«La Puglia è la regione che ha assicurato maggior consenso a Forza Italia negli ultimi anni, mi sembrava giusto intervenire contro chi la guidava…».
L’ironia, se non l’amarezza sarcastica di Raffaele Fitto, ex proconsole in Puglia di Silvio Berlusconi, la dice lunga sulla marcia nel deserto che attende l’elettorato alternativo al partito democratico e refrattario nel nostro Paese allo stile renziano.
Ma la situazione paradossale in cui versa ormai quello che fu il più grande partito del centrodestra sembra aver svuotato di contenuto quel principio per cui a ogni delusione corrisponde una nuova illusione o speranza che dir si voglia.
Veramente appare incredibile una ricomposizione politica che abbia idee, cultura di governo, senso della democrazia atte a sfidare il Partito democratico. Occorreranno probabilmente anni e una più convincente partecipazione dei corpi intermedi della nostra società alle vicende politiche dell’Italia perchè si affacci all’orizzonte una leadership che sia qualcosa di più che annunci roboanti e frasi sprezzanti.
Rimane lo smarrimento di gran parte degli elettori italiani; quelli fuori dai giochi della rendita politica; quelli meno smaliziati e più fragili nel turbinio del cinismo in cui gli oppositori di Renzi fanno a gara a rendergli la vita più facile.
Oggi Matteo Renzi non ha avversari politici, ha solo un ospite indesiderato a cena: la realtà. Le cose infatti non sono come descritte nella sua narrazione, non vanno come vorrebbe. E per di più l’incertezza dello scenario internazionale, gravido di conflitti vicini e lontani e tutti molto pericolosi, gli impediscono di tentare l’avventura di scorciatoie elettorali.
Bene farebbero tutti coloro, dentro e fuori Forza Italia, dentro e fuori il cosiddetto centrodestra, che sono interessati alla maturazione di una proposta politica seria e innovativa per il Paese, a non sciupare il tempo della legislatura che è stato comperato con la riuscita elezione del nuovo presidente della Repubblica. Assurdo pare il fatto che partiti e movimenti politici che dicono di fare tutto in nome della persona si facciano distruggere dai personalismi e consegnino storie politiche significative e dignitose ai tribunali, forse incaricati di sciogliere i nodi di contrasti insanabili. Né credo si possa pensare che la soluzione che tramuta corti declinanti in nuove storie, sia legata a una formula di democrazia interna: non bastano le primarie per mettere “la testa a partito”.
Come è noto, il vino nuovo va in otri nuovi.