C’è un fantasma che si aggira per il Quirinale. E’ quello di un presidente invisibile, almeno secondo i grandi giornali. Se non fosse per i telegiornali della Rai sembrerebbe che al Colle un capo dello Stato neppure ci fosse. Su Repubblica, La Stampa, il Corriere della Sera o Il Messaggero a stento ogni tanto appare in una foto notizia, in una “breve”, in un colonnino. Per i giornaloni, insomma, Sergio Mattarella non fa quasi mai notizia.
Viene da chiedersi se sia davvero così, se si tratti di una presidenza abulica, o incolore, al punto di meritarsi tanto sovrano disinteresse. In realtà Mattarella macina incontri, viaggi e segnali concreti con un passo lento, ma costante. La sua caratteristica, però, è quella di essere allergico alle polemiche. Non che non ne sia capace, perché quando è stato necessario non è andato troppo per il sottile. Memorabile l’etichetta di “genaral Roquito Buttillon”, fantomatico golpista sudamericano, affibbiata a Rocco Buttiglione all’epoca dello scontro frontale per il controllo del Ppi, nella primavera del 1995.
Per sua inclinazione, però, Mattarella finché può preferisce parlare in positivo. E questo ai giornaloni non piace. Meglio gli Scalfaro, i Cossiga, o i Napolitano, che avevano certo timore a entrare nel vivo dello scontro politico, spesso condizionandolo. L’attuale inquilino del Quirinale, invece, preferisce prevenire, agendo spesso dietro le quinte. La sua moral suasion ha portato a una netta riduzione della decretazione d’urgenza, anzi ha evitato — secondo il giudizio concorde di molti osservatori — decreti legge in materie particolarmente indigeste come la riforma della scuola e della Rai. Nel senso che Renzi li voleva fare, e poi non li ha più fatti.
Ma non c’è solo un’azione lontana dai riflettori. Lo dimostra un’agenda fittissima. Cifra comune di ogni intervento il tentativo di rammendare la coesione sociale del paese. Mattarella non è certo contrario a Renzi, cui deve la sua elezione al Quirinale. Ma al riconoscimento dei passi avanti in materia di riforme fatte sotto la regia del governo accompagna sempre una speciale attenzione per gli ultimi, per chi ha visto le proprie condizioni di vita minate dalla crisi, e non ha ancora recuperato.
Quasi un controcanto rispetto a un’azione amministrativa che il Censis di De Rita ha bollato come insufficiente, coniando la definizione di paese “in letargo”. Ecco, da quel letargo Mattarella vorrebbe che l’Italia si svegliasse grazie a uno sforzo collettivo. Cogliere i segni di uscita dalla crisi per un riequilibrio nel senso di una maggiore giustizia sociale. E allora ecco l’esaltazione del volontariato definito “una grande risorsa”. Ecco l’ammissione — senza tanti giri di parole — che le istituzioni non hanno fatto abbastanza per la disabilità. Ci sono poi i giovani, quelli che hanno perso il posto di lavoro, gli anziani, le tante “periferie urbane ed esistenziali da risanare”, facendo in quest’ultimo caso sua una frase di Papa Francesco che è stata anche il tema cardine del Meeting 2014.
Mattarella crea cavalieri della Repubblica tanto i servitori dello Stato in divisa come i militari che salvano i migranti nel Mediterraneo, o combattono la pedopornografia online, quanto chi va per scelta in Africa a curare i malati di Ebola, chi dedica la sua vita al soccorso alpino volontario, chi lotta contro il pizzo in Sicilia, o chi aiuta gli immigrati a inserirsi nella società.
Indicare questi eroi quotidiani non vuol dire però limitarsi a idealizzare un’Italia dei buoni sentimenti. Si tratta di una chiara indicazione della necessità di recuperare le ragioni della solidarietà per cogliere meglio i segnali di uscita dalla crisi economica. Non sprecare l’occasione, insomma. Anche su questo Mattarella ha voluto essere in prima linea, a fianco degli imprenditori che cercano occasioni all’estero in mercati nuovi, come è accaduto nel recente viaggio in Indonesia, Vietnam e Oman (dove nessun presidente della Repubblica era mai stato). E a margine di quel viaggio sono stati firmati accordi commerciali per un valore di tre miliardi e mezzo di euro. La politica estera italiana, par suggerire Mattarella, non può finire con il Medio Oriente.
Anche sull’Europa il capo dello Stato ha sviluppato un’azione non scontata. Unione come punto fermo per il nostro paese, ma costruzione europea che abbisogna di una revisione profonda per non essere sentita come matrigna da 500 milioni di cittadini dei 28 stati membri. E questa revisione — secondo Mattarella — deve avvenire nel senso di una maggiore democrazia, con buona pace del tentativo dei governi di prendersi tutto lo spazio.
Ci sono anche i gesti concreti per riavvicinare la gente comune alle istituzioni, come il viaggiare in treno, o in tram, usare voli di linea per gli spostamenti privati e aprire al pubblico il Quirinale e la tenuta di Castelporziano.
La congiura del silenzio nei confronti del presidente, però, continua. Troppo lontano forse dagli schemi della politica “mordi e fuggi” di oggi. Renzi farebbe bene forse a non sottovalutarlo e magari ad ascoltarlo di più.