L’elezione a presidente della Repubblica italiana di Sergio Mattarella — già ministro della Difesa e membro di una famiglia simbolo della lotta contro la mafia — è stata segnata dall’esclusione finale di Silvio Berlusconi: figura ormai troppo rischiosa per venire coinvolta in una decisione politico-istituzionale al massimo livello. Una figura, oltretutto, connotata dai legami con il presidente russo Vladimir Putin, in una fase di forti tensioni fra Europa e Russia nella crisi ucraina.



Su questo sfondo, l’ascesa di Mattarella può assumere in parte significati simbolici di lungo periodo. La Russia, infatti, è a un bivio storico per quanto riguarda la sua identità e il suo futuro. Per quanto possa rivelarsi una strada difficile, questo futuro sarà probabilmente lontano dal Mediterraneo, cioè dall’area in cui — negli ultimi due secoli — le vicende della Russia si sono intrecciate con quelle delle potenze europee, Francia, Gran Bretagna e anche Italia, basti pensare alla guerra di Crimea. 



Dopo la Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno ereditato i tradizionali interessi britannici nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Il conflitto in Ucraina è in realtà iniziato in Siria, dove gli Usa avevano come obiettivo, accanto all’abbattimento del regime di Assad, l’allontanamento della flotta russa dal porto siriano di Tartus, sua unica base nel Mediterraneo. Negli eventi ucraini, gli Stati Uniti hanno sostenuto le forze pro-occidentali e Mosca ha visto questo intervento anche come un tentativo di cacciare la flotta russa dalla Crimea e, quindi, dal Mar Nero. 

All’interno di queste dinamiche politico-strategiche è da situare anche la competizione fra il progetto di gasdotto South Stream (sostenuto da Putin e quindi dal suo alleato europeo Berlusconi) e quello denominato Nabucco, sponsorizzato invece dagli Usa. Il primo, sulla carta, avrebbe rafforzato la dipendenza europea dalle forniture russe e avrebbe bypassato l’Ucraina; il secondo avrebbe invece saldato la Ue ai paesi fornitori ex sovietici dell’Asia centrale, a svantaggio della Russia.



Il brusco crollo del prezzo del petrolio (al di sotto dei 50 dollari al barile) ha ulteriormente modificato gli scenari. Per la Russia l’export di greggio e gas verso l’Europa sta diventando un business in perdita e una possibile soluzione per Mosca è data dalla Cina. Ma per Pechino il “valore geopolitico” della Russia sta essenzialmente nel suo ruolo di proiezione verso l’Europa, come parte di quella nuova “via della seta” lanciata dal presidente Xi Jinping. Perciò per poter avere la collaborazione della Cina, Mosca non può far a meno dell’Europa e il suo “nuovo” destino è quello di essere un ponte tra Asia e Europa, un destino, peraltro, che ha già contrassegnato la storia passata della Russia. 

Per la Russia, le vie verso il Mediterraneo non sono molte. Una è la Turchia che, tuttavia, al di là degli attuali rapporti tra Putin ed Erdogan, rappresenta da secoli un ostacolo all’espansione russa nell’area. Rimangono Grecia e Italia. Domenica 25 gennaio ad Atene le elezioni generali hanno portato alla premiership Alexis Tsipras, propugnatore di una posizione più ferma verso l’Unione Europea. L’uscita della Grecia dall’eurozona sarebbe favorevole alla Russia, ma se ciò non accadesse, il partito di estrema destra, Alba Dorata, terzo alle elezioni, potrebbe essere una sponda per Mosca, di cui ha già il sostegno.

Infatti, se in passato i sovietici finanziavano i vari partiti comunisti europei, negli ultimi anni Putin ha sostenuto in Francia il partito di estrema destra antieuropeo guidato da Marine Le Pen, per sua stessa ammissione, e le posizioni ostili all’Europa della Lega Nord di Matteo Salvini sono ben viste da Mosca. 

L’Italia ha eletto il suo nuovo presidente mentre perdura una fase economica recessiva: una fase nella quale anche i compagni di sventura di ieri (Spagna, Portogallo, Irlanda) stanno facendo meglio, mentre la Francia, pur in gravi difficoltà, continua a vantare una maggior solidità politico-istituzionale. Circostanze, quindi, favorevoli ad un’azione della Russia sul teatro italiano, ben conosciuto fin dai tempi dei legami con il Pci, cercando di influenzare le elezioni. Sull’altro versante, Ue e Usa erano soprattutto interessate all’elezione di un presidente capace di garantire stabilità all’Italia, cruciale per l’Europa e il resto del mondo. 

Alla fine, il bizantino sistema politico italiano, poco attento alle questioni internazionali e concentrato su spicciole questioni interne, ha inviato al Quirinale un uomo senza legame alcuno con la Russia e questa esclusione dalla politica italiana potrebbe ora spingere Mosca verso un suo nuovo futuro eurasiatico. Pechino è già pronta a finanziare questa ipotesi con un assegno di più di 242 miliardi di dollari, cioè la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità attraverso la Siberia fino a Berlino. Un investimento che né Roma né Atene potrebbero mai permettersi. E di questo Mosca dovrà tener conto.