Il dilemma di Raffaele Fitto, esponente di Forza Italia e sfidante di Silvio Berlusconi, è un paradosso. Gli converrebbe giocare di sponda, cioè allearsi con la Lega nord di Matteo Salvini e i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ma è culturalmente più vicino al sindaco di Verona, Flavio Tosi, e al leader di Italia Unica, Corrado Passera, e al Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. 



Tra il centrodestra nazional-populista (e anti euro) e quello neomoderato, il cuore di Fitto dovrebbe battere per questa seconda anima, mentre il puro calcolo farebbe preferire il primo fronte. A Fitto converrebbe allearsi con Salvini e Meloni perché potrebbe rappresentare il polo sud dello schieramento più nazional-populista dell’offensiva a Renzi. Del resto Fitto può essere considerato una sorta di leader di una specie di Lega sud interna a Forza Italia (al nord fatica, vedi il centinaio di persone o poco più alla recente convention in Piemonte). Al Nord pensa Salvini, al centro anche Meloni e i cascami della destra che fu, al Sud penserebbe Fitto. Affare fatto, rendite di posizione garantite? 



Fitto inoltre si trova, nel contingente, più vicino a chi si è sempre opposto al leader del governo e del Pd, come Lega e Fratelli d’Italia (e a differenza del nazareno Berlusconi), ma poi, superata la fase dell’opposizione dura e pura a Renzi, dovrebbe fare i conti con la sua “base” più moderata. L’ex ministro e governatore della Puglia è giovane ma esperto, DC di formazione ma movimentista di (attuale) vocazione, coraggioso nella battaglia verbale ma non così temerario da rompere con il partito – “uscire sarebbe un suicidio”, dice – e abile nel raccogliere voti ma meno determinato nella scelta del forno dove farli lievitare. E se Berlusconi, che fa?, lo caccia? Dilemma, paradosso. 



In politica non è tanto importante ricordare da dove si viene, ma è essenziale sapere dove si va. E’ fondamentale, per un leader, conoscere il luogo finale, l’obiettivo della traiettoria. Fitto dimostra di avere un’idea chiara: per lui la parabola di Berlusconi alla guida del centrodestra in generale e di Forza Italia in particolare è terminata. Il resto appare meno chiaro. Non è soltanto demerito dello stesso Fitto, che fatica a prospettare un punto di caduta concreto per la battaglia da “ricostruttore” del centrodestra. Non è soltanto demerito suo se non riesce a individuare compagni di strada, di lotta e magari di alternativa di governo: ci si mette pure la particolare condizione di spaccatura in due poli del centrodestra. La tatticamente giusta ambizione sarebbe quella di conquistare Forza Italia, magari anche con battaglie a colpi di carte bollate, per poi far giocare alla stessa Forza Italia il ruolo di partito aggregatore di tutti i rivoli dello schieramento a Renzi avverso. 

Allora per Fitto non c’è alternativa al regicidio politico, all’affondo finale al Cav. liberatosi dei servizi sociali e di gran parte del caso Ruby. Dove, come, quando l’affondo? Tocca essere temerari o coltivare dilemmi.