Non c’è nessuna differenza fra il Porcellum e l’Italicum, se non quella che proviene da un intervento legislativo sempre più spregiudicato e mirato a rafforzare i poteri della minoranza vincitrice delle elezioni, sì da liberare la stessa dai controlli politici e parlamentari del sistema democratico. La differenza fra i due modelli è tutta qui: in una “evoluzione della specie” capace di riciclare i meccanismi elettorali del Porcellum, aggirando i divieti sanciti al riguardo dalla Consulta.
Astrattamente la legge prevede un doppio turno elettorale, limitato alla competizione fra liste di partito e non già di coalizione. Il primo turno è esteso a tutte le formazioni politiche ed è finalizzato ad assegnare alla lista con almeno il 40% dei voti validi un premio del 15% dei seggi, tale da beneficiare del 55% dei seggi della Camera dei Deputati (ossia 340 su 630). Il secondo turno, invece, è subordinato al mancato raggiungimento di tale soglia premiale ed è limitato al ballottaggio fra le due liste più votate, al fine di assicurare a quella vincitrice il medesimo premio di 340 seggi; ciò tuttavia — ed è questo il problema — indipendentemente dalla percentuale di voti ricevuti e dal quorum di partecipazione registrato.
Con la conseguenza che, come nel caso del Porcellum, il premio di maggioranza diviene potenzialmente illimitato, essendo suscettibile di lievitare dal 15% del primo turno a percentuali che, stando ai risultati delle elezioni politiche del 2013, potrebbero arrivare persino al 25-30%.
Eppure una tale eventualità era stata negata dalla Consulta proprio in occasione del giudizio sul Porcellum. La Corte aveva sottolineato la necessità “di una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio“, in modo da scongiurare un’alterazione del circuito democratico e la violazione del principio di eguaglianza di voto fra gli elettori. Le esigenze di governabilità e di stabilità dell’esecutivo, infatti, non possono essere tali da prevalere sugli altri interessi costituzionali, sino a provocare un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica.
Per contro, le modifiche introdotte dall’Italicum sui meccanismi elettorali del Porcellum sono state gattopardesche. Esse hanno consentito di cambiare tutto per lasciare tutto com’è; anzi, per introdurre ulteriori peggioramenti.
Nel nuovo modello il primo turno elettorale non è risolutivo, costituendo piuttosto un’espediente di meccanica elettorale finalizzato a giustificare l’aggiramento delle previsioni della Consulta. La soglia minima del 40%, infatti, è difficilmente raggiungibile nell’attuale sistema politico, evoluto in senso quantomeno tripolare. Di conseguenza, il relativo mancato raggiungimento viene a rappresentare l’espediente per legittimare il successivo turno di ballottaggio senza soglia minima premiale. Tale espediente consente così, al pari di quanto previsto dal Porcellum, di ripristinare il precedente assetto bipolare e di trasformare la minoranza politica più votata nella forza parlamentare di maggioranza assoluta.
Il quadro elettorale peggiora ulteriormente con riguardo alla rappresentanza delle minoranze. La nuova versione dell’Italicum, infatti, prevede una soglia di sbarramento unica e non più variegata, pari ad appena il 3% dei consensi. L’esiguità dello sbarramento, pertanto, è tale da innescare fra le minoranze più rappresentative e quelle più ridotte una competizione suicida, finalizzata alla ripartizione del restante 45% dei seggi della Camera. Una volta frantumata l’opposizione in tanti rivoli, tuttavia, alla stessa non resterà che un mero diritto di tribuna, incapace di un’incidenza parlamentare efficace; e ciò — ancora una volta — a beneficio dell’indirizzo governativo della minoranza vincitrice delle elezioni.
Venendo poi alla spinosa questione della scelta dei rappresentanti, a conti fatti la soluzione dell’Italicum non è dissimile da quella del Porcellum. La sostituzione del meccanismo delle “liste bloccate” con quello di cento “capilista bloccati” non cambia la sostanza delle cose, nel senso che anche il secondo meccanismo altera il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti e lede la libertà di scelta dei primi. Come hanno evidenziato gli studi applicativi sul tema, essa è suscettibile d’immettere col voto bloccato sino al 60% di deputati nominati, limitando al 40% la quota dei deputati eletti.
Quale sia il destino del dissenso all’interno dei partiti e della medesima Camera è facile immaginare. Se la nomina del parlamentare è in gran parte rimessa al leader di riferimento e non già al corpo elettorale, per quale motivo occorrerebbe inimicarsi costui? Se il sistema elettorale premia con il voto bloccato le personalità cooptate dal vertice delle segreterie, per quale interesse varrebbe la pena anteporre la critica costruttiva alla cieca obbedienza?
Per non dire che la riproposizione del sistema delle candidature multiple, sia pure con il limite dei dieci collegi per i soli capilista, ripropone le ragioni d’illegittimità già mosse dalla Consulta verso l’analogo sistema previsto senza limiti dal Porcellum. Un tale meccanismo, infatti, viola l’aspettativa dell’elettore in riferimento all’ordine dell’elezione dei candidati, “tenuto conto della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni di partito” (sentenza n. 1/2014, § n. 5.1.).
Per non dire che la riproposizione del sistema delle “candidature multiple”, sia pure ridotto a non più di dieci collegi, rimette ancora una volta alle decisioni di partito la concreta definizione dell’ordine dei candidati eletti.
In definitiva, restano confermati in modo più mirato ed efficace gli obiettivi del precedente modello elettorale. Il premio di maggioranza rimane illimitato, in quanto sprovvisto della previsione di una soglia minima premiale, come pure resta illimitato il potere delle segreterie politiche sui singoli candidati ed eletti. Per contro, muta per via legislativa il quadro politico, che torna a essere bipolare a dispetto dell’evoluzione in senso quantomeno tripolare maturata nel frattempo; sicché, attesa la frantumazione delle opposizioni, risulta ulteriormente rafforza la leadership del “capo della forza politica” della più ampia minoranza. Il tutto a giustificazione del prevedibile ulteriore incremento del “partito degli astenuti”, il quale rappresenta oramai il maggior partito italiano, di gran lunga superiore agli altri.
Come volevasi dimostrare. Cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. Anzi, peggiora.