“Il Nazareno dopo essersi rotto sull’elezione di Mattarella resuscita grazie alla crisi libica”. Lo afferma Stefano Folli, editorialista di Repubblica, all’indomani dell’incontro tra il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e le opposizioni di Forza Italia e di Sel. A rappresentare gli azzurri è stato il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, il quale ha commentato: “Il presidente Mattarella ha auspicato che il dialogo sulle riforme possa riprendere. Conoscendolo, userà tutti gli strumenti previsti dalla Costituzione per ripristinare un clima di dialogo”.
Quali sono le conseguenze politiche dell’Aventino?
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, anche in seguito al peggioramento del quadro internazionale. Ci troviamo in una strana situazione, in quanto si è rotto il Patto del Nazareno per l’elezione di Mattarella al Quirinale e si è creata una forte tensione sulle riforme. Nello stesso tempo la situazione internazionale suggerisce a tutta la classe politica di trovare un punto di convergenza sulla politica estera. E’ qualcosa che Berlusconi in qualche modo ha colto quando ha detto che sulla questione libica è disposto a sostenere un’azione del governo.
E’ un nuovo Patto del Nazareno?
Il patto del Nazareno che si è rotto sulle riforme rinasce non come un nuovo patto del Nazareno, ma come esigenza di serietà e di responsabilità sulla crisi libica. Quest’ultima ci accompagnerà ancora a lungo. E proprio la Libia potrebbe essere lo strumento per accantonare le frizioni e le lacerazioni che si sono verificate su temi di politica interna. Ciò potrebbe avere come effetto indiretto ma importante la ricomposizione di un rapporto tra maggioranza e opposizione. Questo sarebbe nell’interesse di tutti, perché a pagare l’attuale lacerazione sono sia il governo sia l’opposizione. Quest’ultima si trova a essere tirata verso una linea estremista e molto dura che non so quanto possa essere utile a lungo termine.
L’emergenza in Libia cambia gli equilibri di governo?
Per il momento no, a meno che si crei una situazione di “guerra guerreggiata”, per cui si formerà un governo di unità nazionale. Ma se è una situazione che riguarda semplicemente un tema forte di politica estera e militare, non vedo perché dovrebbe cambiare gli equilibri. L’opposizione continuerà a votare contro ma convergerà rispetto al governo sulle questioni di politica estera.
Ci sarà uno “scambio” tra Libia e riforme istituzionali?
La questione libica è così delicata che è importante che non si trasformi nell’oggetto di un “baratto”. Sulla politica estera c’è una situazione di crisi seria che ci investe come nazione. In questo senso non ci possono essere effetti immediati sul piano degli equilibri di governo. La convergenza deve essere sulla politica estera, come sempre è successo nei momenti critici della storia del Dopoguerra.
Quanto è indebolito il governo dalla rottura con FI?
Il governo è più debole da un punto di vista generale. I numeri probabilmente li ha, sia alla Camera sia al Senato. Si crea però una situazione tale per cui è costretto a procedere sulla via delle riforme a colpi di maggioranza: una strada che in genere non porta fortuna. Quell’immagine della Camera vuota nei giorni dell’Aventino è stata interpretata con un senso di fastidio e sconcerto nei confronti dei parlamentari, ma alla lunga l’opinione pubblica non è stata interamente dalla parte del premier. In certi passaggi importanti come la riforma della Costituzione occorre fare uno sforzo per trovare convergenze ampie. Per questo dico che per quanto riguarda legge sul Senato e Italicum sarebbe opportuno trovare dei punti di convergenza.
Infine, come si profila lo stile del presidente Mattarella?
Molto severo, restio a usare toni sopra le righe o a fare gesti eclatanti. Molto misurato quindi nelle sue iniziative e nell’uso delle parole, ma molto attento alla sostanza delle questioni che toccano le sue prerogative.
(Pietro Vernizzi)