“Il 27 aprile dobbiamo essere in aula, come calendarizzato dalla capigruppo. E a maggio dobbiamo mettere la parola fine a questa discussione. Continuare a rimandare non serve a nessuno”. Lo ha detto Matteo Renzi durante la direzione Pd a Roma, parlando della riforma della legge elettorale. Il premier non accetterà ricatti: “Nel Pd c’è una parte, minoritaria, per il ricatto, che dice ‘o si fa così o c’è il voto segreto’. Lo dico a D’Attorre: questo ricatto non lo prendo neanche in considerazione perché in questo anno abbiamo fatto passi in avanti sull’Italicum e il Pd non è un partito in cui ci si dice ‘ti mando sotto con il voto segreto'”, ha precisato Renzi.
“Io oggi chiedo un voto su questa riforma come ratifica di quello che abbiamo fatto e come mandato per i prossimi mesi”. Lo ha detto oggi Matteo Renzi intervenendo alla direzione nazionale del Pd a Roma dove si è parlato di Italicum, la nuova legge elettorale che entro il 27 aprile dovrà essere in aula. “Spero sia l’ultima direzione in cui discutiamo di legge elettorale, poi è opportuno che il gruppo alla Camera abbia la possibilità di riunirsi e decidere in merito se lo riterrà opportuno, noi condivideremo con il gruppo la scelta”, ha spiegato il premier, sottolineando che “sulla legge elettorale ci giochiamo la fiducia. Ho letto qualcuno che ha detto che non si può mettere la fiducia sulla legge elettorale. Ne parleremo tra di noi. Permettetemi ora di mettere la fiducia al nostro interno. Considero un clamoroso errore riaprire la discussione al Senato, è un azzardo che ci espone a molti problemi”. Renzi ha quindi parlato dei dettagli della legge: con l’Italicum “almeno il 50% dei parlamentari sarà eletto con le preferenze. In un sistema bipolare secco che non esiste, dei 290 deputati eletti dalle minoranze, in linea teorica 100 saranno eletti con i collegi e 190 con preferenze. Ovviamente non è così, perché la frammentazione è più forte”. Infine qualche frecciata è stata rivolta a Beppe Grillo (“ora non è più uno spauracchio, ma uno sciacallo”), ma anche a Matteo Salvini e Maurizio Landini: “Smettetela di lamentarvi di Salvini in tv: più va in tv e più gli italiani lo conoscono”, ha detto Renzi che ha parlato di “personaggi che sono soprammobili da talk televisivo. Quando vedo Landini in una trasmissione televisiva mostrare di non conoscere, da sindacalista, la legge di Stabilità, mi rendo conto che la politica diventa una rappresentazione mediatica che non ha alcun rapporto con la realtà”.
Si preannuncia infuocata la direzione nazionale del Partito Democratico convocata alle 16 di oggi per discutere della riforma elettorale che approderà alla Camera il prossimo 27 aprile. Matteo Renzi dovrà fare i conti con la minoranza Pd che chiede modifiche al testo, una su tutte la diminuzione dei “capolista bloccati” e un maggior numero di eletti con le preferenze. Pur non avendo i numeri a Montecitorio per mettere in crisi la maggioranza, il nuovo scontro rischia di logorare ulteriormente i già fragili rapporti interni, mentre la coalizione sociale di Landini già sembra attirare buona parte della minoranza dem. Nella direzione di oggi “faremo le nostre proposte ma sarà l’ennesima esibizione muscolare perché i numeri sono schiaccianti – ha detto Stefano Fassina a La Repubblica – Dispiace che non si potrà discutere perchè non è un problema della minoranza. Legge elettorale e riforme portano l’italia a un presidenzialismo di fatto. Tutti dovrebbero preoccuparsi dell’arretramento della democrazia italiana. Non è un problema della minoranza del Pd”. In un post pubblicato stamattina sul suo blog, Pippo Civati ha invece avanzato “due proposte alle altre minoranze del Pd”: “Non partecipiamo al voto di oggi in direzione. La trasformazione della direzione in un plebiscito e aut aut non aiuta affatto e di per sé costituisce una risposta definitiva alle richieste di confronto venute da più parti. E facciamo le proposte in aula, in coerenza con quanto accaduto in Senato: riproponiamo la questione complessiva delle riforme, come peraltro avevo chiesto si facesse anche per il voto finale in aula sulla riforma costituzionale”. Nella seconda proposta, Civati chiede di fare “un unico intervento che ci rappresenti (e lascio volentieri la parola): definiamo una volta per tutte il campo di chi è in minoranza, perché le ambiguità di questi mesi non hanno fatto altro che creare confusione. Una minoranza che non si preoccupi delle sigle e dei posizionamenti, ma dei contenuti e della qualità della nostra democrazia. Non interessata ai posti, ma al pluralismo e alle garanzie”.