“Se Renzi proseguirà lungo la linea dell’intangibilità dei testi che sono stati concordati con Berlusconi e Verdini, il rischio è che si produca una divisione importante nel Pd”. Lo afferma Alfredo D’Attorre, deputato del Partito Democratico, nel giorno in cui la riforma costituzionale approda alla Camera. Il testo, già approvato dal Senato in prima lettura, dovrà poi tornare a Palazzo Madama. L’iter previsto per le leggi costituzionali prevede una doppia votazione sia da parte della Camera sia da parte del Senato. Se il testo non è approvato con la maggioranza dei due terzi, in base all’articolo 138 della Costituzione è possibile indire un referendum su richiesta di un quinto dei parlamentari, cinque consiglio regionali o 100mila elettori.



Come vi muoverete per quanto riguarda la riforma della Costituzione?

Troveremo le forme per esprimere la nostra valutazione critica sul metodo e sullo stesso pacchetto complessivo rappresentato da riforma costituzionale e legge elettorale,così come è congegnato adesso. E’ evidente che a questo punto i passaggi decisivi saranno i prossimi, quello sulla legge elettorale alla Camera e il ritorno della riforma costituzionale al Senato.



Su quali numeri pensate di contare e in quali modi pensate di esprimere il dissenso?

Non sarà un dissenso che si esprimerà in una dimensione quantitativa, ma troveremo le forme per segnalare che c’è un problema. Il punto sarà capire se Renzi proseguirà lungo la linea dell’intangibilità dei testi che sono stati concordati con Berlusconi e Verdini, che lui pretende rimangano identici anche con il venir meno dell’appoggio di Forza Italia. Se questa posizione sarà confermata, il rischio è che si produca una divisione importante nel Pd.

Perché ha scelto di non partecipare alla riunione dei parlamentari del Pd?



Nessuna polemica, sono aperto a qualsiasi forma di confronto purché sia seria. Francamente non credo che sia una cosa utile fare una riunione con 400 invitati per discutere di tutto in un’ora, proprio mentre si dice al partito e al gruppo parlamentare che non si accetterà neppure un emendamento né sulla riforma elettorale né su quella del Senato.

Che cosa contestate per quanto riguarda la riforma del Senato?

Noi vogliamo che il processo riformatore vada in porto. Perché ciò avvenga va rimesso in equilibrio e va corretto su alcuni punti importanti. Siamo favorevoli sia al superamento del bicameralismo perfetto sia a una riforma intelligente del Titolo V. Il problema è che il pacchetto complessivo legge elettorale-riforme costituzionali così come è adesso delinea un sistema squilibrato, una sorta di presidenzialismo surrettizio e mascherato, privo di qualsiasi contrappeso, che non ha riscontro in altri sistemi democratici occidentali, che rischia di restringere significativamente gli spazi di partecipazione e di rappresentanza democratica.

Una seconda camera espressione dei poteri locali esiste anche in Francia, Spagna e Germania. Dove sta la differenza?

Il punto non è questo. Noi siamo favorevoli all’idea di avere un Senato in rappresentanza dei territori che non sia legato a un rapporto fiduciario con il governo. Il problema è che la natura del nuovo Senato è irrisolta, perché non siamo riusciti ad andare né nella direzione del modello francese, né in quella del Bundesrat tedesco, come prevedeva un emendamento che ho presentato.

 

Qual era la sua proposta?

La mia proposta era un meccanismo di rappresentanza diretta degli esecutivi regionali nel nuovo Senato, che avrebbe consentito alla camera federale di assorbire al suo interno le tensioni della conferenza Stato-Regioni. Il mio gruppo al governo mi ha poi chiesto di ritirare la mia proposta perché Forza Italia non era d’accordo. Ci troviamo di fronte al paradosso di una serie di miglioramenti che non sono stati introdotti perché bisognava mantenere l’accordo con Forza Italia, e adesso con Forza Italia che vota contro ci viene detto che il testo deve rimanere immodificabile.

 

Come si risolve l’instabilità politica che ha caratterizzato l’Italia negli ultimi 20 anni?

Negli ultimi 20 anni noi abbiamo provato a costruire sistemi che in qualche modo accentuassero elementi di investitura diretta del premier. L’Italicum porta al diapason questa tendenza attraverso il meccanismo di ballottaggio che può dare la maggioranza assoluta dell’unica camera politica a una singola lista anche nel caso in cui questa abbia avuto meno del 20% al primo turno. La strada per costruire stabilità attraverso meccanismi forzosi della legge elettorale ha indebolito la rappresentanza del Parlamento, senza aumentare la stabilità e la capacità di decisione dei governi. Lo dimostra il fatto che in questi anni, pur in presenza di leggi elettorali maggioritarie, abbiamo spesso avuto cambi di governo nell’ambito della stessa legislatura.

 

(Pietro Vernizzi)