“Renzi non è autoritario per scelta, ma è costretto all’autoritarismo dal suo modo di concepire la politica. E la conseguenza è che il Pd è tenuto insieme dal ricatto delle elezioni anticipate, che senza le preferenze porterebbero i deputati dissidenti a non essere rieletti”. E’ l’analisi Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista. In risposta alle crescenti tensioni di questi giorni, il presidente del consiglio Renzi ha scritto una lettera ai parlamentari del Pd in cui si afferma che “con rispetto per il doveroso dibattito interno al Pd vorrei che il nostro confronto fosse sui contenuti più che sulle etichette. Che fiorissero idee più che correnti”. La polemica stavolta era stata sollevata dal presidente della Camera, Laura Boldrini, la quale aveva accusato Renzi di governare per decreto.
Che cosa ne pensa delle affermazioni del presidente Boldrini?
Sul fatto che le cose stiano come dice lei non ci sono dubbi, la questione è se la Boldrini avrebbe fatto meglio a tenere un atteggiamento esterno alla lotta politica. Sicuramente il presidente della Camera deve mantenersi in disparte rispetto al confronto tra partiti. Dall’altra però tra i suoi compiti c’è anche quello di garantire la tenuta della democrazia.
E quindi?
Se il giudizio che diamo è che il presidente Renzi stia in qualche modo mettendo in mora il normale funzionamento della democrazia, e io penso che le cose stiano così, allora la presidente Boldrini ha fatto bene a intervenire. Ricordo però anche che un vecchio dirigente del Pci, Pietro Ingrao, nel 1979 si dimise da presidente della Camera dei Deputati perché stabilì che preferiva continuare a fare la lotta politica, e che i due ruoli fossero incompatibili tra loro.
Lei che cosa ne pensa del caso Rai?
Renzi ha sviluppato la tendenza, che era stata propria anche dei governi precedenti,a ridurre in modo formidabile gli spazi della democrazia politica. L’idea di fare la riforma costituzionale con metà aula sull’Aventino e quella di fare la riforma Rai per decreto sono legate da una comune tendenza neo-autoritaria. La politica ha sempre aspirato a mettere le mani sulla tv.
Quella di Renzi è una novità?
Non è una novità, il problema è il come. La Rai lottizzata di Bernabei era di un livello professionale altissimo, oggi invece non c’è un solo nome tra i giornalisti Rai a spiccare sugli altri. La fissazione della società civile e soprattutto l’idea che tocchi al sindacato Usigrai decidere compiti e gerarchie non ha portato a risultati eccelsi. Il punto non è quindi che la politica non debba mettere le mani sulla Rai, bensì se rispetti o meno la struttura democratica e costituzionale, e su questo mi sembra che Renzi sia molto debole.
Landini può essere un nemico a sinistra di Renzi?
Non è Landini a essere un nemico di Renzi, è il presidente del Consiglio ad avere sfidato la Fiom e la Cgil in tutti i modi. La politica economica del governo è stata costruita sull’idea che andasse raso al suolo il sindacato della Camusso, e che la Cgil si difenda mi sembra legittimo. Ma ciò non vuol dire che Landini debba per forza entrare in politica. In questo momento è il segretario della Fiom, fa il sindacalista e ritiene che in questa fase il sindacato possa avere un ruolo importante nella battaglia politica, visto che quest’ultima si svolge soprattutto su temi economico-sociali.
L’unità del Pd è a rischio?
L’unità non esiste, ma il partito è tenuto insieme dalla minaccia elettorale. E’ tutto un meccanismo basato sul fatto che non ci sono le preferenze e che quindi attualmente le liste elettorali sono nelle mani del capo del partito. Se Renzi fa sciogliere le camere, il rischio per chi si oppone è quello di non essere più deputato. E’ questo il ricatto politico che tiene insieme il partito, altrimenti il Pd quasi non esisterebbe più.
Che cosa potrebbe accadere ai prossimi appuntamenti in Parlamento?
Io non darei per scontato che l’Italicum passi. Renzi si sente molto sicuro perché ritiene di avere i numeri, ma forse è stato un po’ troppo spregiudicato perché ha rotto sia a destra sia a sinistra. Bisogna vedere come vanno i rapporti con Berlusconi e come finisce tra quest’ultimo e Fitto. Io ritengo però che il premier almeno in parte stia rischiando.
E se la sinistra decidesse di formare un suo partito?
Dal momento che si è deciso che si andrà avanti fino al 2018 con un presidente non eletto, non si capisce per quale motivo si dovrebbero formare nuovi partiti.
Se non c’è la scadenza elettorale, che cosa si formano a fare?
La rottura c’è, lo dimostra il fatto che sulla riforma costituzionale un pezzo del Pd è andato sull’Aventino. Escono dall’aula, ma non credo che usciranno dal partito. Lei ha accusato Renzi di avere una tendenza neo-autoritaria.
Ma l’alternativa non è l’immobilismo?
Il normale funzionamento della democrazia ha naturalmente i suoi tempi, rende le operazioni più lente ma anche più solide. Nella Prima Repubblica si è governato, si sono fatte numerose riforme con l’opposizione a favore o contro. Craxi fece delle riforme pur avendo contro l’ostruzionismo di un partitone come il Pci. Governare con la democrazia è quindi possibile, anche se c’è bisogno di un partito e di un gruppo dirigente. Sono tutte cose che Renzi non si è mai attrezzato a predisporre perché è convinto di non averne bisogno. Pensa di poter fare tutto da solo, ma questo è possibile soltanto con soluzioni autoritarie.
(Pietro Vernizzi)