A Renzi conviene concedere almeno le Primarie, evitando il gesto autoritario di imporre un candidato. In un partito che si è auto-inventato sull’idea delle Primarie e della democrazia diretta, cancellandole non si fa certo una bella figura. Del resto l’unica possibilità di vincere che ha il Pd è a Torino, dove è scontato che il candidato sarà Fassino.
Intende dire che queste amministrative sono irrilevanti per il futuro del governo?
L’operazione che deve fare Renzi è proprio di renderle irrilevanti, perché se saranno rilevanti lui è già morto. In questo senso gli conviene fare le Primarie. Se invece incomincia a imporre i suoi candidati dopo è costretto a vincere. Se fossi in lui invece cercherei di mettere il maggiore spazio possibile tra la leadership nazionale e i candidati alle amministrative.
(Pietro Vernizzi)