È di questi giorni la querelle tra il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini e quello della Liga Veneta, Flavio Tosi, in merito alla composizione delle prossime liste elettorali per le imminenti elezioni nella Regione Veneto. Una disputa che si è giocata mediaticamente frapponendo l’uno all’altro le regole dello Statuto del partito; nella realtà tutta questa contesa nasconde, anche malamente, le reali intenzioni di potere e carriera politica dei due contendenti.
L’ha spuntata Salvini, non tanto perché avesse più ragioni del suo contendente, quanto perché è il più alto in grado dei due, e alla fine la pletora di dirigenti e “tirapiedi” di medio e alto livello nel partito hanno preso posizione a favore del più forte, di colui che gli può far fare una migliore carriera politica: l’attuale segretario federale della Lega Nord.
Ma più che occuparmi della vicenda che ha interessato i due, voglio soffermarmi sulla figura di Matteo Salvini e sul ruolo politico del partito Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Sì, perché se poco più di un anno fa il partito era accreditato al 3% a livello nazionale e solo dopo pochi mesi di dirigenza Salvini si è attestato al 6% alle scorse elezioni europee, ora i sondaggi vedono veleggiare la Lega ben oltre il 15% a livello nazionale e puntare persino al 20%. Un successo si dirà. Neanche per sogno, anzi, è un fallimento!
Un partito dovrebbe (il condizionale è d’obbligo, vista la degenerazione di questi apparati negli ultimi decenni) aggregare simpatizzanti, militanti ed elettori attorno a idee economico-sociali e identità socio-culturali, tali poi da caratterizzare in maniera precisa l’azione politica negli apparati amministrativi e burocratici. E se un partito è denominato Lega Nord per l’Indipendenza della Padania dovrebbe esprimere un’azione politica volta a ricercare pervicacemente l’indipendenza della Padania, sganciando una parte dell’attuale territorio italiano per costituire qualcosa di nuovo e di altro rispetto all’Italia.
Tanto più che l’articolo 1 dello Statuto del partito recita che “il Movimento […] ha per finalità il conseguimento dell’Indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”. Ora, alla luce di quanto scritto, come si colloca l’azione politica del leader Matteo Salvini? È in linea con l’art. 1 dello Statuto? Direi proprio di no, anzi sarebbe passibile di provvedimento d’espulsione dallo stesso.
Salvini si è da subito elevato a paladino dell’italianità, sostenendo che l’Italia o si salva tutta (dalla crisi economica) o non ci sarà speranza per nessuno, e chiede un ritorno alla lira in barba all’euro. Semplificando, l’attuale leader della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania si batte affinché ci si affratelli in un sol abbraccio Nord, Centro e Sud Italia, facendo a cazzotti con i Paesi della Mitteleuropa…una cosa mai sentita prima in trent’anni di politica leghista!
Nessun partito indipendentista d’Europa cerca di allontanarsi dall’Europa politica per abbracciare il proprio centralismo nazionalista; sbagliano scozzesi, catalani, baschi, bretoni, corsi, fiamminghi, o sbaglia l’attuale leader leghista ad aver trasformato un partito autonomista-indipendentista in un partito di estrema destra nazionalista?
A essere coerenti con lo Statuto e a farlo rispettare, Salvini sarebbe da espellere dal partito medesimo per violazione proprio dell’art. 1, quello più importante, quello che definisce il partito nella sua “ragione sociale” e nella sua essenza politica, ma, tranquilli, come nelle migliori commedie all’italiana nessuno oserà tanto nel partito.
Nessuno oserà mettere in dubbio l’azione mediatica del “capitano” (sì perché, da tifoso milanista, l’utilizzo della metafora calcistica crea affinità con la base politica e con l’elettorato… dal capo o senatùr, al capitano), la quale, miracolosamente, si sta anche materializzando sottoforma di consenso elettorale “virtuale”, in quanto per ora solo valorizzato numericamente da sondaggi. Ma, attenzione, non ancora concretizzato da un vero e tangibile voto politico; non sono così infrequenti i casi di delusione da urne aperte dopo che i sondaggi davano una certa compagine politica ad altri livelli di preferenze elettorali.
Tuttavia quel che è più importante sottolineare è cosa resta della Lega Nord, qual è il senso della sua esistenza ora che persegue un’azione politica che contrasta con la sua stessa ragione sociale, l’indipendenza della Padania, e in palese e smaccata violazione dell’art.1 del proprio Statuto? Salvini più che “il capitano” sembra “il liquidatore fallimentare” della Lega Nord per l’indipendenza della Padania, non risultando in nessun intervento pubblico o mass-mediatico alcun riferimento né al concetto di Padania, né di indipendenza, ma neppure di federalismo. In ciò si può proprio dire che sia stato il degno prosecutore di quell’opera di demolizione dell’essenza del partito che ebbe una svolta senza ritorno in Roberto Maroni, quando da segretario Federale della Lega Nord sostituì al concetto identitario etnico-territoriale di Padania, quello di un punto cardinale, con lo slogan “prima il Nord” buono per la vendita di prodotti da supermercato.
Vero è che la crisi della Lega Nord viene da più lontano, dagli innumerevoli fallimenti negli obiettivi prefissati, il primo nel lontano 1996 quando si prefisse la secessione dall’Italia da completare entro l’anno successivo (1997)…ma nulla accadde. Successe invece che nel 2001 ci fu l’alleanza con il nemico giurato di qualche anno prima, Silvio Berlusconi e la sua Forza Italia, con la prospettiva di giungere alla Devolution, una devoluzione di poteri dal centro alla periferia, sullo stampo di quanto si stava facendo in Scozia. Solo che lì l’hanno raggiunta in meno di una legislatura e nel corso degli anni a seguire hanno ottenuto ulteriori traguardi sino a giocarsi una consultazione per l’indipendenza della propria nazione dalla Gran Bretagna lo scorso anno; mentre qui nulla accadde, anzi il centralismo ne è uscito rafforzato anche per le inchieste giudiziarie che negli ultimi anni hanno terremotato la quasi totalità dei consigli regionali a causa della loro propensione allo sperpero di denaro pubblico per uso prettamente privatistico.
Alla luce di quanto detto, si può ben concordare nel vedere e definire Matteo Salvini non già “il capitano”, bensì “il liquidatore”, per giunta fallimentare, di un partito che da giuste rivendicazioni e oneste documentazioni in merito alla spoliazione del Nord operata dai partiti politici della Prima Repubblica, è giunto a negare sé stesso per trasformarsi in un partito di estrema destra, nazionalista, disprezzando e annichilendo le identità territoriali nel nome di un’unica identità nazionale, quella italiana. Dalla valorizzazione degli scritti e della storia di Carlo Cattaneo e di Gianfranco Miglio, si è approdati alla fascinazione per la figura del Duce!
Urge fermare l’agonia di questo partito che, al di là di voti e consensi a oggi virtuali perché presenti solo nei sondaggi, ha smarrito irrimediabilmente la sua essenza territoriale e culturale, è un prodotto che il televenditore Salvini sa piazzare bene nelle case degli italiani, ma che, una volta aperto, è pieno solo delle sue vuote chiacchiere, senz’anima e senza una visione della società.
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