Tra le leggende metropolitane della politica nella prima repubblica vi era quella relativa alla conclusione delle crisi di governo e alle liste dei ministri che avrebbero formato il nuovo. Si diceva che il presidente del Consiglio dei ministri “incaricato” era solito salire al Quirinale con una lista nella tasca destra della giacca (quella concordata con i rappresentanti dei partiti), e con una nella tasca sinistra (quella che sarebbe risultata vera e definitiva). Dopo il colloquio col capo dello Stato per sciogliere la riserva scendeva in sala stampa e leggeva l’elenco riposto nella tasca sinistra. A chi gli chiedeva conto delle eventuali differenze rispondeva che la scelta finale l’aveva fatta il presidente della Repubblica. Questa procedura veniva riferita sempre all’intramontabile Giulio Andreotti, ma abbiamo motivo di ritenere che sia ancora in uso.
In Sicilia Rosario Crocetta in prossimità della formazione del suo ennesimo governo regionale (il quarto in tre anni) ha tentato di ripercorrere questa procedura dimenticando alcune fondamentali differenze e collezionando l’ennesima figuraccia, frutto del suo fare, a metà tra il pasticcione e il presuntuoso.
Dopo una settimana di promesse, minacce, anticipazioni, viaggio improcrastinabile in Tunisia e delega al segretario del suo partito (ricordiamo che adesso è il Pd e non più il Megafono) per formare l’elenco dei 12 assessori, martedì pomeriggio scorso ha inviato ai giornali un elenco ed è poi partito per Messina per dare sollievo alle popolazioni senz’acqua da oltre 10 giorni (che nel frattempo sono diventati 15), nonostante il suo intervento. Peccato che dopo appena un’ora il segretario regionale del suo partito, Fausto Raciti, lo abbia smentito comunicando che la lista in suo possesso era un’altra. E così di mezz’ora in mezz’ora anche i segretari degli altri partiti, o perché poco rappresentati in giunta o perché in attesa di essere rappresentati, si sono premurati di far sapere che la vera lista non era quella comunicata da Crocetta, ma quella in loro possesso. Per farla breve: a fine serata circolavano almeno 5 o 6 liste di assessori.
E così Crocetta, in barba alla fretta e alla necessità di dare alla Sicilia almeno un governo sulla carta, ha nei fatti riaperto le trattative per giungere ad un nuovo elenco di assessori che dovrebbe vedere una maggiore rappresentanza dei partiti e soprattutto delle correnti del Pd. Per onore del vero manca ancora la nomina di un assessore, ma ha assicurato che nella giunta fissata per domani, martedì 10, il plenum sarà raggiunto.
Inutili elencare adesso nomi, meriti e competenze dei nuovi assessori; ci sarà tempo per valutare tutto e tutti. Limitiamoci a tentare di spiegare gli elementi di novità della nuova squadra.
Essa dovrebbe, ma il condizionale è d’obbligo perché esso è ormai il solo modo verbale che si può usare in Sicilia quando si parla di politica, vedere la rappresentanza diretta dei partiti di governo; ma già questa affermazione non è vera perché permangono ancora dei tecnici che in alcuni casi sostengono di non essere rappresentanza diretta dei politici. Ma in fondo questa è poca cosa, se sapranno governare almeno un po’ meglio dei predecessori.
Il vero merito della nascita di questo ennesimo governo si deve alla previdenza di qualche parlamentare della prima repubblica che è riuscito a ritrovare, un po’ impolverato e un po’ consunto, il vecchio e intramontabile “Manuale Cencelli”. Certo la sua applicazione è risultata alquanto difficile, anche perché molti giovani parlamentari siciliani non lo avevano mai consultato, convinti che non servisse più; questo è il principale motivo del perché si è perso tanto tempo. Il manuale, infatti, si fondava sul valore e sul peso che veniva attribuito ai singoli assessorati ed in base al quale avveniva la distribuzione degli stessi ai partiti rappresentati. Questi criteri erano negli anni passati condivisi da tutti; ma col passare del tempo anche il peso politico di alcuni assessorati è aumentato a discapito di altri. Ma la vera differenza sta nel fatto che in quegli anni esistevano i partiti e la loro rappresentanza era facile da quantificare anche numericamente, mentre ora esistono “cespugli”, aggregazioni di pochi parlamentari che nascono e muoiono con grande velocità e che hanno l’obiettivo di avere la maggiore rappresentanza possibile, per gestire il maggior potere possibile. In barba quindi a tutti i programmi e a tutti gli impegni per lo sviluppo della Regione, si è tornati ad un’accanita lotta per la difesa di questa o quella poltrona, senza alcun rispetto né per i siciliani né per i loro irrisolti problemi. La riprova di tutto ciò si avrà nelle prossime settimane quando, come di consuetudine, a metà legislatura si rinnoveranno le cariche dei presidenti di Commissione all’Arsi. I cespugli si moltiplicheranno ancora, pur di avere anche una sola vice presidenza in più che, con l’aria che tira, “è meglio di niente”.
Certo per Crocetta era più facile fare la giunta quando poteva nominare assessori Zichichi o Battiato, senza chiedere il consenso dei partiti e con la certezza di avere quello dell’opinione pubblica. Peccato che le loro capacità amministrative si siano mostrate inferiori alle loro competenze professionali.
Queste ultime settimane di crisi hanno riproposto in modo eclatante una domanda: perché a Roma è possibile trovare 25 consiglieri comunali che, firmando le proprie dimissioni, mandano a casa il sindaco Ignazio Marino e in Sicilia — dove da tempo ormai tutti invocano, a partire da tanti deputati regionali, le elezioni anticipate — questo non è possibile?
Tentiamo qualche “timida” risposta.
La prima questione ribadita e conosciuta da tempo è che in Sicilia non si troveranno mai 46 “deputati volontari” che rinunceranno ad un assegno mensile, ben maggiore di quello dei consiglieri comunali romani, senza alcuna certezza di essere rieletti, tenuto conto che la prossima legislatura vedrà ridotto significativamente il numero dei deputati presenti in Ars.
Vi è poi il timore del “dopo elezioni”. Il Pd siciliano vive l’incubo della possibile vittoria elettorale del Movimento 5 Stelle. E come quelli che si rifiutano di andare dal dentista perché potrebbero essere costretti ad un’estrazione dentale, rimandano la decisione affidandosi agli analgesici. L’unica certezza è che la carie nel frattempo aumenta.
A ciò si aggiunge il rischio del “martirio politico” che Crocetta, novello Marino in salsa siciliana, potrebbe invocare se “commissariato d’ufficio”. In ciò Crocetta potrebbe mettere a frutto le sue indubbie capacità e amicizie nel campo della comunicazione in grado di fargli recuperare consensi anti-Pd che, uniti ai demeriti collezionati dal Pd da quando è al governo regionale, potrebbero tradursi in ulteriori consensi per i 5 Stelle.
Se questa è l’analisi si capisce perché anche i partiti che affermano di essere all’opposizione, non hanno interesse ad andare al voto: infatti, più i tempi si allungano, più si logorano le forze al governo, più aumentano — così sostengono — le possibilità di accrescere il loro consenso elettorale. A ciò si aggiunge la cruda considerazione che in previsione di un massiccio aumento dell’astensionismo, non è necessario andare alla ricerca di grandi consensi. Basteranno pochi voti e certi, invece che molti e incerti, come quelli conquistati sul web, buoni per un giorno o una settimana al massimo, che poi svaniscono come il vento.
In questo quadro, speriamo meno confuso di quello precedente, questo nuovo ennesimo governo regionale dovrebbe portare la Sicilia alla conclusione della legislatura. I nuovi e recenti segni di disponibilità sul piano finanziario del governo nazionale inducono a ritenere che almeno il prossimo più qualificante obiettivo, l’approvazione della legge finanziaria, dovrebbe essere raggiunto.
Basterà tutto ciò per tranquillizzare i siciliani? Crocetta sabato mattina ha sentenziato: “Sarà un governo per tutta la legislatura? Non sono un oracolo… L’importante è che ci sia Crocetta sino alla fine…”.
Peccato, i siciliani speravano da tempo il contrario.