Sta commettendo un errore Matteo Renzi nel portare l’Italicum al voto in un clima incendiario che vede spaccato il suo stesso partito e il suo gruppo parlamentare? Siamo in campagna elettorale e la contrapposizione frontale in realtà offre al leader del Pd due elementi positivi. 

In primo luogo, in un diffuso clima di cosiddetta “antipolitica”, presentare il Pd come un gruppo di “giovani toscanacci” che vanno all’assalto del Potere, espugnano Palazzo Chigi, buttano all’aria la Costituzione ed entrano con il frustino in Parlamento è molto popolare e vincente. Vi è poi un secondo motivo più politico. Con un centro-destra che nelle regioni in bilico — Veneto, Campania e Puglia — è in piena guerra interna, il Pd di Renzi che “rottama” D’Alema e Bersani e tratta da “mocciosi” quanti si dicono eredi di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, si presenta come una forza non di sinistra tradizionale, ma decisionista e presidenzialista, con indubbie possibilità di attrarre una parte dell’elettorato moderato.



Inoltre l’ottimismo di Palazzo Chigi si basa su due riscontri. Primo: al Quirinale c’è Sergio Mattarella. Il fatto che il governo faccia approvare una legge elettorale a proprio vantaggio usando lo strumento della fiducia e avvalendosi di una risicata maggioranza raggiunta grazie a transfughi venuti da destra e da sinistra (a cominciare dal relatore) non suscita il minimo cenno di “moral suasion” da parte del Presidente della Repubblica a favore di un accordo più ampio sulla legge elettorale. A Sergio Mattarella — prima di votarlo — Renzi ha infatti mandato la Boschi per verificare che l’allora giudice costituzionale fosse pienamente d’accordo sul “piano organico” di riforme istituzionali del governo con particolare riferimento a come intendeva modificare la legge elettorale. La subalternità del Quirinale a Palazzo Chigi è tale in questa vicenda che il capo del Governo continua a minacciare le elezioni anticipate contro i parlamentari che si oppongono senza che il Capo dello Stato rivendichi (almeno con una nota) che la decisione spetta a lui (sentiti i presidenti delle Camere sull’inesistenza di una maggioranza parlamentare).  



In secondo luogo nell’opposizione interna al Pd, tra gli ex comunisti, sembra prevalere comunque il riflesso condizionato di non mettersi contro il partito. I più irriducibili usciranno dall’aula. Più battaglieri sono semmai gli ex democristiani che, con Romano Prodi sullo sfondo, da Enrico Letta a Rosy Bindi piuttosto che sopravvivere prendendo ordini da Renzi preferiscono abbandonare il Parlamento.

Tutto liscio? L’imprevisto è ora rappresentato dalla tragedia dell’immigrazione che coinvolge proprio le Regioni dove si vota, in quanto anche ad esse spetta la distribuzione dei rifugiati ed è questo il punto che ha visto l’Italia di Renzi (e Alfano) messa sul banco degli imputati al vertice dell’Unione Europea. 



Se sulla scena italiana Renzi domina, su quella internazionale il nostro premier non colleziona grandi successi. Già era andato a Washington proponendo il non-ritiro dall’Afghanistan in cambio dei droni in Libia ed è stato beffato da Obama che ha incassato il prolungamento della messa in pericolo dei nostri soldati sbattendo la porta in faccia all’uso dei droni. Probabilmente l’annuncio della morte di Lo Porto è stato ritardato perché avrebbe intralciato un atteggiamento così altezzoso verso il governo italiano. Ora a Bruxelles l’Italia si è trovata isolata (con a sostegno solo Malta e la Grecia di Tsipras). 

Per quanto riguarda i droni la conclusione dei 28 è stata infatti quella di mandare Federica Mogherini all’Onu con alle spalle un bonario “Buona fortuna”. Tutto dipenderà da come si comporteranno Francia, Gran Bretagna e Spagna nel Consiglio di sicurezza. Inoltre per il maggior impegno nel pattugliamento è stata chiesta però in cambio la violazione del diritto internazionale e cioè che anche i rifugiati imbarcati su navi di altra nazionalità dovranno comunque essere sbarcati in Italia. 

Come al solito Matteo Renzi ha ostentato vittoria: “Un grosso passo in avanti”. In realtà vi è stato un un grosso giro di vite nei confronti dell’Italia. Accusati a Bruxelles di troppo lassismo, siamo stati “commissariati”, nel senso che verranno “team” di esperti a sorvegliare e a garantire che vi saranno procedure rigorose per l’identificazione evitando lo svelto smistamento nel retroterra che ci è stato contestato. Una sorta di “troika” sul nostro ministero degli Interni.

Ma se questo imprevisto internazionale può turbare il voto di fine maggio, non mancano rimedi. In particolare un aiuto a favore del consenso elettorale può venire dal cosiddetto “tesoretto” di un miliardo e seicento milioni reperito abbassando la previsione del rapporto deficit-Pil dal 2,6 al 2,5 per cento. Dopo il parere negativo di Banca d’Italia potrebbe essere trovato in altro modo, consentendo a Palazzo Chigi un nuovo provvedimento “a pioggia” sul modello degli 80 euro che furono positivamente accolti alla vigilia delle Europee dell’anno scorso.