“La legge elettorale non può essere ridotta a una questione interna al Pd, perché riguarda milioni di italiani e noi siamo pronti a iniziative forti per fermare l’Italicum”. Lo afferma Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera dei deputati. Ieri l’assemblea del gruppo parlamentare del Pd a Montecitorio ha segnato una profonda spaccatura, con Renzi che ha ribadito: “Questo governo è legato a questa legge elettorale nel bene e nel male”. Mentre la componente di Area Riformista ieri si è riunita prima dell’assemblea per confermare che in aula voterà no.



Che cosa ne pensa del dibattito di queste ore sull’Italicum?

Ieri abbiamo scritto al presidente Sergio Mattarella perché pensiamo che la minaccia ripetuta da parte di autorevoli esponenti del Pd e del governo di un possibile ricorso alla fiducia sarebbe un fatto molto grave e una lesione senza precedenti della democrazia.



E’ una questione di forma o di sostanza?

E’ una questione di sostanza. Quella elettorale è una legge di rilevanza costituzionale e non può essere sottoposta al vincolo della fiducia. Non è mai accaduto tranne nel 1953 con la “legge truffa”.

Ma sulla legge elettorale non si può chiedere il voto segreto?

Questo è sempre possibile, ma noi facciamo una battaglia alla luce del sole in quanto riteniamo che l’Italicum vada modificato in larghe parti. Innanzitutto perché l’effetto congiunto di legge elettorale e riforma costituzionale introduce nei fatti un parlamento prevalentemente di nominati e nello stesso tempo rischia di affidare a un solo partito il dominio di tutto, dalla Corte costituzionale alla Presidenza della Repubblica.



In concreto come modificherebbe l’Italicum?

Abbiamo depositato alla Camera una proposta di legge per ripristinare il Mattarellum, che è sempre stato sostenuto nel corso degli ultimi anni dalle forze democratiche. Pensiamo nello stesso tempo che qualora questa proposta di legge non fosse discussa come noi riteniamo necessario, quantomeno andrebbe modificata per quanto riguarda la quota dei capilista e il ballottaggio, che dà a un partito solo il 55% anche se quest’ultimo è fortemente minoritario.

Come vede lo scontro nel Pd?

Mi auguro che la legge elettorale non rimanga esclusivamente dentro la discussione del Pd. Sembra quasi una questione interna al partito, mentre l’Italicum riguarda tutti i cittadini italiani. Ciò che è necessario in questo momento è il fatto di affrontare con forza le modifiche. Proprio per questo l’assemblea dei parlamentari di Sel formulerà delle proposte molto forti su questo punto.

Quale linea si affermerà?

Renzi forzerà, anche se ci sarà un’area molto vasta di deputati che diranno di no.

 

La minoranza Pd andrà verso la scissione?

Si tratta di un tema che oggi non è all’ordine del giorno, e che riguarda comunque le scelte individuali e collettive di tutti coloro che in questi anni hanno manifestato un dissenso nei confronti di Renzi.

 

L’Italicum è la pietra tombale sul centrosinistra?

Il centrosinistra non esiste più da tempo. Ciò per ragioni politiche, in quanto noi siamo all’opposizione di Renzi su tutte le questioni fondamentali, a partire dal lavoro e dall’economia. Nello stesso tempo il meccanismo dell’Italicum chiude definitivamente l’epoca delle coalizioni.

 

Quali spazi apre a sinistra questo processo?

Non è una questione di spazi ma di linea politica. Dobbiamo avere la forza di costruire una sinistra che si presenti con un assetto di governo in grado di raccogliere quei tanti cittadini che vedono una crisi sempre più drammatica, e che ritengono che le ricette del Pd non consentano nessuna via d’uscita.

 

Che cosa si aspetta dalle elezioni in Liguria e in Campania?

Li ritengo due casi emblematici. Sia in Campania sia in Liguria il centrodestra influenza e talvolta sceglie il candidato del centrosinistra.

 

In che senso?

Alle Primarie in Liguria, Ncd e pezzi di Forza Italia hanno votato per Raffaella Paita producendo la deflagrazione del Pd e la candidatura di Luca Pastorino. In Campania Vincenzo De Luca recepisce ricette politiche del centrodestra e talvolta il suo stesso personale politico, presentandosi con una piattaforma che non ha nulla a che fare con il centrosinistra.

 

Che cosa ne pensa della scelta di Pisapia di non ricandidarsi a Milano?

E’ il simbolo di un rinnovamento che viene promosso dallo stesso Pisapia, che con grande generosità ha guidato il Comune di Milano e che oggi ribadisce di essere impegnato nella costruzione della vittoria del centrosinistra nel capoluogo lombardo. Nello stesso tempo Pisapia è una figura che al termine del suo mandato come sindaco dovrà avere un grande ruolo sul piano nazionale.

 

(Pietro Vernizzi)

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