L’8 marzo di Silvio Berlusconi è l’ultimo giorno di restrizione della libertà personale. Da lunedì sarà di nuovo libero di muoversi, anche se l’impossibilità di candidarsi permarrà sino al 2019. Ma il quadro che gli si presenta davanti è sconfortante.
Berlusconi è a uno snodo decisivo della sua vita, non solo politica. Deve decidere se rigettarsi a capofitto nell’impegno pubblico oppure fare un passo indietro. I conti con la giustizia non sono chiusi, il mulinare delle intercettazioni si è fatto più minaccioso all’avvicinarsi della scadenza dell’affidamento ai servizi sociali, e ci sono le spade di Damocle dei processi intorno al caso Ruby, quello di Bari e quello di Napoli.
Sul versante politico, se non è all’anno zero poco ci manca. Renzi lo ha tradito, sacrificando sull’altare del Quirinale e delle ragioni di partito il patto del Nazareno. La tentazione aventiniana è stata rapidamente archiviata, ma ora bisogna decidere quale opposizione essere.
La sua creatura, Forza Italia, è ai minimi storici nei sondaggi e si presenta come una babele di tribù l’un contro l’altra armate. Brunetta contro Romani, Verdini contro il cerchio magico e tentato di offrire una spalla a Renzi con una pattuglia di parlamentari fedelissimi. C’è poi Fitto contro tutti, che non ha alcuna intenzione di andarsene, anzi rilancia la sua battaglia che si presenta come una sorta di tentativo di scalata dall’interno. E non possono certo lasciare tranquillo l’ex Cavaliere le ultime indiscrezioni, secondo cui l’europarlamentare pugliese sarebbe pronto a scatenare una battaglia giudiziaria intorno all’uso del simbolo di Forza Italia alle prossime elezioni, sventolando vere o presunte violazioni dello statuto del partito.
Dal Veneto arrivano a Berlusconi notizie inquietanti: secondo alcuni sondaggi il partito varrebbe appena il 7% dei consensi, laddove il Pdl cinque anni fa toccava il 25%. Guidare la risalita sembra una missione disperata, che potrebbe riuscire solo al miglior Berlusconi, che non è certo quello di oggi (a settembre compirà 79 anni).
La strategia per la riscossa è tutta da scrivere. Preme su Berlusconi la crescita impetuosa della Lega salviniana, a sua volta percorsa dalla probabile scissione guidata dal sindaco di Verona Tosi. Sin qui il leader di Forza Italia è sembrato non avere dubbi, e preferire rimanere collegato a Salvini, considerato il vincente nello scontro interno al Carroccio, comunque vadano a finire le cose.
In Veneto la ricandidatura di Zaia non è mai stata realmente in discussione, e l’accordo per confermare l’alleanza sembra a un passo. Problemi assai maggiori si presentano in Liguria e in Toscana, due realtà dove la Lega ha già lanciato in pompa magna due propri candidati, il vicesegretario Edoardo Rixi e la mente economica del partito Claudio Borghi. “Salvini ha fatto troppo il gradasso”, avrebbe confidato ai suoi. E cedere tutte le candidature all’alleato è un boccone difficile da digerire: Berlusconi però vi potrebbe essere costretto dai sondaggi impietosi che — uno dopo l’altro — confermano il sorpasso del Carroccio sugli azzurri di tre o quattro punti percentuali.
Nella partita delle alleanze di un centrodestra a brandelli e tutto da ricostruire pesa il veto di Salvini su Alfano e i suoi. In gioco c’è l’ultima regione con un governatore azzurro, la Campania, dove le chanches di vittoria di Stefano Caldoro sono concrete, ma legate anche allo schieramento che lo sosterrà. Senza Ncd e Udc una battaglia difficile diventerebbe impossibile da vincere.
Berlusconi vorrebbe riunire il vecchio schieramento: Salvini e Meloni, ma anche Alfano e Casini. Vorrebbe evitare la scelta, ma non sarà facile. Forse potrà avvenire per le politiche, adesso è troppo presto. La sua necessità di riscossa è però immediata, se vuole tornare ad avere un ruolo politico. Per questa ragione osserva con preoccupazione la faida dei giovani leoni leghisti. Salvini gli appare rozzo nei modi e nei linguaggi, ma vincente. Inadatto forse per Palazzo Chigi, ma di sicuro più forte di Tosi. Il sindaco di Verona ha un’idea di centrodestra ampio di sicuro più vicina alle convinzioni di Berlusconi, ma oggi rappresenta un ostacolo, soprattutto nella battaglia per conservare il Veneto.
Berlusconi non ha dubbi: fra Salvini e Tosi sta con il primo, anche se non è disponibile ad accettare diktat, né a rinunciare al ruolo guida dell’area moderata. Intende smentire chi lo vede irrimediabilmente avviato sul viale del tramonto, non ha voglia di gettare la spugna, anche se la tentazione, dicono i suoi fedelissimi, è affiorata più volte.
Già la prima settimana del ritorno alla piena attività gli riserverà due scadenze cruciali, emblematicamente su entrambi i fronti caldi: sul versante giudiziario c’è la pronuncia della Corte di Cassazione sul caso Ruby, che lo ha visto assolto in appello; sul versante politico nel voto finale sulle riforme costituzionali alla Camera deve assolutamente evitare che Forza Italia vada in ordine sparso. Un doppio successo sarebbe una buona premessa per il rilancio.