“Archiviata questa triste pagina, sono di nuovo in campo per costruire, con Fi e il centrodestra, un’Italia migliore, più giusta e più libera. Dobbiamo essere uniti. Così faremo valere il nostro popolo che è la maggioranza nel Paese”. Silvio Berlusconi ha commentato così la sua assoluzione per il caso Ruby, mostrando la sua intenzione di tornare pienamente in campo come protagonista della politica. Con Forza Italia che nei sondaggi è scesa all’11% e un partito diviso, ad attendere il Cavaliere è un duro lavoro di ricostruzione. Abbiamo fatto il punto con Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera.
Dopo l’assoluzione sul caso Ruby, Berlusconi torna davvero in campo come prima?
No. Berlusconi bluffa. Non sa più che pesci pigliare. Il pallino del gioco gli è stato sfilato, ha ormai 80 anni, e i “menestreli” di corte gli hanno sfilato il costoso giocattolino. Verdini, e i suoi, sono i veri registi occulti della nuova “cosa di centrodestra” di cui però ancora nessuno sa definirne i contorni reali. Asse con Renzi, ammiccamenti con la Lega, ponti nascosti con Ncd. La manovra è su più tavoli in attesa di capire quale dei pezzi in gioco si incastrano meglio tra di loro. Del resto l’odissea giudiziaria ha contribuito fortemente a mettere in fortissima difficoltà la leadership di Berlusconi. E’ anche vero però che questo ruolo politico e questa capacità di leadership politica nel frattempo si è venuta esaurendo. Su questo ha pesato la vicenda giudiziaria, ma non solo.
Che cosa sta succedendo al centrodestra?
Il centrodestra è una galassia al cui interno ha perso sempre più peso la componente moderata, anche perché molte delle sue istanze sono state recepite da Renzi. Mentre ha assunto un peso crescente la componente estremistica di Salvini, in forte collegamento con la nuova destra europea. Berlusconi non ha la capacità di ricomporre sotto la sua leadership questo universo così diverso e divaricato.
Dopo Berlusconi, chi può essere il nuovo leader del centrodestra?
Il centrodestra dal 1994 in poi si è identificato con Silvio Berlusconi. L’esaurirsi della sua funzione di leadership ha provocato un processo di implosione dell’intero schieramento. D’altronde non ci sono più neanche i protagonisti di un tempo, perché passano gli anni e sono tutti usciti di scena. Da Bossi a Fini a Casini, non c’è più quel mondo e quell’“umor medio” che lo contraddistingueva. Mancano gli stessi leader in grado di rappresentarlo.
Perché non c’è una nuova leadership?
Perché Pdl prima e Forza Italia poi sono stati gli unici partiti al mondo in cui la leadership non è contendibile, e quindi con il declino del leader viene meno il partito stesso. Difficile dire quanti centrodestra esistano oggi, e quali contenuti politici distinguano Fitto da Berlusconi.
Berlusconi non è più candidabile. Salvini potrebbe essere il prossimo leader del centrodestra?
Oggi dovrei dire di sì. Anche se non credo proprio che tra gli interessi di Berlusconi ci sia quello di lanciare Salvini come suo delfino. Un delfino peraltro destinato ad annegare, perché per quanti voti possa raccogliere un’alternativa di questo tipo significa che il centrosinistra vincerà per decenni. Berlusconi annaspa, non ha un disegno chiaro in mente. C’è una situazione di difficoltà, e il fatto di essere stato assolto per il caso Ruby non comporta una riacquisizione piena della sua leadership. Berlusconi non è un sovrano assoluto, e quindi non sarà lui a nominare il proprio erede.
Per il segretario Cei, Nunzio Galantino, “un’assoluzione con le motivazioni sinora conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale”. Lei che cosa ne pensa?
Il giudizio dei tribunali da che mondo è mondo riguarda ciò che è giuridicamente rilevante, non moralmente o politicamente. Questa è quindi un’obiezione che vuole dire poco. Per ciò che riguarda invece il rapporto tra Berlusconi e il mondo cattolico, questo tipo di questioni hanno certamente un peso. Da questo punto di vista è stata introdotta una divaricazione evidente. Berlusconi non è più il presidente del consiglio, e quindi non può più assicurare uno scambio tale per cui la Cei chiude un occhio sui suoi comportamenti privati, perché interessano i suoi comportamenti pubblici in difesa dei valori non negoziabili. Anche perché a essere cambiata è la stessa Chiesa, abbiamo un nuovo Papa e c’è stato un ricambio dei vertici Cei.
(Pietro Vernizzi)