“Sostituire i deputati dissidenti in commissione è un modo per impedire di discutere le correzioni proposte dagli esperti durante le audizioni. Siccome nel merito queste correzioni sono fondate, l’indisponibilità di Renzi ad adottarle appare incomprensibile”. Lo afferma Andrea Giorgis, uno dei dieci deputati del Pd sostituiti in commissione Affari costituzionali in quanto considerati dissidenti. Insieme a lui ci sono Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini e Marco Meloni.



Che cosa ne pensa della scelta di sostituirla insieme ad altri nove dissidenti?

La decisione di sostituire dieci componenti della commissione Affari costituzionali è grave, ma non tanto in sé bensì per il presupposto da cui origina. Nasce cioè da una indisponibilità a consentire che la commissione approfondisse nel merito il testo di legge, e se poi avesse individuato dei profili di irragionevolezza o delle contraddizioni procedesse a correggerle. Anche in sede di audizione abbiamo ascoltato molti docenti che ci hanno suggerito di correggere alcune parti in modo da evitare che si ripetano gli stessi difetti della legge Calderoli. Siccome nel merito queste correzioni sono fondate, l’indisponibilità di Renzi ad adottarle appare incomprensibile. La direzione prima e il gruppo parlamentare poi hanno imposto di non procedere ad alcuna integrazione, e così facendo hanno mortificato il ruolo della commissione parlamentare.



La sostituzione dei dissidenti in commissione non faceva parte di un accordo già preso, il cosiddetto lodo Cuperlo?

In effetti la questione della sostituzione è stata eccessivamente enfatizzata. Il capogruppo vicario ha chiesto a ciascun componente della commissione se si sarebbe attenuto alle indicazioni e avrebbe quindi adottato i singoli articoli e poi il mandato al relatore. Chi ha detto che non era d’accordo è stato sostituito. E’ quindi una sostituzione per certi aspetti comprensibile.

Che cosa ne pensa dell’Italicum nel suo complesso?

Questa ipotesi di legge ha tre principali difetti. Il primo è quello di consentire attraverso il ballottaggio che un’esigua minoranza politica si trasformi in una consistente maggioranza parlamentare. Per risolvere questo problema sarebbe sufficiente prevedere un quorum di partecipazione al ballottaggio. Il secondo limite è quello di prevedere che il 60,1% dei deputati non sia scelto dai cittadini attraverso le preferenze, bensì con i capilista bloccati. Infine c’è la questione delle pluricandidature, in modo particolare come capilista bloccati. E’ un meccanismo che consente allo stesso candidato di presentarsi in dieci collegi e poi di scegliere liberamente in quale considerarsi eletto.



Lei è sempre stato contrario all’Italicum?

Sull’Italicum nella prima versione ero ancora più critico. Nel passaggio dalla Camera al Senato il testo di legge ha subito alcune modifiche e miglioramenti. Ad esempio si è rimossa la soglia di sbarramento dell’8% per le liste che non si coalizzavano, anche se con la nuova versione non è più possibile la coalizione. Si è abbassato il quorum per accedere alla conquista di un seggio, ma si è anche esclusa la possibilità di apparentamenti. Ciò non è detto che aumenti la stabilità del governo, perché è un’illusione immaginare che cambiando le regole si conformino i partiti e i corpi intermedi. Pur di conquistare il premio, in un’unica lista possono infatti confluire tante forze politiche.

 

Brunetta ha annunciato che abbandonerà la commissione. Ciò avrà conseguenze?

E’ un fatto serio che andrebbe valutato in modo adeguato. Le riforme costituzionali e della legge elettorale devono essere il frutto di un confronto e di un compromesso, e non un atto di forza della maggioranza di governo. Da questo punto di vista la riforma elettorale rischia di essere sostenuta da un solo partito, peraltro neanche da tutto.

 

Il governo porrà il voto di fiducia?

Non voglio neanche immaginare che sia posto il voto di fiducia. Sarebbe un fatto molto grave dal punto di vista politico e istituzionale, perché riforma costituzionale e legge elettorale sono materie che devono essere riservate al confronto parlamentare e non possono trasformarsi in atti del governo. Porre la fiducia sarebbe un bruttissimo atto.

 

(Pietro Vernizzi)

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