Gli attentati di Parigi hanno segnato uno spartiacque nella coscienza di tutti noi. Ora è diventato chiaro a tutti che siamo in guerra. Sì lo so, lo sto dicendo da diversi anni, ho anche dedicato un capitolo dal titolo “Siamo in guerra” nel mio libro “Eurocidio”, scritto nel 2013 insieme all’economista Nino Galloni. Sembrava una sparata sensazionalistica, ma intendevo dire proprio guerra. E ancora oggi intendo dire “guerra”, non attentati o terrorismo, ma proprio guerra.
L’idea che sia opera del terrorismo o del fanatismo islamico (e quindi una guerra di religione) non regge alla prova dei fatti emersi in questi giorni (terroristi professionisti? Oppure sbadati dilettanti che lasciano per terra un passaporto siriano palesemente falso? Comunque il giorno dopo la Francia stava già bombardando in Siria).
Comunque è chiaro che un attentato del genere non può essere preparato (con tanto di sopralluoghi necessari) senza la connivente disattenzione dei servizi segreti. I soggetti erano noti alle forze dell’ordine; gli allarmi di un attentato prossimo erano stati diffusi: c’è bisogno di altro? E per dirla tutta, vi sono stati anche numerosi presunti messaggi mariani che avevano annunciato questa sofferenza (“…la Francia sarà attaccata e questi stranieri giungeranno fino a Parigi… …Miei amati, pregate per la Francia, patirà con grande dolore… …Amati figli, pregate per la Francia, sarà scossa dal terrorismo…”).
Ma quando in questi anni scrivevo che siamo in guerra, non sono stato un indovino. Ho semplicemente riportato quanto affermato da Warren Buffett, noto ricchissimo speculatore. Già nel 2006 il New York Times in un articolo aveva riportato le sue parole: è una guerra di classe ed è la mia classe, la classe dei ricchi, che la sta facendo; e la stiamo vincendo”. La classe dei ricchissimi, quella che tiene in pugno le banche e i politici, insieme a tutti i posti di potere.
Un assaggio dell’inettitudine dei politici l’ho avuta recentemente. Mercoledì 11 novembre (quindi due giorni prima degli attentati a Parigi) ho avuto il piacere di partecipare alla conferenza stampa indetta dal Sovrano Ordine di Malta dal tema “Popoli in fuga dalla guerra: soccorso, assistenza, integrazione. Verso il World Humanitarian Summit di Istanbul, maggio 2016”. Alla conferenza hanno partecipato come relatori il Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta, Albrecht Boeselager, il Grande Ospedaliere dell’Ordine di Malta Dominique de La Rochefaucauld-Montebl, il direttore del Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta Mauro Casinghini, il segretario generale del Malteser International Ingo Radtke e l’onorevole Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei.
Gli interventi sono stati molto interessanti poiché hanno dato un quadro della situazione da parte di chi opera in prima linea. Infatti, l’Ordine di Malta ha come scopo istituzionale l’intervento medico in situazioni difficili e possiede proprie strutture e proprio personale dislocato nelle zone anche di grave conflitto come in Siria e in Libia. Il loro personale medico è presente anche sulle navi militari italiane che soccorrono i profughi in mare.
“La costruzione di muri non migliorerà la situazione, si tratta di un fenomeno destinato a protrarsi per anni”, ha detto Albrecht Boeselager, sottolineando come “proprio la mancanza di soluzioni politiche a lungo termine aggravano le crisi in corso e fanno sì che il numero di rifugiati e profughi sia in continuo aumento”. Il Gran Cancelliere ha ricordato che solo nel mese di novembre, oltre 218mila migranti e rifugiati hanno raggiunto l’Europa via mare. La stessa cifra registrata in tutto il 2014. “Attenzione a usare la terminologia corretta. Nessuno è illegale. Tutti hanno il diritto di chiedere protezione, secondo le convenzioni firmate dopo la Seconda guerra mondiale”, ha affermato il Gran Cancelliere.
Considerazioni analoghe sono venute anche dagli altri relatori e una delle parole più utilizzate è stata la parola “emergenza”. La stessa parola è stata spesso usata dal moderatore, Stefano Polli, vicedirettore dell’agenzia giornalistica Ansa. Alla fine Polli ha dato la parola all’onorevole Gozzi e l’intervento di quest’ultimo mi ha lasciato veramente di stucco. Ho stentato a credere alle mie orecchie e sono rimasto così scioccato, mentre un fiume di pensieri mi attraversava la mente, da rimanere fermo, bloccato, come in catalessi: e quando mi sono ripreso ormai la conferenza era al termine e non ho nemmeno provato ad alzare la manina per fare un paio di domande forse “scomode” ma doverose.
Cosa ha detto l’onorevole Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei del governo Renzi, da sconvolgermi tanto? Giudicate voi.
«Ringrazio per l’invito che mi è stato rivolto a questa conferenza… partirò dalle parole che avete usato, perché sono parole importanti, sono parole che dicono molto di ciò che dobbiamo fare insieme. Lei direttore Polli ha usato, giustamente in maniera critica, il termine “emergenza”. Usare la parola emergenza vuol dire o non capire la situazione o essere in malafede o fare demagogia. Le tre cose sono molto negative; non sono quello che fa il governo Renzi, non sono quello che dovremmo fare come esseri umani, come persone; poi anche come persone impegnate nelle istituzioni…
Quindi usiamo la parola giusta. Per capire la questione migratoria io credo che le parole giuste da usare, le parole che noi stiamo usando, stiamo cominciando a usare, almeno nel governo italiano, sono geopolitica e demografia. Se usiamo le parole geopolitica e demografia forse già capiamo un po’ meglio che cosa dobbiamo fare per governare il fenomeno; perché dopotutto l’obiettivo, soprattutto del governo, è di governare il fenomeno e non subire le cose…
La demografia dice una cosa molto chiara: per tutti i paesi dell’Unione europea, se voi la pensate in prospettiva, da qui al 2050, una Unione europea che presumibilmente sarà almeno di 34-35 paesi, ognuno di questi paesi avrà bisogno di 700-800 mila lavoratori [intendeva chiaramente in media, nota mia]. La Germania ne avrà bisogno di più dell’Estonia o del Lussemburgo. Tutti i paesi insieme … questa Unione europea allargata avrà bisogno di 40 milioni di lavoratori.
Questa è la grande sfida demografica che si deve affrontare e si può affrontare in vari modi….
Cominciare a governare il fenomeno per quello che è, per natura transnazionale, e quindi ha bisogno, dal lato della migrazione economica, sia dal lato della lotta contro i trafficanti di esseri umani e contro l’immigrazione illegale, ha bisogno di una politica a questo livello. E questo livello minimo è quello europeo».
A questo punto una valanga di pensieri aveva travolto la mia mente e a stento sono riuscito a seguire il resto dell’intervento, che non ha nulla di interessante. Ma l’onorevole Gozzi si è reso conto di cosa ha detto?
Pensateci un attimo. L’Europa ha bisogno di 40 milioni di lavoratori? Allora, ipotizzando che stiano scappando di corsa con mezzi di fortuna, a causa di guerre o altro, ovviamente scappano tutti. E quindi, se si pensa a 40 milioni di lavoratori, occorre pensare ad almeno 60 milioni di persone minimo (ma se sono in media famiglie di 3 persone dove uno solo lavora, allora dobbiamo contare 120 milioni di persone). Il conto è presto fatto: in Europa il tasso di occupati è poco superiore al 63%. Quindi possiamo dire che circa 2 persone su 3 lavorano, gli altri sono disoccupati o minorenni o pensionati. Quindi, usando la stessa proporzione, se devono arrivare 40 milioni di lavoratori per il 2050, allora arriveranno 60 milioni di persone. Ma da qui al 2050 mancano appena 35 anni. Vuol dire che in Europa dovrebbero arrivare circa 1,7 milioni di persone all’anno! Una pura follia!
Per comprendere meglio di cosa stiamo parlando, l’Europa “allargata” definita da Gozi (allargata a chi? Se non riusciamo a convincere nemmeno Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca a entrare nell’euro! O in Europa hanno un piano di annessione?) dovrebbe avere circa 500 milioni di abitanti, quindi far arrivare 60 milioni di persone (se sono solo 60), vuol dire aumentare la popolazione europea di circa il 12%. Ora rapportiamo il caso all’Italia: siamo 60 milioni noi, quindi il 12% vuol dire circa 7,2 milioni di immigrati.
Ve lo immaginate in Italia, 7 milioni di persone in più? Ve lo immaginate il caos sociale, quando qui abbiamo già 3 milioni di disoccupati? Ma questo sta delirando? Ma cosa sta dicendo? Non riuscivo a credere alle mie orecchie.
Le domande che, col senno di poi, mi sarebbe piaciuto fare sono queste: ma se secondo lei questo fenomeno migratorio (sembra quasi si stia parlando di una specie di uccelli!) è un’opportunità che può avere (o avrà, grazie all’azione di “governo degli eventi” enunciata) riflessi positivi per l’economia, vuol dire che finora il governo e le istituzioni europee hanno favorito il caos sociale, politico e militare nel Medio Oriente per poter usufruire di 40 milioni di lavoratori a basso costo e poter essere competitivi a livello mondiale? E se dovesse trovarsi la strada politica e diplomatica per un piano di pace e un ritorno dei “migranti” alla loro terra, il governo sarebbe favorevole a tale piano di pace, posto che sfumerebbe così una grande opportunità di sviluppo economico? Perché una cosa è chiara: come da anni ripete l’economista Ettore Gotti Tedeschi; senza un’adeguata crescita demografica, siamo condannati alla depressione economica.
Capita che ora mi ripeta la domanda posta all’inizio: “Ma l’onorevole Gozzi si è reso conto di cosa ha detto?” Forse sì. Forse siamo noi che non ci siamo resi conto di cosa sta accadendo, ormai da alcuni decenni. E in fondo il mio stupore è nel fatto che ormai il piano è a un tale stato di avanzamento che non si preoccupano più di mascherarlo o di negarlo. Anzi, ormai lo affermano chiaramente. Mi stanno rubando il mestiere. Anche loro potranno dire: ve lo avevamo detto, no?
Anche io ho qualcosa da dire, così potrete sapere che l’avevo detto. Lo pseudo terrorismo non finirà qui. Colpirà tutta Europa. Alcuni esperti parlano di un prossimo “sciame di terrorismo”. Quello di Parigi è stato solo un test. E purtroppo colpirà anche l’Italia.