Doveva essere il giorno della sfiducia a Maria Elena Boschi, invece a finire sfiduciato è stato Silvio Berlusconi. Sfiduciato tanto dai suoi alleati, quanto all’interno del suo partito, dove il caos e la confusione hanno raggiunto livelli mai visti prima. 

Il merito della questione è del tutto secondario, perché su nulla ormai dentro Forza Italia si raggiunge una posizione comune. Da qui la decisione di uscire dall’aula, non votando la mozione di sfiducia individuale presentata dai 5 Stelle, mozione invece sostenuta da Lega e Fratelli d’Italia, con il seguito di minacciosi avvertimenti piombati su Arcore, che si spingono a mettere in discussione l’esistenza stessa dell’alleanza di centrodestra.



Dalle mani destre unite sul palco di Bologna sono passati appena 40 giorni, che sembrano un secolo. Dal “uno per tutti, tutti per uno” alla diffidenza in un lampo. La quadra sui candidati per le amministrative di primavera non si trova, e in parlamento quello che era il partitone azzurro si sfalda inesorabilmente, giorno dopo giorno. Oggi è ridotto a contare appena 54 deputati e 42 senatori, e la diaspora rischia di continuare. In uscita (verso i verdinani) sono dati Renata Polverini alla Camera e Enrico Piccinelli al Senato. Voci di corridoio danno in fase di sganciamento anche il milanese Emilio Zuffada. 



Si tratta di uno stillicidio che i due capigruppo non riescono ad arginare. È proprio i pessimi rapporti fra Renato Brunetta e Paolo Romani sono esplosi nel momento in cui i retrocessa dei giornali hanno dato per imminente la sostituzione dell’ex ministro della Pubblica amministrazione con Mara Carfagna.

Per placarne l’ira Berlusconi ha dovuto diramare due smentite in una mattina, perché la prima era stata considerata troppo tiepida e generica. Ma un’altra voce sulla sua sostituzione era stata smentita pure due settimane fa. In più, pare che l’ascesa della Carfagna sia stata bruscamente stoppata dalle donne del cerchio magico berlusconiano. 



Il problema, però, è solamente rinviato. Il leader di Forza Italia appare immobile e in stato confusionale. La vicenda dell’elezione dei giudici della Corte costituzionale ha reso palese la sua incapacità di controllare ormai i gruppi parlamentari. Non a caso il Pd ha raggiunto il risultato dell’elezione solo quando ha scaricato gli azzurri, stringendo un patto con i grillini. 

Un quadro di debolezza talmente grande da rendere del tutto ininfluente l’apporto di Forza Italia ai lavori parlamentari. Troppe volte i suoi voti sono in libera uscita, in tutte le direzioni. Troppe le linee che si confrontano, da quella che vorrebbe sposare l’opposizione dura a fianco di Salvini, a chi vorrebbe un atteggiamento più morbido con il governo, magari per recuperare un rapporto con Ncd e i centristi.  

Come nella scena di una tragedia greca Berlusconi sta al centro immobile, mentre intorno tutti si agitano e si lamentano. Cerca di distogliere l’attenzione dai guai del suo partito attaccando l’Unione Europea per il rinnovo delle sanzioni alla Russia, ma lo stato comatoso di Forza Italia è reso evidente anche dalla decisione di licenziare tutti gli 81 dipendenti della sede nazionale, che dal primo di gennaio sarà definitivamente chiusa.

A parole Salvini dice di non volersi impicciare di ciò che accade in casa d’altri, ma in realtà la tensione è palpabile, e la preoccupazione cresce. Il timore dei vertici leghisti, come di quelli di Fratelli d’Italia, è di venire risucchiati verso le sabbie mobili della politica dal lungo e ormai inesorabile crepuscolo di Berlusconi. A oggi un listone composto da Forza Italia, Carroccio ed eredi di An nei sondaggi riesce ancora a piazzarsi al secondo posto, di poco dietro al Pd. Ma la crescita del Movimento 5 Stelle mette in forse questo esito: il centrodestra rischia il terzo posto, e quindi di condannarsi alla marginalità. 

Da qui la domanda: se non sia più saggio rompere i ponti con un Berlusconi sempre più debole e sempre meno presente nelle istituzioni e sul territorio, facendo appello direttamente al suo elettorato in chiave anti Renzi e anti grillini. Al di là delle dichiarazioni fatte ad arte per smorzare temporaneamente le polemiche, il dilemma che Salvini e Meloni si trovano di fronte e su cui stanno riflettendo è proprio questo. 

Quanto a Berlusconi, gli servirebbe un colpo d’ala per mantenere il campo e rilanciare la sua creatura politica a un livello che gli consenta di essere ancora tra i protagonisti. Servirebbe però una forza che oggi sembra aver perso definitivamente. E il non poter realisticamente garantire la conferma del seggio a quasi nessuno degli attuali parlamentari, tanto per il calo dei consensi, quanto per la nuova legge elettorale, rende Forza Italia il fantasma che si aggira per le nostre aule parlamentari. Di conseguenza, il “si salvi chi può” scattato fra le sue righe rischia anche di compromettere la ricostruzione di un centrodestra in grado di competere con Renzi e con i 5 Stelle.