Sergio Mattarella, eletto con 665 voti alla quarta votazione, è da ieri il dodicesimo presidente della Repubblica. Una vittoria fuori misura per Matteo Renzi, che con la candidatura Mattarella ha ricompattato il Pd, messo all’angolo Berlusconi e rotto l’asse tra l’ex premier e Alfano che si andava ricostruendo. Per Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, un’elezione che sancisce il fallimento della seconda repubblica e premia Renzi, che ha saputo evitare la “tentazione di clonarsi al Quirinale”. Ma le due opzioni che il premier ha tenuto finora aperte davanti a sé — elezioni o continuazione della legislatura — rimangono entrambe percorribili, anche se ieri il presidente del Consiglio le ha escluse in diretta al Tg1.
Mattarella presidente, Renzi trionfatore, Forza Italia in pezzi. Morale?
Un buon presidente, adatto ai tempi, ottiene un grande risultato in Parlamento. Renzi ha innanzitutto fatto una scelta felice: non ha seguito la tentazione di clonarsi al Quirinale, ha seguito il consiglio di chi gli suggeriva di affidarsi a mani autonome, indipendenti. Una scelta lungimirante, che spiega i voti ben superiori al quorum.
Mattarella non è uomo di Renzi. Quali incognite ne derivano per lui, per il governo e per la sinistra?
Renzi aveva come al solito due strade: o tirar la coperta dalla parte del suo partito o tirarla dalla parte del patto del Nazareno. In questo anno l’ha tirata da entrambe le parti, a seconda delle esigenze: appena due settimane fa aveva privilegiato il Nazareno, ottenendo il sì alla legge elettorale con i voti determinanti di Berlusconi. Nella partita del Colle ha fatto l’opposto.
Con un nome che ha unito il Pd. Il prezzo?
Sapeva che avrebbe pagato un prezzo, ma è un prezzo che lui ha considerato tutto sommato poco caro. Ha avuto ragione, perché se la vicenda si fosse conclusa con una rottura, con l’ipotesi che Ncd e Forza Italia non partecipassero al voto, il trauma sarebbe stato troppo forte e sarebbe stata la fine della legislatura.
Dunque, secondo lei lo strappo è trascurabile?
Di fatto Renzi ha ricucito anche con FI, perché la scelta della scheda bianca, lasciando liberi molti di votare Mattarella, ha drammatizzato al minimo lo scontro. Anche se ha messo in evidenza la debolezza assoluta di Berlusconi nel controllare i suoi gruppi. Ma questo è un altro discorso.
Questa debolezza di Berlusconi che conseguenze politiche avrà?
Da oggi Berlusconi è considerato da Renzi un interlocutore molto meno affidabile, proprio perché non controlla più i suoi.
Renzi potrebbe voler cambiare la legge elettorale alla Camera? Se questo avvenisse, dovrebbe poi tornare al senato e il passaggio non sarebbe indolore…
Per andare al voto? Ciò che Renzi vuole è l’approvazione della legge, non riaprire il vaso di Pandora. Quanto alla clausola di salvaguardia (voto dal 2016, ndr), è solo una foglia di fico, perché il giorno che ci fosse una crisi di governo e non ci fossero le condizioni in Parlamento per formarne un altro, a fare sparire quella clausola basterebbe un decreto legge. In ogni caso, l’ultima parola spetterebbe al nuovo capo dello Stato.
Lei escluderebbe che Renzi voglia andare al voto, insomma.
Renzi da quando è al governo si tiene entrambe le strade aperte. Vuole durare, ma alle sue condizioni; se queste dovessero cambiare in modo radicale, allora sarebbe pronto ad andare al voto. Ma oggi la debolezza dei suoi avversari è tale che in realtà il campo si è molto ristretto e lo copre benissimo da solo. E poi c’è anche un altro fattore che secondo me allontana le urne.
Quale?
Ci sono deboli segnali di una possibile ripresa economica e occupazionale nei prossimi mesi. Renzi sarà tentato di cavalcarla, o comunque ad ascriverla a suo merito piuttosto che andare a uno scontro elettorale.
La maggioranza che ha eletto Mattarella comprende anche Nichi Vendola e chi, come lui nel Pd, ha forti critiche verso il patto del Nazareno. Renzi non potrebbe, visto da sinistra, essere ora più debole?
Non è una coalizione spendibile politicamente. Poi Renzi fin dal primo giorno ha messo in chiaro che non avrebbe governato sottoponendosi ai ricatti della sinistra radicale com’era successo in passato al Pd. Questa è una cosa che gli ha dato popolarità nel paese. Con la maggioranza che ha eletto Mattarella Renzi non avrebbe certamente potuto fare il Jobs Act o abolire l’articolo 18. E’ anche una maggioranza resa meno anomala dal fatto di avere recuperato Ncd.
Lei che idea si è fatto della candidatura Mattarella, da quando è cominciata a circolare fino alla decisione di Renzi che ha spiazzato Berlusconi?
Ho pensato subito che l’unico profilo possibile fosse il suo o uno molto simile a lui: un democristiano, un moderato, presentabile al centrodestra, e che per di più che affondasse le sue radici nella prima repubblica. Questo per l’evidente ragione che la seconda non ha prodotto personale politico all’altezza del Quirinale: basti pensare che gli ex presidenti di Camera e Senato degli ultimi 20 anni sono quasi tutti fuori gioco o addirittura fuori dalla politica.
Quanto è grave quest’ultima sconfitta politica di Berlusconi?
E’ la questione che si pone da anni: che cosa sopravviverà a Berlusconi di quel che ha costruito? Per come sta utilizzando il suo potenziale, poco o niente. E’ un esercito in disarmo. A livello di idee, c’è una destra radicale interpretata da Salvini, quella moderata un rappresentante non ce l’ha più.
Cosa dice di Ncd?
In questa vicenda ha dato una brutta prova: di incertezza, di pavidità, di crisi interna. Ha combattuto il match di una categoria inadeguata al suo peso: quando si è trovato a dover decidere tra Renzi e Berlusconi, il partito si è dilaniato. L’ipotesi che potesse venire da lì la guida di un nuovo schieramento moderato è uscita drasticamente ridimensionata.
Renzi non potrebbe essere tentato di sostituire i ministri Ncd?
Renzi non ha alcun vantaggio a smuovere le acque in una sinistra che stavolta gli ha obbedito compatta. Si rivelerebbe un fronte troppo delicato.
(Federico Ferraù)