“Con i tagli alla sanità pubblica e la riduzione delle tasse, Renzi è il primo politico in Italia ad attuare una politica reaganiana pura. Il leader del principale partito di centrosinistra sta facendo una politica di destra, mentre la Dc e Berlusconi sono sempre stati dei centristi”. E’ l’analisi di Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Cronache del Garantista, ex direttore di Liberazione ed ex corrispondente dell’Unità dagli Stati Uniti. Ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e i rappresentanti delle Regioni si sono incontrati per fare il punto sui tagli alla sanità. Nel frattempo i fuoriusciti del Pd Pippo Civati, Stefano Fassina, Monica Gregori, Corradino Mineo, Alfredo D’Attorre, Carlo Galli e Vincenzo Folino, alcuni dei quali bersaniani di stretta osservanza, hanno annunciato che formeranno un nuovo gruppo con Sel. Anche se per Sansonetti “Pierluigi Bersani, insieme a D’Alema e Veltroni, sono i dirigenti che hanno prodotto il renzismo. Mi domando se i parlamentari che vengono da quell’area possano essere l’antidoto in grado di sconfiggere lo stesso Renzi”.



Le Regioni vanno all’attacco della legge di stabilità in ordine sparso. Hanno ragione?

Il vantaggio di Renzi è che si trova sempre ad andare allo scontro con avversari in ordine sparso: anche le Regioni lo sono. Il merito dello scontro è che Renzi vuole ridurre lo Stato sociale, con una manovra che non parta dal centro bensì che riguardi il welfare distribuito da enti locali e Regioni. Dopo di che, Renzi ci mette sempre del suo, come documenta la sua frase “Adesso ci divertiremo”. Nella prima repubblica un presidente del Consiglio dopo una dichiarazione simile si sarebbe dovuto dimettere, ma Renzi non soltanto non paga pegno bensì ne esce addirittura rafforzato. La sostanza dello scontro comunque è molto semplice: Renzi vuole tagliare la sanità pubblica per finanziare la sua manovra economica.



Lei vuole dire che le Regioni non fanno sprechi?

Non c’è dubbio che ci siano degli sprechi, come pure che sia necessario rimettere mano alla sanità pubblica. Il problema però è tagliare gli sprechi, non risparmiare dei soldi. Non è che siccome ci sono degli sprechi allora si possano tagliare a priori i costi della sanità del 30%. Perché se si fanno dei tagli ma gli sprechi non si riducono, si finisce per incidere su funzioni vitali della sanità, cioè sulla vita delle persone.

Lei che cosa ne pensa dell’abolizione della Tasi sulla prima casa?

Quella di Renzi è la classica politica reaganiana. Si alleggeriscono le tasse dei ricchi, immaginando che se il ceto medio-alto ha più soldi da spendere questo produrrà maggiore sviluppo aiutando gli stessi poveri. In Italia questa ricetta non era mai stata realizzata fino in fondo, perché né la Dc né lo stesso Berlusconi sono mai stati reaganiani bensì interclassisti. La politica della Dc prima e di Forza Italia poi non è mai stata di destra.



In che senso Berlusconi non è mai stato di destra?

In Italia i partiti “non di sinistra” sono stati sempre centristi e mai pienamente reaganiani. Renzi è il primo a realizzare il disegno del reaganismo puro nel nostro Paese. Per il capo del partito di centrosinistra è un paradosso, riconosciuto del resto anche dai suoi amici e colleghi di governo. Personalmente la ritengo una scelta sbagliatissima. Al di fuori dell’Italia infatti il reaganismo ha dominato l’ultimo quarto di secolo e ha provocato l’attuale crisi.

 

A proposito di destra e sinistra, c’è posto per una cosa rossa come quella di Mineo e D’Attorre?

Posto ce n’è tanto, perché la sinistra in Italia è morta. Già era una malata grave, Renzi le ha dato il colpo di grazia. Bisogna vedere se ci sia uno spazio solo teorico o anche reale. La vera questione è se i dirigenti di un partito che ha prodotto il renzismo possano produrre anche l’anti-renzismo.

 

Di chi è figlio il renzismo?

Matteo Renzi è stato prodotto da Bersani, Veltroni e D’Alema, cioè dalla scelta moderata del Partito democratico. La stessa nascita del Pd, con la cancellazione dei Ds, fu una scelta centrista e moderata. E’ da quest’ultima che è nato Renzi, che ha spinto la sinistra italiana ancora più al centro o addirittura a destra. Mi domando se chi ha prodotto questa svolta a destra abbia le carte in regola e l’autorità per costruire una nuova sinistra che si opponga a Renzi.

 

Nelle anticipazioni del libro di Vespa, Renzi dice che l’Italicum non è un dogma. Che significato ha il fatto che queste dichiarazioni escano proprio adesso?

Renzi vuole modificare l’Italicum, perché lo aveva pensato quando riteneva di avere il 40% e adesso non supera il 30%. E’ probabile che lo voglia modificare, probabilmente non gli va più bene che il premio sia assegnato al partito e non alla coalizione. Ognuno oggi pensa la legge elettorale per le prossime elezioni e per se stesso, è da molto tempo che nessuno pensa una legge elettorale per la democrazia.

 

Secondo lei di quale legge elettorale avremmo bisogno?

La miglior legge elettorale che abbiamo avuto era il proporzionale della prima repubblica, che garantiva una buona rappresentanza. I Parlamenti eletti con questa legge hanno fatto delle riforme serie. E’ stata fatta la riforma sanitaria, anziché il taglio alla sanità, e nel 1962 è passata un’ottima riforma della scuola.

 

Alle Comunali di Milano e Roma, Berlusconi è ancora in grado di sfidare Renzi?

Nessuno sa come finirà né a Roma né a Milano. Nella Capitale la cosa più probabile è che vinca l’M5s, l’unico problema è che Grillo non vuole vincere. I tre schieramenti, destra sinistra e M5s, hanno tutti e tre lo stesso obiettivo: non fare vincere un grillino. Il più terrorizzato dalla prospettiva che vinca l’M5s, paradossalmente, rimane Grillo. In questo quadro la possibilità che vinca il centrodestra è pari se non superiore a che vinca il centrosinistra.

 

(Pietro Vernizzi)