Uno dei punti più interessanti affrontati dal Rapporto di ricerca Sussidiarietà e… spesa pubblica è quello relativo alla sussidiarietà verticale, perché affronta la tematica cruciale del rapporto tra i livelli decisionali centrali e quelli locali, vale a dire il processo di decentramento. La riflessione è importante perché, in primo luogo, è evidente che è necessario accompagnare il decentramento della spesa con il decentramento delle responsabilità relativamente alle entrate. In altri termini, decentrare la spesa verso la periferia, ma anche delegare agli enti locali la responsabilità di raccolta delle risorse necessarie. Diversamente possono emergere fenomeni di free riding da parte degli amministratori locali, in cui essi confidano nella copertura di eventuali perdite di bilancio da parte dell’amministrazione centrale.
Inoltre, poiché la differenza nella distribuzione delle risorse sul territorio è un dato di fatto, bisogna prenderne atto, e immaginare anche forme di decentramento differenziato, dove i territori che hanno dimostrato maggior capacità amministrativa e che possono contare su risorse maggiori provenienti dai propri territori, ricevono maggior autonomia e sono sottoposti a minori controlli, anche con forme sperimentali e reversibili.
A supporto di una ripresa del processo di decentramento, il Rapporto presenta un risultato interessante. In un esercizio econometrico che tiene conto delle dinamiche di 30 Paesi europei nel periodo 1995-2013, si evidenzia che un aumento di 10 punti percentuali nel grado di sussidiarietà verticale – quindi aumentando del 10% la spesa pubblica degli enti locali e diminuendo della stessa proporzione quella del governo centrale – porterebbe a un aumento del reddito reale annuale pro-capite dello 0,6%.
Va detto che la misura di sussidiarietà verticale adottata è data dal rapporto tra spesa pubblica locale e spesa pubblica complessiva. È certamente una misura ampiamente utilizzata in letteratura, ma occorre tenere anche presente che potrebbe non rappresentare in modo adeguato il livello di sussidiarietà verticale effettivo. Spesso i governi centrali trasferiscono risorse e competenze di spesa ai governi locali, ma poi, soprattutto in quei servizi che vengono percepiti come essenziali per l’identità nazionale, come la scuola o la sanità, imbrigliano i comportamenti degli enti locali con regole e norme complesse, nonché con forme di finanziamento vincolato, cosicché il fatto che la spesa sia contabilizzata nel bilancio di una Regione o di un ente locale non significa che sia effettivamente decisa a livello regionale o locale. Questo suggerisce che potrebbe essere utile ripetere lo stesso esercizio utilizzando altri due indicatori per misurare il grado di decentramento: a) il rapporto tra entrate locali ed entrate totali; b) il rapporto tra addetti negli enti locali e totale degli addetti nella Pubblica amministrazione.
Questa considerazione critica non intende sminuire l’importanza del Rapporto. Al contrario, esso è importante perché pone nuovamente all’attenzione dell’opinione pubblica il tema del decentramento in un momento in cui le tendenze vanno in direzione opposta e, spesso, in modo acritico e non ragionato. Un modello organico di decentramento e di federalismo fiscale, che tenga conto anche dell’esperienza del passato, è, viceversa, essenziale per contribuire alla crescita economica del Paese e al benessere della popolazione.