“Con la riforma costituzionale che oggi approda alla Camera in seconda lettura l’Italia avrà finalmente un sistema parlamentare efficiente , come le altre democrazie europee. Ci possono essere alcuni particolari che non convincono, ma complessivamente è un progetto che trovo non improvvisato, coerente con le altre democrazie occidentali e atteso da tanti anni”. Lo sottolinea Augusto Barbera, professore emerito di Diritto costituzionale all’Università di Bologna. A proposito della riforma, ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto che “andiamo alla Camera con il voto finale della seconda lettura. Puntiamo al referendum finale perché per noi decidono i cittadini, con buona pace di chi ci accusa di atteggiamento autoritario. La sovranità appartiene al popolo e sarà il popolo a decidere se la nostra riforma va bene o no. Il popolo, nessun altro, dirà se i parlamentari hanno fatto un buon lavoro o no”.
Partiamo dalla dichiarazione di Renzi. In che senso il referendum sarebbe una scelta del governo?
Se in parlamento si fosse arrivati ai due terzi, non sarebbe stato possibile indire nessun referendum. Siccome però non si arriverà ai due terzi ma soltanto alla maggioranza assoluta, in base all’articolo 138 della Costituzione è data possibilità ad un quinto dei parlamentari, a cinque consigli regionali o a 500mila elettori di chiedere un referendum. Questa è una facoltà che in genere esercita l’opposizione, ma Renzi afferma che saranno gli stessi parlamentari del partito democratico che attiveranno il referendum; saranno loro stessi a volere che questa riforma sia sottoposta a referendum.
Con la riforma, a votare la fiducia al governo sarà la sola Camera dei deputati. Come valuta questa norma?
E’ bene che finalmente sia così! In tutte le democrazie parlamentari la fiducia è votata da una sola camera di diretta espressione popolare. Con questa riforma l’Italia diventa un Paese come gli altri, evitando quanto è avvenuto nel 2013 quando la Camera aveva i numeri per dare la fiducia a Bersani e il Senato no. E’ coerente con la teoria democratica secondo cui la sovranità espressa dal popolo si manifesta in una sola assemblea, si chiami essa Camera dei comuni, Assemblea nazionale o Bundestag.
Che cosa ne pensa invece dei nuovi compiti del Senato?
Se il potere politico è nelle mani della Camera dei deputati, in quanto diretta espressione del popolo, anche l’attività legislativa deve trovare il suo fulcro in Montecitorio. Il Senato può soltanto chiedere che siano apportate alcune modifiche, ma se la Camera non è d’accordo è quest’ultima a prendere la decisione definitiva. Anche questo mi sembra che appartenga alla normalità delle democrazie parlamentari.
Condivide le critiche che sono state mosse ai criteri di composizione del Senato?
La seconda camera o è espressione dei ceti aristocratici, come la Camera dei lord inglese o il vecchio Senato regio, o è espressione delle entità decentrate come in Francia, Germania e Spagna. Certo l’assenza dei governatori può indebolire la presenza delle Regioni al Senato, ma è anche vero che i consigli regionali non mancheranno di eleggerli.La presenza di un Sindaco eletto da ciascun Consiglio regionale potrebbe essere utile per far sì che comuni e Regioni possano sentirsi meno estranei fra loro”.
Un tema di cui si è molto discusso è quello dell’immunità dei senatori. Lei come lo vede?
Se il Senato è una seconda camera deve avere le stesse prerogative della prima. Nell’attuale clima giustizialista è stato molto enfatizzato questo tema. Per evitare strumentalizzazioni si poteva anche evitare di attribuire l’immunità ai senatori, ma ritengo che comunque sia stata fatta una scelta coerente con altre esperienze costituzionali.
La riforma del Titolo V è stata accusata di essere troppo centralista. E’ davvero così?
Nel 2001 c’era stata un’estremizzazione autonomistica fino ad abolire il limite degli interessi nazionali e adesso si stanno un po’’ tirando i remi in barca. Il federalismo è stata un’ubriacatura collettiva dalla quale l’Italia si sta risvegliando. Anche qui ci sono dei particolari della riforma che potrebbero essere scritti meglio, ci sono delle parti che potrebbero essere più equilibrate, ma complessivamente non si potevano non ri-centralizzare alcune funzioni. D’altro canto la attenuazione di alcune competenze regionali è decisamente compensata dalla presenza delle Regioni nel cuore stesso del potere legislativo nazionale .
Nel complesso la ritiene una riforma coerente?
Contrariamente a quanto si sente dire in giro non c’è nessuna improvvisazione, anzi sono i progetti attorno a cui si è discusso per quasi 40 anni. Ci sono alcuni particolari di questa riforma che non mi convincono, ma complessivamente è un progetto che trovo non improvvisato, coerente con le altre democrazie occidentali e atteso da tanti anni.
Quali sono i particolari della riforma che non la convincono?
Non avrei dato la piena competenza sulle leggi costituzionali al Senato. Il testo inoltre prevede che una legge elettorale approvata dal parlamento, su ricorso di un certo numero di parlamentari, possa essere sottoposta preventivamente alla Corte costituzionale. Ritengo che sia un’autoumiliazione della politica del tutto non necessaria.
La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima l’attuale legge elettorale. Significa che è illegittimo lo stesso Parlamento?
Questo è un altro discorso. Qui stiamo ragionando sulla Costituzione che deve valere per il futuro . Nel testo della riforma si afferma che Il Parlamento allorché si occupa di leggi elettorali deve essere messo sotto la tutela preventiva della Corte costituzionale . E’ ciò che mi crea delle forti perplessità. Gli americani hanno coniato il termine “iuristocracy “, contrapposto a democrazia. Quella che dice lei è una questione diversa, ormai alle nostre spalle, frutto del ricorso di alcuni cittadini alla Corte ; ma , in ogni caso, va ricordato che la Corte costituzionale ha affermato che la sua decisione non toccava la legittimazione dell’attuale Parlamento.
(Pietro Vernizzi)