“Sono d’accordo con Landini quando afferma che il tema non è la realizzazione a tavolino di un nuovo soggetto politico. Il nostro obiettivo è costruire battaglie comuni su temi concreti per correggere la rotta del governo”. Lo afferma Alfredo D’Attorre, deputato del Pd, annunciando che a marzo si terrà una convention della sinistra del partito. Una battaglia che pone al centro due grandi temi: la difesa della democrazia nei singoli Stati contro le ingerenze di Bruxelles e il contrasto alla povertà da anteporre agli interessi dei grandi gruppi industriali. Dopo l’intervista dei giorni scorsi, Landini ha precisato: “Io voglio continuare a fare il sindacalista”. Nello stesso tempo però ha ribadito l’idea di continuare a lavorare a una “vasta coalizione sociale” che si opponga a un presidente del Consiglio che, “pur non essendo stato eletto, sta cancellando lo Statuto dei lavoratori. E’ a rischio la tenuta democratica del Paese”.



Come intende muoversi la sinistra Pd nei prossimi passaggi parlamentari?

Sulle riforme abbiamo indicato la necessità di cambiamenti nel merito e di un ritorno a un sano metodo parlamentare. Se dovesse proseguire il tentativo di una blindatura extraparlamentare del processo riformatore anche dopo la fine del patto del Nazareno, non esiteremo a esprimere il nostro dissenso in modo leale e alla luce del sole, ma anche molto determinato.



Sul piano economico-sociale invece che cosa farete?

Si vedono i primi timidi segnali di ripresa, ma adesso dobbiamo capire se a beneficiarne saranno solo i grandi industriali. Questi ultimi finora hanno goduto di una serie notevole di provvedimenti del governo a loro favore, tra cui Jobs Act, taglio dell’Irap e sgravio per le nuove assunzioni. Noi riteniamo che sia il caso di introdurre misure nel segno della redistribuzione, della lotta alle diseguaglianze e del contrasto alla povertà. La ripresa non può esserci soltanto per i ricchi e per i soliti noti.

Ma i decreti attuativi del Jobs Act non hanno esteso le tutele e la lotta al precariato?



Francamente questa estensione delle tutele e questa lotta alla precarietà io non la vedo né in termini di quantità di nuove risorse stanziate, né di nuovi istituti giuridici previsti. La verità è sotto gli occhi di tutti. Quando si è candidato alle Primarie, Renzi aveva proposto un Jobs Act basato sulla cancellazione di tutte le forme di precariato e con l’approdo al contratto d’inserimento unico a tutele crescenti. Alla fine del percorso ci troviamo con le forme di precariato ancora tutte in piedi, ne sono rimaste 45 su 47, e in più è stata eliminata la tutela piena. Altro che contratto unico a tutele crescenti: abbiamo ancora una selva di contratti precari, senza tutele.

Landini può essere il leader di un nuovo partito di sinistra?

Sono d’accordo con Landini quando afferma che il tema non è la realizzazione a tavolino di un nuovo soggetto politico. Mentre può essere interessante costruire su temi concreti battaglie comuni per correggere la rotta del governo. Si tratta di battaglie che possono unire aree politiche rappresentate in Parlamento, soggetti sindacali, settori della società civile. Il tema fondamentale per me è contrastare e correggere una linea del governo che in questo momento appare di subalternità all’ortodossia europea e a una politica economica imposta da Bruxelles.

 

Dopo avere fatto dichiarazioni molto forti contro la Troika, Tsipras è tornato nei ranghi. Per Renzi il rispetto dell’ortodossia europea è un percorso obbligato?

La pressione esercitata sulla Grecia da parte della Germania, con la sostanziale accondiscendenza dello stesso governo italiano, è un fatto molto grave che induce a riflettere in termini molto rigorosi sulla compatibilità tra l’attuale assetto dell’euro e la democrazia. Se un governo che riceve un mandato popolare su un programma ben preciso è costretto dalle istituzioni Ue a rinunciare a una parte fondamentale di quello stesso programma, siamo di fronte non soltanto a un fatto economico, ma anche a un enorme problema di democrazia e di sovranità popolare. Su questo preoccupa il silenzio di Renzi e di buona parte dei socialisti europei.

 

Perché lo ritiene preoccupante?

La difesa del tema della democrazia e della sovranità popolare è un fatto fondamentale. Gli spazi di autonomia decisionale devono inoltre essere riconosciuti ai singoli Stati. Se la sinistra abbandonerà questo tema, il rischio è che sia travolta non soltanto dal crollo dell’unione monetaria, ma anche da un’ondata di destra regressiva e xenofoba che gestirà una fase di rinazionalizzazione delle politiche a livello europeo.

 

In che modo farete valere il vostro peso sui temi che ritenete più importanti?

Ci sono passaggi che dovranno ancora essere consumati in Parlamento. Ci sarà inoltre uno spazio di proposta e di mobilitazione che va fatto vivere nel Paese. Bisognerà praticare entrambi per provare a correggere la linea di politica economica del governo. Come sinistra Pd nel mese di marzo terremo inoltre una convention aperta per indicare le nostre idee e priorità. Priorità che vogliamo innanzitutto portare in una discussione dentro al Pd.

 

Che cosa farete infine per quanto riguarda l’Italicum?

Ci sono tre punti su cui intervenire: la riduzione del numero di deputati nominati; la possibilità di apparentamenti tra liste al secondo turno di ballottaggio; il collegamento tra l’entrata in vigore della legge elettorale e quella della riforma costituzionale. Questo collegamento è necessario in quanto il meccanismo del ballottaggio può funzionare soltanto in un sistema in cui a votare la fiducia al governo sia una sola camera.

 

(Pietro Vernizzi)