“L’Italicum è tutto tranne che la migliore legge elettorale possibile, ma in questo momento è l’unica alternativa al proporzionale che esce dalla sentenza della Consulta che rappresenterebbe un disastro per il Paese”. Lo afferma Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera, secondo cui “l’ideale sarebbe stato l’uninominale, ma i leader dei partiti non l’hanno voluto perché consente una sfida vera tra candidati che ci mettono la faccia anziché una gara tra nominati dove tutto è già deciso a tavolino”.
Lei ha scritto sul Corriere che un governo forte non è per questo un governo autoritario. Come valuta le accuse di autoritarismo mosse a due riforme importanti come quelle su Rai e legge elettorale?
Queste riforme sono il segno di un deciso rafforzamento del governo. In altre epoche si sarebbe parlato di autoritarismo, mentre adesso lo fanno solo delle minoranze o dei gruppi molto ristretti. Non mi pare che ci sia nulla d’altro se non un rafforzamento dell’esecutivo, di cui sono esempi sia la riforma Rai sia la legge elettorale sia la riforma del Senato. Sono tutti tasselli di un progetto di cambiamento della forma di governo che va nel senso di un rafforzamento del governo stesso.
L’Italicum è una legge fatta su misura di Renzi?
Tutte le leggi elettorali sono fatte così. Se dall’altra parte ci fosse stata una contrattazione forte ne sarebbe emerso un compromesso, ma siccome la forza principale è quella di Renzi, non è stato così. Fondamentalmente le leggi rispecchiano gli interessi presunti di chi le fa. Se maggioranza e opposizione sono entrambe forti, arrivano a un punto di mediazione e di compromesso. In questo caso Renzi è stato abbastanza forte per imporre il suo punto di vista.
Secondo lei alla fine la spunterà in aula?
Questo lo sa soltanto chi ha il pallottoliere e guarda a come si muovono i numeri in Parlamento. Ma temo che in questo momento una risposta non ce l’abbia nessuno.
Perché Berlusconi ha regalato a Renzi una legge elettorale che mette Forza Italia in difficoltà?
Era parte di un accordo più generale. Berlusconi aveva solo il problema di non essere emarginato dai giochi politici, e ha accettato qualunque cosa gli servisse a questo scopo. In questo modo pur essendo stato condannato è rimasto in campo, almeno fin quando è durato il patto.
Per Pippo Civati, “i collegi non sono collegi uninominali. Il doppio turno è nazionale e non di collegio. Il maggioritario non è un maggioritario ma un premio di maggioranza tipo Porcellum, assegnato a chi supera il 40% fin dal primo turno”. Che cosa ne pensa delle sue critiche?
Civati fotografa la realtà ma la legge stabilizza la politica italiana. Personalmente sono convinto che il doppio turno alla francese sia migliore di questo sistema, e che fornisca delle garanzie di durata e tenuta maggiori. Questa però è soltanto accademia, perché di fatto l’unica vera alternativa è tra l’Italicum e il proporzionale che esce dalla sentenza della Corte costituzionale.
Ma non è in corso un dibattito?
No, ormai non c’è più nessun dibattito. I collegi uninominali non sono neanche stati presi in considerazione e i giochi ormai sono fatti. Siccome in molti pensano che sarebbe devastante andare a votare con il sistema proporzionale uscito dalla sentenza della Corte, meglio l’Italicum benché ben pochi ne siano entusiasti.
I capilista bloccati sono così diversi dai collegi uninominali?
Sì. La differenza è nel fatto che con i collegi uninominali vince un solo candidato e questo personalizza notevolmente il voto. Questa è anche la ragione per cui nessuno li vuole, perché chi vince in un collegio uninominale ha una forza contrattuale nei confronti dei leader del partito superiore rispetto a chi esce da una lista bloccata. In quest’ultimo caso un candidato è messo lì dai suoi capi e se vince non è certo per merito suo. In un collegio uninominale al contrario il candidato ci mette la sua faccia, e chi vince acquista una posizione di forza perché è lui ad avere ottenuto i voti degli elettori. Ciò è normalmente insopportabile per i leader dei partiti e proprio per questo non vogliono i collegi uninominali.
Sempre nel suo ultimo editoriale lei nota la grande diversità di consenso in cui si sono trovati i governi Berlusconi e Renzi. Da che cosa dipende questa differenza?
Il governo Berlusconi si trovò a fronteggiare l’opposizione di molti gruppi che ritenevano di essere penalizzati dalla sua presenza. C’era quindi una grandissima coalizione contraria a lui, un insieme di forze molto variegate che temevano un consolidamento della sua posizione. Renzi invece ha il vantaggio di avere avversari deboli, e anche quelli cui piace poco non vedono alternative. Molti di quelli che lo appoggiano non sono affatto entusiasti di lui, ma lo percepiscono come il male minore rispetto a un Berlusconi in calo, per non parlare di Grillo e Salvini.
(Pietro Vernizzi)