“Ora che il Patto del Nazareno non esiste più, Renzi non potrà più usare i veti di Berlusconi come scusa per bocciare gli emendamenti della minoranza Pd sulle riforme costituzionali”. Sono le parole di Alfredo D’Attorre, deputato del Pd, nel giorno in cui la riforma del Senato è riapprovata per la discussione a Montecitorio. Una giornata non priva di polemiche, con Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) che si è dimesso da relatore della riforma dichiarando: “Forza Italia è libera di non essere contenta. Le scelte di FI sono incompatibili col mio ruolo di giocatore in questa partita e così col dolore profondo del giurista, non c’è cosa più esaltante che scrivere la Costituzione, rinuncio al ruolo di relatore di questo provvedimento restando arbitro imparziale”.



Onorevole D’Attorre, come vi muoverete per quanto riguarda le riforme costituzionali?

A suo tempo avevo presentato alcuni emendamenti migliorativi che non è stato possibile approfondire in commissione. Su quelli insisteremo con l’obiettivo di spingere avanti la riforma e non certo di bloccarla.

Su quali punti ritiene che la riforma del Senato vada modificata?



Considero un grave errore il fatto di non avere voluto modificare l’articolo 2, relativo alla composizione del Senato, trincerandosi dietro a una contrarietà di Forza Italia prima dell’elezione del presidente della Repubblica. Questo impedirà di intervenire su uno degli aspetti critici di questo testo, come riconosciuto da tutti i costituzionalisti.

Che cosa cambia con la fine del Patto del Nazareno?

Il primo banco di prova lo avremo sull’articolo 13 in relazione all’abbassamento del quorum necessario per attivare il sindacato preventivo di costituzionalità. Noi chiediamo di abbassare il quorum dalla misura di un terzo prevista attualmente al 10%, come prevede l’emendamento Giorgis, o addirittura di renderlo automatico, come prevede l’emendamento di cui io sono primo firmatario.



Avete i numeri per fare passare questi emendamenti?

Mi auguro e sono convinto di sì. Noi non vogliamo spaccare il Pd, ma ci auguriamo che ci possa essere l’adesione di tutto il partito, anche perché è venuto meno l’alibi utilizzato finora, che si basava su una contrarietà di Forza Italia. Non penso che il partito di Berlusconi vada escluso dal processo delle riforme, ma certo non è più concepibile riconoscergli un potere di veto.

Renzi riuscirà ad approvare la riforma entro una settimana come ha annunciato di voler fare?

Alla luce del numero degli emendamenti lo ritengo complicato. Lavorerei piuttosto a costruire un accordo ragionevole in aula, senza strozzare il dibattito, ma dando una realistica certezza dei tempi di approvazione della riforma.

 

Il senatore Chiti ha proposto di prendere a modello il Bundesrat tedesco. E’ d’accordo con lui?

Sono del tutto favorevole a questo modello, tant’è che avevo presentato un emendamento all’articolo 1 della riforma che andava in questa direzione. L’idea era quella di trasformare il Senato in una camera di rappresentanza delle autonomie sul modello del Bundesrat. Anche in quel caso, adducendo l’argomento dell’assoluta contrarietà di Forza Italia, il governo e i relatori hanno chiesto il ritiro del mio emendamento.

 

Passiamo al Titolo V. E’ una riforma centralista?

E’ inevitabile che ci sia una ricentralizzazione di alcune competenze. Il punto di criticità riguarda piuttosto il fatto che ciò è affidato a un elenco rigido di materie che rischia di riaprire un contenzioso tra Stato e Regioni. Avevamo suggerito di pensare a formule più flessibili, ma non è stato possibile aprire una riflessione. In sintesi sono favorevole a una ragionevole ricentralizzazione di alcune competenze, ma temo che la nuova formulazione dell’articolo 117 abbia eccessivi elementi di rigidità.

 

Quale atteggiamento dovrebbe avere il nostro governo nei confronti di Tsipras?

Non possiamo delegittimare un interlocutore che ha avuto una legittimazione democratica così forte solo perché usa toni e argomenti sgraditi all’attuale leadership europea. Nei confronti dell’attuale governo greco la classe dirigente europea, e soprattutto quella tedesca, sta avendo un atteggiamento miope. Mi spiace che il governo italiano non stia giocando alcun ruolo.

 

Che cosa dovrebbe fare il nostro governo?

Il nostro governo non dovrebbe lasciare isolato Tsipras, bensì lavorare in modo molto più incisivo e coraggioso a una mediazione a livello europeo, ed evitare uno schiacciamento subalterno sulle ragioni della Germania. Dovrebbe inoltre avere la forza di spiegare che i problemi di sostenibilità del debito che oggi in Grecia si manifestano in forma drammatica, un domani potrebbero riguardare altri Paesi europei e portare alla definitiva distruzione dell’Eurozona.

 

La minoranza Pd creerà un nuovo partito sul modello di Tsipras?

Non esistono formule che possono essere esportate meccanicamente da un Paese all’altro. Tsipras e Podemos sono il sintomo di una crisi molto profonda dei partiti socialisti europei, Pd incluso, che soprattutto nei Paesi dell’area mediterranea rischiano di essere travolti dalle macerie dell’euro. Tutti questi partiti rischiano di scivolare su una china di irrilevanza, non risultando più credibili né per chi vuole difendere l’attuale assetto europeo sia per chi da sinistra vuole sviluppare una critica all’attuale assetto dell’euro.

 

(Pietro Vernizzi)