Lo stato comatoso di Forza Italia è perfettamente rappresentato dal caos in cui è precipitato in Puglia il partito di Berlusconi. La scissione di Raffaele Fitto è praticamente cosa fatta, e ha eroso dall’interno il cuore di quella che una volta era la balena azzurra.
L’ex governatore, oggi europarlamentare, si è seduto al banchetto per dividersi le spoglie di una formazione politica ormai in avanzato stato di decomposizione con una logica del tutto differente da chi ha scelto di andarsene, come Alfano e il resto di Nuovo Centrodestra. Ha messo in pratica una politica del carciofo che in comune con l’approccio sabaudo alla conquista dell’Italia ha solo la gradualità. Qui c’è soprattutto il calcolo di cercare di guadagnare quanto più spazio politico possibile rimanendo pervicacemente all’interno di quello stesso organismo che si cerca di spolpare.
Fitto ha alzato quasi quotidianamente il livello dello scontro, ha contestato il commissario di Berlusconi, il candidato di Berlusconi (facendolo proprio), ha organizzato congressi autoconvocati, chiedendo sempre più spazio, sempre più mano libera sulle sorti della sua roccaforte pugliese. Non poteva immaginare che tutte le sue richieste venissero accolte, non poteva non aver messo nel conto una rottura clamorosa e polemica come quella che si sta verificando in un crescendo grottesco di offerte e contro offerte degne del più scalcinato suk arabo.
Alla mossa del commissario berlusconiano Vitali di candidare Adriana Poli Bortone al posto e contro Francesco Schittulli, reo di avere scelto Fitto e non la fedeltà a Berlusconi, la risposta è stata quella di proporre un ticket fra i due. E la risposta di Vitali quella di invertire l’ordine del ticket, prima la Poli Bortone, poi Schittulli.
Tecnicismi e tatticismi che lasciano il tempo che trovano e fotografano perfettamente una situazione che è la stessa in tutta Italia: un partito che non c’è più, che fatica a scegliere candidati credibili e che non riesce ad esercitare più alcun potere aggregante nei confronti dell’area di centrodestra.
Stormi di avvoltoi si aggirano intorno al corpo agonizzate di Forza Italia. Non c’è solo Fitto, infatti. Dentro il partito è ormai guerra di tutti contro tutti: Romani contro il cerchio magico delle Rossi, delle Pascale e dei Toti, Brunetta fuori controllo, Verdini che guarda a Renzi senza nemmeno cercare di nasconderlo. E con lui Bondi e la Repetti che se ne sono appena andati. All’esterno poi è in pieno svolgimento una guerra per la leadership dei moderati cui prendono parte Salvini, Alfano, Tosi, la Meloni.
In politica i vuoti non esistono. Quando si creano, vengono immediatamente colmati. Fu proprio Berlusconi a riempire lo spazio lasciato sguarnito dal crollo del pentapartito sotto i colpi di Tangentopoli nel 1993-94. Adesso la storia si ritorce contro l’ex Cavaliere, ed è il suo partito morente a diventare preda degli appetiti più disparati.
Emblematico è il modo di muoversi di Salvini, che si è avventato proprio sul caos pugliese offrendo alla Poli Bortone l’alleanza della lista sudista che si rifà al suo nome. Un chiaro indizio dell’Opa (ostile) che la Lega sta mettendo in pratica non più solo nelle regioni settentrionali. E anche il passo indietro imposto al candidato del Carroccio in Liguria, Rixi, a favore di Toti non è casuale, ma indica la volontà di rimanere collegato con Forza Italia a costo di fare qualche concessione proprio per assorbirla.
Ovviamente Berlusconi non ha nessuna intenzione di consegnarsi in catene al giovane leader del Carroccio. Ha avviato attraverso i propri proconsoli un profondo rinnovamento generazionale del suo partito che verrà portato ancora più avanti dopo le regionali. Voci di corridoio riferiscono di una grande sorpresa che sarebbe in preparazione per giugno, subito dopo le elezioni regionali. I contorni sono ancora indefiniti, ma potrebbe trattarsi di una sorta di rifondazione del partito praticamente da zero.
Difficile dire oggi se questa mossa abbia delle chanches di riuscita. Molto dipenderà dall’esito del voto: se sarà una débâcle, come molti temono, sarà tutto più difficile. Il 78enne leader azzurro appare alla maggior parte degli osservatori appannato e distante, chiuso in una sorta di bunker.
Questa indecisione di Berlusconi, che il centrodestra italiano lo ha inventato dal nulla, sta condizionando tutta quell’area politica. Sinché il vecchio leader, quattro volte presidente del Consiglio, resterà in campo la ricomposizione diventerà più difficile, perché la sua capacità di aggregare sembra svanita. Per sempre, probabilmente.
Ma coloro che si contendono le sue spoglie non sembrano in grado di riorganizzare un fronte comune. E proprio nella parte del padre nobile forse Berlusconi potrebbe dare un ultimo contributo al campo dei moderati italiani. Lui, però, sul viale del tramonto non ci si vede affatto.