“Per mettere fine alla catastrofe umanitaria dei barconi che affondano occorre una prova di forza da parte di Europa e Stati Uniti. Senza un intervento militare di terra qualsiasi iniziativa sarà come mettere delle toppe a una diga che prima o poi crollerà, mentre la vera soluzione va cercata a monte”. Sono le parole di Gian Carlo Blangiardo, professore di Demografia nell’Università di Milano-Bicocca. Un punto di vista diverso da quello espresso dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, secondo cui al momento non esiste “nessuna ipotesi di un intervento militare in Libia”, mentre il vero obiettivo dell’Italia sono “interventi mirati per distruggere un racket criminale che è fuori dal controllo in questo momento”.



Di quanto sono aumentati e continueranno ad aumentare gli sbarchi?

I circa 30mila arrivi dei primi mesi del 2015 segnalano un aumento rispetto ai 22mila dei primi mesi del 2014. Difficile dire invece quanti siano pronti a partire nei prossimi mesi, anche se è ragionevole pensare che siano in tanti perché il potenziale è alto e c’è stata una forte accumulazione nel tempo di immigrati che ora si trovano sul territorio libico.



Come si spiega questo incremento?

Finché le popolazioni africane erano povere e non avevano ancora la consapevolezza o i mezzi per concepire un viaggio di questo tipo, non c’era neanche lo stimolo a partire. Paradossalmente il fatto che sia cresciuta almeno in parte la disponibilità di risorse da parte di queste popolazioni, ha fatto crescere il numero di persone che hanno deciso di emigrare. Oggi inoltre le informazioni sono molto più rapide di un tempo. Chi parte sa che esiste un altro mondo, qualche volta lo enfatizza e quindi accetta di attraversare prima il deserto e poi il Mediterraneo per arrivare in quello che ritiene essere un paradiso.



Che cosa ne pensa del modo in cui il governo Renzi sta rispondendo all’emergenza immigrazione?

Il governo si è trovato di fronte a una brutta gatta da pelare, e d’altra parte non può tirarsi indietro anche perché ne va del suo consenso. Gli sbarchi sono aumentati nel tempo, d’altra parte la mia impressione è che Renzi non sappia che pesci pigliare.

Che cosa bisognerebbe fare?

Sono personalmente convinto del fatto che bisognerebbe occupare con delle forze internazionali inattaccabili il territorio libico e vedere di mettervi ordine. Un’ipotesi di questo tipo non è però certo facile da realizzare. Il governo Renzi non è quindi nelle condizioni per intraprendere quanto pure auspicherebbe.

Renzi ha detto che l’intervento militare in Libia non è sul tappeto. Quindi lo ha escluso…

Lo ha escluso perché probabilmente ritiene che non sia fattibile a partire da un contesto di condivisione internazionale. Un’ipotesi di questo tipo sarebbe percorribile a condizione che l’Italia fosse affiancata da un certo numero di partner, a partire da Nazioni Unite e Ue. Bisogna prendere atto del fatto che il male minore è contravvenire alla sovranità nazionale della Libia e porre fine a una situazione ingestibile che sta portando alla morte di migliaia di migranti. Permettere che queste persone continuino a naufragare è una mancanza di umanità cui bisogna dire basta in ogni modo.

 

Tutti dicono che l’Europa dovrebbe fare di più. Ma che cosa andrebbe fatto nello specifico?

Con le tecnologie moderne e con un po’ più di impegno, l’Europa potrebbe disincentivare l’iniziativa dei mercanti di vite umane recuperando le imbarcazioni da loro utilizzate. In alternativa, Bruxelles potrebbe porsi come punto di riferimento per una coalizione planetaria in modo da cercare di affrontare insieme il problema anche a costo di utilizzare la forza. E’ necessario mettere ordine in una realtà che così com’è non può funzionare, in quanto il potenziale di immigrati presenti in Libia e pronti a imbarcarsi è enorme.

 

Con quali modalità potrebbe avvenire questo tipo di intervento?

E’ indispensabile il coinvolgimento di soggetti già presenti sul territorio e dello stesso mondo arabo. Europa e Stati Uniti ci possono mettere il supporto finanziario, ma anche una testimonianza di presenza. I problemi della Libia non possono essere risolti da Marocco o Egitto, a farsene carico deve essere la comunità mondiale.

 

Non sarebbe più semplice attuare un blocco navale come invocato da Salvini?

Quando parlo della necessità di una prova di forza, non intendo necessariamente che si debba andare a sparare. E’ però necessario mettere in atto una misura che funzioni. Il concetto del blocco navale ha il difetto di essere una sorta di diga, dietro la quale c’è un bacino che si accumula sempre di più, e il giorno in cui si toglie la diga ricomincia tutto da capo. Un presidio sulla terra è invece molto più stabile, perché può durare fino a quando la situazione si è risolta definitivamente.

 

(Pietro Vernizzi)