“È cambiato tutto, siamo alla fine di un’epoca. È venuto il momento di sfidare democraticamente Renzi”. Lo ha annunciato il segretario della Fiom, Maurizio Landini, in un’intervista al Fatto Quotidiano. Il sindacalista con la sua mossa ha voluto sondare le acque, per poi fare marcia indietro in serata: “La prima pagina è fuorviante perché rimanda più esplicitamente all’impegno di tipo partitico o elettorale, che come si può correttamente leggere nel colloquio non è proprio presente”. Nel pomeriggio la stoccata di Renzi durante la trasmissione “In Mezz’Ora” di Lucia Annunziata: “Non credo che Landini abbandoni il sindacato, è il sindacato che ha abbandonato Landini. La sconfitta sindacale pone Landini nel bisogno di cambiare pagina”. Ne abbiamo parlato con Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera.
Che cosa ne pensa dell’uscita del segretario Fiom?
Intanto è la prima volta che Landini va così vicino al preannunciare un impegno diretto in politica per la costruzione di un partito di sinistra, che finora aveva sempre negato. In passato aveva detto che il suo impegno era nel sindacato e che la sua scadenza era il congresso della Cgil. Ritengo significativo che l’uscita di Landini avviene all’indomani del varo del Jobs Act. Ora bisognerà vedere se e quali seguiti avranno queste affermazioni.
Secondo lei è un annuncio ufficiale?
Nella sua decisione non c’è nessun crisma di ufficialità, Landini è il segretario di un sindacato e deve rendere conto delle sue scelte ai suoi iscritti. Molto dipenderà dall’accoglienza che avrà la proposta all’interno della sua area politica di riferimento. Cioè dal modo in cui sarà recepita non tanto dalla minoranza del Pd quanto piuttosto da quella parte rappresentata da Civati e Fassina che ne esprime la componente più radicale e cui il partito di Renzi va più stretto.
Che cosa ne pensa invece della replica del premier?
La sua è una stoccata polemica. E’ un dato di fatto che è stata annunciata una potenziale ripresa dell’attività di Fiat, con alcune assunzioni che smentiscono l’abbandono del territorio italiano. A parte ciò, quella di Renzi è sostanzialmente una battuta. All’interno del sindacato e dei suoi militanti, le affermazioni del premier non provocheranno certo un crollo del prestigio e del ruolo politico di Landini.
Il segretario Fiom è isolato?
Non mi pare che la posizione della Cgil sul Jobs Act e su Marchionne sia così clamorosamente diversa da quella di Landini. Rispetto al suo mondo, e non a quello di Renzi, il segretario Fiom non è certo così isolato da buttarsi in politica per disperazione. Capisco le battute polemiche, Renzi è molto bravo a farle, ma spesso queste affermazioni apodittiche da Tweet non hanno grande riscontro con la realtà. Renzi stesso in questi giorni ha detto: “Abbiamo rottamato i co.co.co.”, quando i contratti di collaborazione non esistono più da due anni. Volendo andare al merito delle affermazioni, molte volte ci sarebbe da discutere.
Se Landini fondasse un partito, quale percentuale avrebbe?
Non sono in grado di prevedere quale spazio potrebbe avere un’eventuale nuova formazione politica della “sinistra-sinistra”. Se prendesse la forma di un’intesa tra sigle e siglette di partiti e partitini, di quel mondo che un tempo ruotava intorno a Rifondazione comunista, non andrà molto lontano. Un bacino d’utenza un po’ più largo d’altronde potrebbe anche esserci, magari seguendo una via diversa e costruendo un soggetto nuovo.
Il Pd di Renzi lascia spazio a questo soggetto?
Tanto più il Pd di Renzi diventa il centrismo del terzo millennio, quanto più è inevitabile l’aprirsi di uno spazio a sinistra. L’Italia è l’unico Paese dell’Europa continentale in cui la parola “sinistra” è diventata impronunciabile. Perfino in Germania la Linke oscilla tra il 7 e il 10% e governa con i social-democratici in una serie di Land. Per non parlare di Syriza in Grecia o lo stesso Podemos in Spagna, che è il primo o il secondo partito in quasi tutti i sondaggi.
(Pietro Vernizzi)