I parlamentari che hanno interrotto con 42 applausi in 30 minuti il discorso del nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella “erano felici come dei bambini per essersi garantiti il posto per un altro paio d’anni e aver evitato lo scioglimento delle Camere. Questo era l’unico loro vero obiettivo nel teatrino delle elezioni, di Mattarella non gli poteva fregare una cippa”. Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog, dove è tornato a farsi sentire una volta terminata la cerimonia di insediamento al Quirinale del nuovo Capo di Stato. “Ricordavano questi parlamentari incostituzionali nel loro entusiasmo gli applausi registrati negli studi televisivi che appartenevano a persone morte da un pezzo. Gli applausi dei morti viventi”, aggiunge il leader M5S, che poi conclude: “Vale più che mai il consiglio del fratello di Mattarella: Sergio, guardati dai politici. Più applaudono, più devi preoccuparti”.



“Un discorso bellissimo”. Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha commentato il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Montecitorio. Il premier non ha poi voluto aggiungere altro ai giornalisti presenti al Quirinale per la cerimonia di insediamento: “Oggi è il giorno del presidente”, ha detto Renzi. Presente al Colle anche Silvio Berlusconi, che ha risposto a chi gli chiedeva come sta tuttora il patto del Nazareno: “Francamente non lo so – ha detto il leader di Fi – abbiamo sempre avuto uno spirito di Stato e siamo convinti che ci vogliano riforme per il Paese. Se una proposta arriva dalla sinistra la giudichiamo e decidiamo”.



Nel suo discorso d’insediamento davanti al Parlamento, il dodicesimo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato anche del terrorismo internazionale a sfondo religioso: “Va combattutto chi strumentalizza la religione ai propri fini”. Come ribadito dal Presidente, più volte interrotto dagli applausi, per minacce globali servono risposte globali: “La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risoorse contro i predicatori di odio”. Sergio Mattarella ha voluto esprimere l’impegno della Presidenza della Repubblica per “assicurare ai cittadini una vita serena e priva di paura”. Il Presidente della Repubblica ha quindi toccato l’argomento dei marò, i due italiani sotto processo in India per omicidio, auspicando il loro definitivo ritorno in patria. Mattarella ha concluso il suo intervento rivolgendo un pensiero agli italiani rapiti all’estero di cui non si hanno più notizie e in particolare ai loro familiari.



Si è concluso il discorso di insediamento al Quirinale di Sergio Mattarella: “Questo luogo è un luogo ricco di storia, che davvero è la casa degli italiani e che è bene che lo divenga sempre di più”, ha detto il presidente della Repubblica che ha voluto anche soffermarsi “sulla Corte Costituzionale, avendone fatto parte e avendone apprezzato l’importanza, il valore dell’attività e il ruolo fondamentale che svolge al servizio delle istituzioni”. Un ringraziamento al Capo dello Stato è arrivato anche da Massimiliano Latorre, il fuciliere italiano ancora trattenuto in India con il collega Salvatore Girone: “Permettetemi di ringraziare il Neo eletto Signor Presidente delle Repubblica che oggi ci ha citato nel suo discorso di insediamento auspicando di poter aver l’ Onore ed il piacere di potergli stingere la mano”, si legge su Facebook. 

E’ iniziato nel palazzo del Quirinale il discorso di insediamento di Sergio Mattarella, nuovo presidente della Repubblica italiana. “Caro presidente, sono sinceramente felice di poterle augurare il benvenuto al Quirinale dove per i prossimi sette anni sarà rappresentante dell’unità nazionale”, ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso accogliendo il Capo dello Stato. Mattarella ha avuto un colloquio privato con il presidente emerito Giorgio Napolitano, il quale gli ha poi consegnato l’onorificenza di collare di Cavaliere di gran Croce decorato di gran Cordone. 

Lasciato l’Altare della Patria, Sergio Mattarella è salito a bordo della Lancia Flaminia con il Presidente del Consiglio, il Segretario generale della Presidenza della Repubblica e il Consigliere militare, per recarsi a palazzo del Quirinale per la cerimonia di insediamento. Il Capo dello Stato ha ricevuto gli onori militari e ha passato in rassegna i corpi delle Armi schierati nel cortile d’onore. Proprio sul sito del Quirinale è stato intanto diffuso il testo integrale del discorso che Mattarella ha pronunciato nell’aula di Montecitorio davanti alle Camere riunite. 

Concluso il discorso alla Camera, Sergio Mattarella ha lasciato Montecitorio e si è recato al Vittoriano, in piazza Venezia, per rendere omaggio al Milite ignoto deponendo una corona di fiori all’Altare della Patria. Insieme a lui anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, mentre le Frecce Tricolore sorvolano la capitale. A breve il Capo dello Stato si recherà al Quirinale per la cerimonia di insediamento. Intanto arrivano i primi commenti al primo discorso di Mattarella da presidente della Repubblica: “E’ semplicemente Mattarella, la sensibilità, la sobrietà, i valori. Gli do il massimo dei voti”, ha detto Pier Luigi Bersani. “Secondo me è fantastico. Abbiamo bisogno di accompagnare i cambiamenti tenendoli nel solco dei fondamentali”, ha aggiunto. 

Si è concluso il discorso di Sergio Mattarella alla Camera, spesso interrotto dagli applausi dei parlamentari. “Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del Capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. E’ un’immagine efficace. All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere e sarà imparziale”, ha detto il Capo dello Stato facendo scattare una standing ovation. Mattarella ha parlato a lungo anche della lotta alla mafia e alla corruzione, ricordando il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: “La lotta alla mafia deve essere prioritaria”, ha detto, spiegando che la corruzione “ha raggiunto livelli inaccettabili”. (scorri in fondo per vedere la diretta dell’Aula della Camera)

“Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione”. E’ la formula di rito pronunciata poco fa da Sergio Mattarella per giurare fedeltà alla Repubblica italiana. Dopo essere stato accolto da un lungo applauso dell’Aula, è iniziato il suo primo discorso da Capo dello Stato davanti al Parlamento riunito in seduta comune. “Rivolgo un saluto rispettoso all’Assemblea a ai parlamentari che interpretano la sovranità del popolo. Ringrazio la presidente Boldrini e la vicepresidente Fedeli e tutti coloro che hanno preso parte al voto”, ha esordito Mattarella. “La lunga crisi ha inferto ferite e prodotto emarginazione e solitudine, tante difficoltà hanno colpito occupazione e creato esclusione”, ha aggiunto il presidente, secondo cui “va alimentata l’inversione del ciclo economico. Bisogna accompagnare al risanamento la crescita da articolare a livello europeo”. (scorri in fondo per vedere la diretta dell’Aula della Camera)

E’ il giorno di Sergio Mattarella, nuovo presidente della Repubblica italiana che alle 10 giurerà a Montecitorio davanti alla Camere riunite in seduta comune. A seguire è invece prevista la cerimonia di insediamento al Quirinale. Il Capo dello Stato ha lasciato poco fa la sua abitazione e adesso sta arrivando alla Camera scortato dai carabinieri. Alla cerimonia sarà presente anche Silvio Berlusconi, mentre Beppe Grillo ha gentilmente rifiutato l’invito: il leader M5S ha inviato una lettera di auguri a Mattarella per il suo settennato: “Il primo augurio è quello di tutelare la Costituzione italiana – scrive Grillo – Il secondo augurio è di non firmare leggi palesemente incostituzionali proposte dal governo”, mentre “il terzo augurio è di promuovere con i mezzi a sua disposizione leggi per proteggere le fasce più deboli della popolazione alle quali ha voluto dedicare le sue prime parole”. Grillo chiede anche “un incontro per illustrarle di persona la posizione del M5S sui temi più importanti per il Paese, in particolare sull’introduzione del reddito di cittadinanza, e per ascoltare le sue valutazioni in merito”. (scorri in fondo per vedere la diretta dell’Aula della Camera)

Dopo le dimissioni da giudice della Corte costituzionale, Sergio Mattarella presterà oggi giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione davanti al Parlamento presso l’Aula di Montecitorio. Poi, a partire dalle 11.30, avrà luogo la cerimonia di insediamento al palazzo del Quirinale. Il Capo dello Stato verrà prelevato dal segretario generale della Camera, Lucia Pagano, presso la sua abitazione (la foresteria della Corte costituzionale a poche centinaia di metri dal palazzo della Consulta): arriverà quindi alla Camera, mentre la campana maggiore di Montecitorio suonerà ininterrottamente durante tutto il tragitto. Ricevuto dai presidenti di Camera e Senato, Mattarella si recherà in Aula dove verrà aperta la seduta e inizierà il giuramento: “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione”, recita la formula di rito seguita da 21 salve di cannone e ancora dalla campana di Montecitorio. Dopo il giuramento rivolgerà il primo discorso ufficiale alla Nazione, mentre dopo la chiusura della seduta il presidente della Repubblica raggiungerà l’atrio di Montecitorio per incontrarsi con il presidente del Consiglio e con il segretario generale del Quirinale. Uscito da Montecitorio e dopo aver ascoltato l’Inno nazionale suonato in piazza, Mattarella renderà omaggio al Milite ignoto all’Altare della Patria, per poi salire ufficialmente al Quirinale. Al Colle si terranno alcuni discorsi, quello del presidente uscente Napolitano e, se vorrà, quello del nuovo Capo di Stato.

Signora Presidente della Camera dei Deputati, Signora Vice Presidente del Senato, Signori Parlamentari e Delegati regionali,

Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate. 

Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice Presidente Valeria Fedeli. 

Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto.

Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari. 

A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani.

Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l’onere di un secondo mandato, un ringraziamento particolarmente intenso. 

Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le magistrature.
Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato.

La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto. L’unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno. 

Ma anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini. 
Questa unità, rischia di essere difficile, fragile, lontana. 

L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze.

La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo.

Ha aumentato le ingiustizie.

Ha generato nuove povertà.

Ha prodotto emarginazione e solitudine.

Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi.

Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali. 

Sono questi i punti dell’agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo.

Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione.

Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l’economia nazionale e quella europea, va alimentata l’inversione del ciclo economico, da lungo tempo attesa. 

E’ indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo.

Nel corso del semestre di Presidenza dell’Unione Europea appena conclusosi, il Governo – cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro – ha opportunamente perseguito questa strategia.

Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza.

L’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte.

Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente.
Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito.

Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali.

Penso alla Pubblica Amministrazione che possiede competenze di valore ma che deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni. 

Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana. 

Parlare di unità nazionale significa, allora, ridare al Paese un orizzonte di speranza.

Perché questa speranza non rimanga un’evocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società. 

A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità in Patria come all’estero. 

Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso. 

Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere presenti nel nostro Paese.

La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica.

La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti. 

Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità e di cambiamento.

La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti. 

I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei. Rappresentano anche, con la capacità di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare. 

A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l’essenza del mandato parlamentare. 

L’idea, cioè, che in queste aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese.

Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità.

Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti.

E’ necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee. 

La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi.

E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione.

Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia.

Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico. 

Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l’esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare.
Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento. 

Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. 

E’ una immagine efficace.

All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere – e sarà – imparziale. 
I giocatori lo aiutino con la loro correttezza.

Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. 

La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno.

Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro.

Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro.

Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale. 

Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici.

Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. 

Significa garantire i diritti dei malati.

Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale. 

Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi. 

Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni.

Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità.

Significa sostenere la famiglia, risorsa della società.

Significa garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione, presidio di democrazia.

Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo.

Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva. 

Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità. 
La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute.

La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. 

Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini.

Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato.

Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci. 

L’attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i corrotti: «Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini».

E’ allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti. 

Dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle forze dell’ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata. 

Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. 
Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere. 

Altri rischi minacciano la nostra convivenza. 

Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti. 

Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi. 

Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano. 

La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo da tempo chiuso dalla storia. Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa.

Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave errore.

La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza.

Per minacce globali servono risposte globali. 

Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. 

I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale.

La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse.

Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. 

La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento. Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. 

Il sentimento della speranza ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989. 

Nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L’Unione Europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio.

L’affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.

Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi. 

Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano salvezza e futuro proprio nell’Europa del diritto e della democrazia.

E’ questa un’emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l’Unione Europea più attenta, impegnata e solidale.

L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo.

A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, ¬ deve essere consolidata con un’azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi. 

Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell’assolvimento del proprio dovere.

Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinché la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria.

Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo.

Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro case. 

Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati,
Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo.

Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani:
il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi. 

i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti.

Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto.

Il volto di chi ha dovuto chiudere l’impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi.

Il volto di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri.

Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto.

Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose.

Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace.

Viva la Repubblica, viva l’Italia!