Giuseppe Berruti nominato commissario Consob. Giovanni Canzio a un passo dalla nomina a primo presidente della Corte di Cassazione. Le due notizie comparivano ieri su alcuni giornali, ma mai appaiate. Invece la contemporaneità dei due impulsi mediatici (il primo un comunicato del Governo, il secondo un rumor forte del Consiglio superiore della magistratura) segnala un legame che agli addetti ai lavori di cose giudiziarie non giunge peraltro inatteso. Berruti e Canzio erano i due front runner nella corsa di successione a Giorgio Santacroce, al vertice della Suprema Corte. Quest’ultimo, in teoria, è in via di pensionamento al prossimo 31 dicembre: anche se proprio venerdì il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di un magistrato pensionando (il capo della sezione tributaria della Cassazione, Mario Cicala) e ha sospeso gli effetti del decreto con il quale il governo aveva abbassato a 70 anni la soglia di pensionamento dei magistrati. Proprio Santacroce, aprendo i due ultimi anni giudiziari, aveva lamentato i prevedibili vuoti di organico prodotti dai pensionamenti anticipati.



Comunque deciderà nel merito in gennaio il Consiglio di Stato, Berruti è uscito dalla corsa. Il presidente della terza sezione civile della Cassazione, ha accettato l’incarico in Consob: un mandato settennale che supera abbondantemente la soglia del pensionamento come magistrato e che include più di una chance di succedere al presidente Giuseppe Vegas. La posizione dell’attuale numero uno dell’authority di Borsa è infatti fragile su tutti i fronti: nominato ancora dal governo Berlusconi-3 (in cui era viceministro per l’Economia) è oggi per di più indagato per alcune decisioni interne alla Commissione. E il reintegro a cinque membri della Consob deciso dal governo (l’altro nominato è il vicedirettore generale dell’Assonime, Carmine Di Noia) sembra preludere a una stabilizzazione finale dell’autorità su società e mercati. Una svolta lungamente attesa anche per le critiche ripetute alla gestione Vegas della vigilanza di Borsa su numerosi dossier: ultimo quello dei titoli-spazzatura emessi delle quattro banche da poco “risolte”.



Berruti in ogni caso è un cognome-snodo nelle recenti cronache giudiziarie nazionali. Esponente di Unicost (la corrente di centrodestra della magistratura), il magistrato è fratello di Massimo Maria, consulente fiscale della Fininvest, più volte parlamentare di Fi e Pdl ma anche più volte inquisito e processato per reati finanziari e fiscali legati a Mediaset. Il magistrato è salito invece sulla ribalta quando – da membro togato del Csm – ha votato contro la nomina di Alfonso Marra a presidente della Corte d’Appello di Milano. Quella candidatura era sostenuta dal governo Berlusconi e – si disse – molto caldeggiata dalla cosiddetta “P3”.



Marra prevalse inizialmente a Milano su Renato Rordorf, un esponente di Md, ex commissario Consob, oggi presidente della prima sezione civile della Cassazione. Ma quando scoppiò lo scandalo P3, Marra dovette lasciare la più alta carica del palazzo di Milano e gli subentrò Canzio (Md). E quest’ultimo, oggi, sembra ormai senza rivali per la poltrona più alta della Suprema Corte. Certamente non ha più la concorrenza di Berruti, profondo conoscitore della Cassazione: molto più di Canzio che vi ha lavorato solo da giovane. Il disimpegno laterale di Berruti verso la Consob, d’altronde, stimola fra gli addetti ai lavori altre riflessioni.

La prima è il ritorno di un magistrato di primo livello nella delicatissima authority dei mercati finanziari, anche se nessuna riforma le ha finora assegnato i poteri “di polizia” della Sec statunitense. Per il vertice Consob, non a caso, è stato a lungo preconizzato Francesco Greco, attuale procuratore aggiunto di Milano per i reati finanziari. Il quale, peraltro, è ormai il candidato di punta alla successione a Edmondo Bruti Liberati a capo della Procura milanese: in continuità di appartenenza Md. Chissà se ora la promozione di Canzio in Cassazione – se e quando, comunque, si concretizzerà – libererà a Milano la presidenza della Corte d’Appello per un ulteriore incastro di nomine “strutturali”, sempre all’interno di un “Nazareno” a più dimensioni: codice profondo dell’edificazione progressiva della Terza Repubblica.